divagazioni di percorso
di un viaggio a Parigi
tra suggestioni e fantasmi
sulla scorta dei suoi artisti
e del suo invidiabile passato...
sotto il cielo grigio di Montparnasse
inseguendo le leggendarie tracce di Kiki,
di Hemingway e di Modigliani
all'ombra di caffè e atelier
e tra le tombe di uno dei
più celebri cimiteri d'Europa...
Approdare a Parigi sbucando da una delle tante fermate della metro è un'esperienza irripetibile. Un'uscita dalle acque buie dell'attesa, un germogliare nello splendore un pò grigio del mattino. E' così che con Alessio scegliamo di arrivarci, l'ultimo lunedì di un agosto che mi porto ancora scritto sulla pelle. Montparnasse, il mitico monte delle Muse. Lo scelgo tra tutti i quartieri cittadini con la volontà precisa d'inseguire vecchi fantasmi, spettri meravigliosi di cui mi sono lungamente nutrito, e che continuano ad aleggiarmi intorno. Hemingway, Modigliani, Colette. Sono solo alcuni di essi, e mi pare d'intravederli già nei tagli di luce che piovono giù nervosi dagli ippocastani lungo i boulevard. Per ciascuno ci saranno lunghe giornate, e passeggiate nel vento freddo dell'autunno che incombe. E' qui che hanno vissuto, qui che hanno amato e si sono persi. Mi sembra quasi incredibile, tanta è l'emozione. Provo un brivido indefinibile al pensiero di calpestare le stesse foglie, gli stessi marciapiedi, di navigare tra gli stessi alberi secolari che disegnano l'oscura mattinata. Eccomi, penso. Sono qui, per aspettarvi. Vi seguo senza parlare.
Il primo monumento affettivo dei ricordi va alla celebre Rotonde. I prezzi, l'aggressione turistica, la frenesia affaristica del nostro tempo mi mettono un pò in guardia: non è più il luogo che cercavo, ma gli incanti dell'immaginazione ci sono tutti: basta chiudere gli occhi per ritrovarli, intatti, come in una vecchia posa d'epoca. Soutine, Max Jacob, Apollinaire, Trockij, Lenin, Victor Lisbion - celebre patrono del locale che concorse a lanciare la moda del bistrot - e ancora Kisling, Foujita, Cocteau, Pierre Benoît, Kiki, Modigliani e Utrillo. A nemmeno cinquanta metri di distanza, spiccano i colori elettrici di altri ritrovi che fecero storia: la Sélect, la Dôme, e il celebre ristorante la Cupole, su strade che convergono tutte sull'affollato crocevia.
E' difficile strapparsi al trambusto dei passanti, del chiasso automobilistico, delle folle di turisti che sciamano da un punto all'altro della zona, ma è necessario, per vedere con occhi nuovi, e assorbire energie e stimoli che Parigi sembra ancora nascondere sotto le apparenze della sua epidermide secolare. In questa nuova visione, sono le parole di Corrado Augias, tra le pagine del suo ricco e puntale I segreti di Parigi (Mondadori), a rivelarmi il fondale effettivo dentro cui s'annidano ricordi e testimonianze.
«In Rue Campagne-Première, poco più a sud, si può ancora vedere un edificio del 1911 nel quale molti pittori ebbero i loro studi: ampie finestre per la luce e soprattutto, cosa davvero insolita per l'epoca, riscaldamento centrale, telefono, elettricità. La modernità degli impianti ne fece un immobile prestigioso e alla moda. Quasi adiacente a esso c'è l'hotel Istria - corridoi stretti, stanze piccole, modesto fino alla malinconia - in cui alloggiarono fra gli altri Kisling, Picabia, Rilke, Tzara, Satie, De Chirico, una colonia di pittori e poeti tenuti insieme dal desiderio comune di rompere le regole della tradizione.
Al numero 3 della stessa strada, apriva i battenti modesti ma provvidenziali, un bistrot, potremmo definirlo un'osteria, tenuto dalla leggendaria Rosalia Tobia, donna di cui s'è conservato a lungo il ricordo, che era arrivata a Parigi nel 1887, appena ventenne, cameriera della principessa Ruspoli. In seguito aveva posato come modella per William Adolphe Bouguereau, che aveva lo studio nel quartiere, al 75 di rue Notre-Dame-des-Champs, e che amava dipingere opulente nudità femminili. [...] Con il trascorrere degli anni, Rosalia (diventata Rosalie) aveva abbandonato il mestiere di modella trasformandosi in mère nourricière, in nutrice, quasi sempre a credito, di artisti affamati. I suoi pentoloni di pastasciutta, che cucinava aiutata dal figlio Luigi, sfamarono, a partire dal 1909, per quasi un ventennio e con rara equità, i muratori dei cantieri per la costruzione delle nuove case nella zona e i pittori che facevano capolino dai loro gelidi atelier col ventre "bucato" da una dieta involontaria.»
Il racconto di Augias è seducente, sinuoso, risuona ancora dentro di me, che inseguo volti di fantasmi nella frizzante aria del mattino. Il primo in cui mi imbatto è quello di una donna bellissima, Alice Prin, entrata di diritto nella storia dell'arte col famoso appellativo di Kiki di Montparnasse. E' fuggita a un destino imposto - quello di fornaia al quale l'umile madre avrebbe voluto consacrarla - per inseguirne uno più grande, più clamoroso, col suo corpo elegante sotto i lunghi cappotti neri contro i rigidi inverni del nord, con la sua sensualità ostentata e un pò provocatoria, e una vicenda umana che Ernest Hemingway - suo amante per un certo periodo e prefatore ammirevole dell'unica autobiografia ricavata da lettere e diari - non mancherà di ritrarre con parole di sincera ammirazione.
Abbandono Kiki tra i rumorosi frequentatori del suo bistrot prediletto, lascio Modigliani e Jeanne - il cosidetto Cygne de Livourne e l'infelice compagna dalla storia tragica - alla solitudine spaventosa dei loro giorni maledetti, e vago, approdando finalmente all'alberghetto che ho scelto per questo primo approdo alla capitale del gusto e della bellezza. Il nome è indicativo di ciò che voglio, dei sogni che intendo avvalorare. L'insegna è posta in alto, sull'ingresso, e recita in caratteri estremamente moderni Montparnasse Rive Gauche. La riva degli artisti, mi dico. Mi piace. Siamo al 22 di rue Hippoliyte Maindron. Penultima camera del terzo piano. L'ambiente è pulito, silenzioso, misuratamente accogliente. L'affaccio splendido: una traiettoria di tetti in fondo alla quale, accanto a un minuscolo giardino recintato, riesco a scorgere lo studio che fu di Giacometti. Nel ripassarci davanti, due volte al giorno, mi soffermo sulla targa che sembra gridare alla distrazione dei passanti. Sarà qui che alloggeremo. Il cielo, alto oltre le fioriture di ferro della finestra, è chiaro, innocente, sembra brillare. Solo qualche nube lontana ci riporta alla vocazione climatica caratteristica della città di Rimbaud e Verlaine.
Spiegato il frusciante lenzuolo della cartina e tirate fuori le recenti annotazioni di percorso mi accorgo che la geografia degli spazi - quelli lungamente inseguiti, attesi, desiderati - è ben diversa da quella che propinano le guide di più o meno vecchia data. Parigi è la mia, la nostra Parigi, una città che somiglia veramente poco a quella indicata dai propositi turistici. Sarebbe bello disegnarne un'altra, sulla scorta delle suggestioni, delle illusioni, delle aspettative, dei sogni, una città fatta di tante altre città diverse, una città nella città, ritagliata a se stessa, sottratta, fiorita come un miracoloso sboccio.
Scegliamo di cominciare esattamente dalla fine, dalle tombe, ultimo contatto con coloro per cui siamo venuti. Fra i tre cimiteri parigini partiamo da quello del quartiere - il cimitero di Montparnasse - che ci accoglie nel primo mattino languidamente piovoso di permanenza in città. Ci arriviamo dall'ingresso laterale, ma stamani niente mappe. Inadempienze comunali impediscono al visitatore un facile movimento tra i resti illustri. Fisso l'assonnato custode che sporge la testa dalla guardiola, mostrando l'enorme tabellone che sorge come una lavagna a qualche passo di distanza.
Primo sguardo: primo solletico allo stomaco. Charles Baudelaire, l'angelo nero dello spleen, il sognante cantore del male, l'alato Satana delle lettere francesi riposa lungo un pendio, in un intrico di lapidi e croci poco visibile a un'occhiata disattenta. E' il primo morso vero, la prima ferita che Parigi mi procura. Mi chiedo se sia rispettoso fotografare, ma non resisto alla tentazione, e credo di udirla davvero, la sua toccante supplica alla bellezza. Inferno o cielo, che importa? Al fondo del mistero per trovare il nuovo!
I resti mortali del massimo poeta dell'Ottocento sono stati composti insieme a quelli della sua famiglia. La madre. L'orribile patrigno. L'uomo che inflisse all'animo ancora acerbo del giovane genio la prima inguaribile cicatrice. Ma i doni di coloro che mi hanno preceduto in questo mio cammino sono davvero toccanti: accendisigari, piante, biglietti, sassolini, fogli stracciati contenenti messaggi traboccanti di tenerezza. Cerco di prenderne nota mentalmente. Ancora una volta l'immaginazione prevale e le immagini si cristallizzano sotto gli occhi sedotti, e mi ritrovo nel piccolo drappello che incede sotto la pioggia invernale, al termine di un'esistenza del tutto fuor del comune, rielaborata dall'acuto giudizio di Jean-Paul Sartre.
Il grande scrittore e filosofo parigino scrive infatti di Baudelaire: "Non ha avuto la vita che meritava. Certo non meritava quella madre, quelle eterne angustie finanziarie, quel consiglio di famiglia, quall'amante tirchia, né quella sifilide; e che di più ingiusto della sua fine prematura? Tuttavia, riflettendoci, un dubbio sorge: l'uomo, a studiarlo, non è senza falle né, si direbbe, senza contraddizioni: questo perverso ha adottato una volta per tutte la più banale e la più rigida delle morali; questo raffinato frequenta le più miserabili prostitute, questo solitario ha una paura spaventosa della solitudine, non esce mai senza un amico, aspira a una casa, a una vita famigliare; questo apologista dello sforzo è un "abulico" incapace di costringersi a un lavoro regolare; ha lanciato degli inviti al viaggio, anelato all'evasione, sognato paesi sconosciuti, ma esitava sei mesi prima di partire per Honfleur e l'unico viaggio che abbia fatto gli è parso un lungo supplizio."
Proprio sul versante diametralmente opposto della collina, un'altra tomba è quella che chiama all'incanto. A scovarla, nell'intrico del sovrabbondante panorama cimiteriale, è l'attempato signore parigino che scorgiamo quasi per caso, e che intuisce la nostra incertezza, venendoci incontro e indicando col dito un punto poco più avanti, dove le croci si abbassano e le statue si addensano in una lenta danza senza vita. Per di qua, dice il vecchio, senza neppure degnarci d'uno sguardo, e senza domandarci chi cerchiamo. Ha capito, e procede, catturato dalla serietà della missione. Lo seguiamo senza aggiungere nulla, segretamente grati della gentilezza.
L'altro grande "malato" della letteratura francese, il poeta della Senna e del mondo dei canottieri, l'uomo scisso, dalle due anime, una lucente come il candore, l'altra nera come la più orribile delle notti, colui che Savinio definì come "altro" da se stesso, Guy de Maupassant, riposa sotto l'imponente altare di pietra sorretto da due colonne di altezza umana, al centro delle quali spicca la scultura di uno sgargiante libro rosso. Mi soffermo per un attimo sulla gonfia rosa scarlatta che qualcuno ha lasciato accanto al libro. Penso alle mani, a quelle mani piene di riconoscenza e mi lascio intenerire dalla mistica delle testimonianze e dei ricordi.
Quando sollevo gli occhi dalla tomba, nel merletto verdebosco delle foglie le facciate dei palazzi mi fanno pensare alla bellezza - bellezza delle case, dei tetti, bellezza di questo incontro magnifico tra morte e vita, tra lapidi e città, tra memoria e presente. Il cimitero di Montparnasse - ma non è il solo - si trova racchiuso da un recinto di bassissime mura: gli ampi finestroni, gli oblò incassati nelle maestose superfici d'ardesia, le metalliche aperture degli edifici - metalliche e dure come la luce del mattino, come la metallica passione d'amore di Baudelaire, come i metallici infissi che scrivono ghirigori di ferro battuto sulla linea di qualsiasi orizzonte - tutto mi parla di un dialogo ininterrotto, amoroso, quella confessione ronzante che riprende ogni giorno, a indicare una qualche religione degli affetti. Non mi stupisce che la verde rotonda che divide gli spazi del cimitero accolga frotte di turisti che siedono sulle panchine ad addentare appetitosi tramezzini. Qui la morte è lontana dai punitivi tremori cattolici di geli eterni e di inestinguibili incendi infernali, e la pace del pomeriggio è incrinata solo dallo stridere di un corvo: nero, regale, elegante pure esso, mentre saltella appresso a una foglia accartocciata dall'arrivo di un autunno prematuro.
Lo seguiamo per un tratto breve, e m'impongo di vincere la mia ancestrale angoscia per i volatili. Alessio mi precede lungo marmi che riportano alla mente altri celebri figli di questa città unica al mondo: Eugène Ionesco, Philippe Noiret, Julio Cortàzar. Poi, il corvo vola lontano, fino a sparire nell'arabesco buio dei rami, dentro cui sembra che l'ultima luce si vada spegnendo. Il mio primo giorno a Parigi si conclude, lasciandomi dentro una tensione e un languore sordo, qualcosa che è incapace di diventare dolore. Victor Hugo parla di una città dello spirito, nella quale continuare a credere nonostante tutte le sue pretese di trasformismo. E' una Parigi carnale, d'altri tempi, che quest'oggi sono certo d'aver incontrato. Sorrido osservando le morbide onde di fango che ancora ricoprono il fondo dei miei mocassini. Un dono della passeggiata, mi dico. E che bel dono. Sono certo che domani ce ne saranno altri.
tra suggestioni e fantasmi
sulla scorta dei suoi artisti
e del suo invidiabile passato...
sotto il cielo grigio di Montparnasse
inseguendo le leggendarie tracce di Kiki,
di Hemingway e di Modigliani
all'ombra di caffè e atelier
e tra le tombe di uno dei
più celebri cimiteri d'Europa...
Approdare a Parigi sbucando da una delle tante fermate della metro è un'esperienza irripetibile. Un'uscita dalle acque buie dell'attesa, un germogliare nello splendore un pò grigio del mattino. E' così che con Alessio scegliamo di arrivarci, l'ultimo lunedì di un agosto che mi porto ancora scritto sulla pelle. Montparnasse, il mitico monte delle Muse. Lo scelgo tra tutti i quartieri cittadini con la volontà precisa d'inseguire vecchi fantasmi, spettri meravigliosi di cui mi sono lungamente nutrito, e che continuano ad aleggiarmi intorno. Hemingway, Modigliani, Colette. Sono solo alcuni di essi, e mi pare d'intravederli già nei tagli di luce che piovono giù nervosi dagli ippocastani lungo i boulevard. Per ciascuno ci saranno lunghe giornate, e passeggiate nel vento freddo dell'autunno che incombe. E' qui che hanno vissuto, qui che hanno amato e si sono persi. Mi sembra quasi incredibile, tanta è l'emozione. Provo un brivido indefinibile al pensiero di calpestare le stesse foglie, gli stessi marciapiedi, di navigare tra gli stessi alberi secolari che disegnano l'oscura mattinata. Eccomi, penso. Sono qui, per aspettarvi. Vi seguo senza parlare.
Il primo monumento affettivo dei ricordi va alla celebre Rotonde. I prezzi, l'aggressione turistica, la frenesia affaristica del nostro tempo mi mettono un pò in guardia: non è più il luogo che cercavo, ma gli incanti dell'immaginazione ci sono tutti: basta chiudere gli occhi per ritrovarli, intatti, come in una vecchia posa d'epoca. Soutine, Max Jacob, Apollinaire, Trockij, Lenin, Victor Lisbion - celebre patrono del locale che concorse a lanciare la moda del bistrot - e ancora Kisling, Foujita, Cocteau, Pierre Benoît, Kiki, Modigliani e Utrillo. A nemmeno cinquanta metri di distanza, spiccano i colori elettrici di altri ritrovi che fecero storia: la Sélect, la Dôme, e il celebre ristorante la Cupole, su strade che convergono tutte sull'affollato crocevia.
E' difficile strapparsi al trambusto dei passanti, del chiasso automobilistico, delle folle di turisti che sciamano da un punto all'altro della zona, ma è necessario, per vedere con occhi nuovi, e assorbire energie e stimoli che Parigi sembra ancora nascondere sotto le apparenze della sua epidermide secolare. In questa nuova visione, sono le parole di Corrado Augias, tra le pagine del suo ricco e puntale I segreti di Parigi (Mondadori), a rivelarmi il fondale effettivo dentro cui s'annidano ricordi e testimonianze.
«In Rue Campagne-Première, poco più a sud, si può ancora vedere un edificio del 1911 nel quale molti pittori ebbero i loro studi: ampie finestre per la luce e soprattutto, cosa davvero insolita per l'epoca, riscaldamento centrale, telefono, elettricità. La modernità degli impianti ne fece un immobile prestigioso e alla moda. Quasi adiacente a esso c'è l'hotel Istria - corridoi stretti, stanze piccole, modesto fino alla malinconia - in cui alloggiarono fra gli altri Kisling, Picabia, Rilke, Tzara, Satie, De Chirico, una colonia di pittori e poeti tenuti insieme dal desiderio comune di rompere le regole della tradizione.
Al numero 3 della stessa strada, apriva i battenti modesti ma provvidenziali, un bistrot, potremmo definirlo un'osteria, tenuto dalla leggendaria Rosalia Tobia, donna di cui s'è conservato a lungo il ricordo, che era arrivata a Parigi nel 1887, appena ventenne, cameriera della principessa Ruspoli. In seguito aveva posato come modella per William Adolphe Bouguereau, che aveva lo studio nel quartiere, al 75 di rue Notre-Dame-des-Champs, e che amava dipingere opulente nudità femminili. [...] Con il trascorrere degli anni, Rosalia (diventata Rosalie) aveva abbandonato il mestiere di modella trasformandosi in mère nourricière, in nutrice, quasi sempre a credito, di artisti affamati. I suoi pentoloni di pastasciutta, che cucinava aiutata dal figlio Luigi, sfamarono, a partire dal 1909, per quasi un ventennio e con rara equità, i muratori dei cantieri per la costruzione delle nuove case nella zona e i pittori che facevano capolino dai loro gelidi atelier col ventre "bucato" da una dieta involontaria.»
Il racconto di Augias è seducente, sinuoso, risuona ancora dentro di me, che inseguo volti di fantasmi nella frizzante aria del mattino. Il primo in cui mi imbatto è quello di una donna bellissima, Alice Prin, entrata di diritto nella storia dell'arte col famoso appellativo di Kiki di Montparnasse. E' fuggita a un destino imposto - quello di fornaia al quale l'umile madre avrebbe voluto consacrarla - per inseguirne uno più grande, più clamoroso, col suo corpo elegante sotto i lunghi cappotti neri contro i rigidi inverni del nord, con la sua sensualità ostentata e un pò provocatoria, e una vicenda umana che Ernest Hemingway - suo amante per un certo periodo e prefatore ammirevole dell'unica autobiografia ricavata da lettere e diari - non mancherà di ritrarre con parole di sincera ammirazione.
Abbandono Kiki tra i rumorosi frequentatori del suo bistrot prediletto, lascio Modigliani e Jeanne - il cosidetto Cygne de Livourne e l'infelice compagna dalla storia tragica - alla solitudine spaventosa dei loro giorni maledetti, e vago, approdando finalmente all'alberghetto che ho scelto per questo primo approdo alla capitale del gusto e della bellezza. Il nome è indicativo di ciò che voglio, dei sogni che intendo avvalorare. L'insegna è posta in alto, sull'ingresso, e recita in caratteri estremamente moderni Montparnasse Rive Gauche. La riva degli artisti, mi dico. Mi piace. Siamo al 22 di rue Hippoliyte Maindron. Penultima camera del terzo piano. L'ambiente è pulito, silenzioso, misuratamente accogliente. L'affaccio splendido: una traiettoria di tetti in fondo alla quale, accanto a un minuscolo giardino recintato, riesco a scorgere lo studio che fu di Giacometti. Nel ripassarci davanti, due volte al giorno, mi soffermo sulla targa che sembra gridare alla distrazione dei passanti. Sarà qui che alloggeremo. Il cielo, alto oltre le fioriture di ferro della finestra, è chiaro, innocente, sembra brillare. Solo qualche nube lontana ci riporta alla vocazione climatica caratteristica della città di Rimbaud e Verlaine.
Spiegato il frusciante lenzuolo della cartina e tirate fuori le recenti annotazioni di percorso mi accorgo che la geografia degli spazi - quelli lungamente inseguiti, attesi, desiderati - è ben diversa da quella che propinano le guide di più o meno vecchia data. Parigi è la mia, la nostra Parigi, una città che somiglia veramente poco a quella indicata dai propositi turistici. Sarebbe bello disegnarne un'altra, sulla scorta delle suggestioni, delle illusioni, delle aspettative, dei sogni, una città fatta di tante altre città diverse, una città nella città, ritagliata a se stessa, sottratta, fiorita come un miracoloso sboccio.
Scegliamo di cominciare esattamente dalla fine, dalle tombe, ultimo contatto con coloro per cui siamo venuti. Fra i tre cimiteri parigini partiamo da quello del quartiere - il cimitero di Montparnasse - che ci accoglie nel primo mattino languidamente piovoso di permanenza in città. Ci arriviamo dall'ingresso laterale, ma stamani niente mappe. Inadempienze comunali impediscono al visitatore un facile movimento tra i resti illustri. Fisso l'assonnato custode che sporge la testa dalla guardiola, mostrando l'enorme tabellone che sorge come una lavagna a qualche passo di distanza.
Primo sguardo: primo solletico allo stomaco. Charles Baudelaire, l'angelo nero dello spleen, il sognante cantore del male, l'alato Satana delle lettere francesi riposa lungo un pendio, in un intrico di lapidi e croci poco visibile a un'occhiata disattenta. E' il primo morso vero, la prima ferita che Parigi mi procura. Mi chiedo se sia rispettoso fotografare, ma non resisto alla tentazione, e credo di udirla davvero, la sua toccante supplica alla bellezza. Inferno o cielo, che importa? Al fondo del mistero per trovare il nuovo!
I resti mortali del massimo poeta dell'Ottocento sono stati composti insieme a quelli della sua famiglia. La madre. L'orribile patrigno. L'uomo che inflisse all'animo ancora acerbo del giovane genio la prima inguaribile cicatrice. Ma i doni di coloro che mi hanno preceduto in questo mio cammino sono davvero toccanti: accendisigari, piante, biglietti, sassolini, fogli stracciati contenenti messaggi traboccanti di tenerezza. Cerco di prenderne nota mentalmente. Ancora una volta l'immaginazione prevale e le immagini si cristallizzano sotto gli occhi sedotti, e mi ritrovo nel piccolo drappello che incede sotto la pioggia invernale, al termine di un'esistenza del tutto fuor del comune, rielaborata dall'acuto giudizio di Jean-Paul Sartre.
Il grande scrittore e filosofo parigino scrive infatti di Baudelaire: "Non ha avuto la vita che meritava. Certo non meritava quella madre, quelle eterne angustie finanziarie, quel consiglio di famiglia, quall'amante tirchia, né quella sifilide; e che di più ingiusto della sua fine prematura? Tuttavia, riflettendoci, un dubbio sorge: l'uomo, a studiarlo, non è senza falle né, si direbbe, senza contraddizioni: questo perverso ha adottato una volta per tutte la più banale e la più rigida delle morali; questo raffinato frequenta le più miserabili prostitute, questo solitario ha una paura spaventosa della solitudine, non esce mai senza un amico, aspira a una casa, a una vita famigliare; questo apologista dello sforzo è un "abulico" incapace di costringersi a un lavoro regolare; ha lanciato degli inviti al viaggio, anelato all'evasione, sognato paesi sconosciuti, ma esitava sei mesi prima di partire per Honfleur e l'unico viaggio che abbia fatto gli è parso un lungo supplizio."
Proprio sul versante diametralmente opposto della collina, un'altra tomba è quella che chiama all'incanto. A scovarla, nell'intrico del sovrabbondante panorama cimiteriale, è l'attempato signore parigino che scorgiamo quasi per caso, e che intuisce la nostra incertezza, venendoci incontro e indicando col dito un punto poco più avanti, dove le croci si abbassano e le statue si addensano in una lenta danza senza vita. Per di qua, dice il vecchio, senza neppure degnarci d'uno sguardo, e senza domandarci chi cerchiamo. Ha capito, e procede, catturato dalla serietà della missione. Lo seguiamo senza aggiungere nulla, segretamente grati della gentilezza.
L'altro grande "malato" della letteratura francese, il poeta della Senna e del mondo dei canottieri, l'uomo scisso, dalle due anime, una lucente come il candore, l'altra nera come la più orribile delle notti, colui che Savinio definì come "altro" da se stesso, Guy de Maupassant, riposa sotto l'imponente altare di pietra sorretto da due colonne di altezza umana, al centro delle quali spicca la scultura di uno sgargiante libro rosso. Mi soffermo per un attimo sulla gonfia rosa scarlatta che qualcuno ha lasciato accanto al libro. Penso alle mani, a quelle mani piene di riconoscenza e mi lascio intenerire dalla mistica delle testimonianze e dei ricordi.
Quando sollevo gli occhi dalla tomba, nel merletto verdebosco delle foglie le facciate dei palazzi mi fanno pensare alla bellezza - bellezza delle case, dei tetti, bellezza di questo incontro magnifico tra morte e vita, tra lapidi e città, tra memoria e presente. Il cimitero di Montparnasse - ma non è il solo - si trova racchiuso da un recinto di bassissime mura: gli ampi finestroni, gli oblò incassati nelle maestose superfici d'ardesia, le metalliche aperture degli edifici - metalliche e dure come la luce del mattino, come la metallica passione d'amore di Baudelaire, come i metallici infissi che scrivono ghirigori di ferro battuto sulla linea di qualsiasi orizzonte - tutto mi parla di un dialogo ininterrotto, amoroso, quella confessione ronzante che riprende ogni giorno, a indicare una qualche religione degli affetti. Non mi stupisce che la verde rotonda che divide gli spazi del cimitero accolga frotte di turisti che siedono sulle panchine ad addentare appetitosi tramezzini. Qui la morte è lontana dai punitivi tremori cattolici di geli eterni e di inestinguibili incendi infernali, e la pace del pomeriggio è incrinata solo dallo stridere di un corvo: nero, regale, elegante pure esso, mentre saltella appresso a una foglia accartocciata dall'arrivo di un autunno prematuro.
Lo seguiamo per un tratto breve, e m'impongo di vincere la mia ancestrale angoscia per i volatili. Alessio mi precede lungo marmi che riportano alla mente altri celebri figli di questa città unica al mondo: Eugène Ionesco, Philippe Noiret, Julio Cortàzar. Poi, il corvo vola lontano, fino a sparire nell'arabesco buio dei rami, dentro cui sembra che l'ultima luce si vada spegnendo. Il mio primo giorno a Parigi si conclude, lasciandomi dentro una tensione e un languore sordo, qualcosa che è incapace di diventare dolore. Victor Hugo parla di una città dello spirito, nella quale continuare a credere nonostante tutte le sue pretese di trasformismo. E' una Parigi carnale, d'altri tempi, che quest'oggi sono certo d'aver incontrato. Sorrido osservando le morbide onde di fango che ancora ricoprono il fondo dei miei mocassini. Un dono della passeggiata, mi dico. E che bel dono. Sono certo che domani ce ne saranno altri.
la foto di Kiki de Montparnasse è di proprietà del sito:
http://members.xoom.it/man_ray/kiki.jpg
la foto di Charles Baudelaire è di proprietà del sito:
http:/www.statueinresina.com/statue_su_commissione/Charles_Baudelaire.jpg
le citazioni provengono dalle seguenti opere:
Corrado Augias, I segreti di Parigi, Mondadori;
Jean-Paul Sartre, Baudelaire, trad. di Jacopo Darca, Mondadori;
le altre foto sono di Alessio Grillo, che si ringrazia
per la gentile collaborazione
http://members.xoom.it/man_ray/kiki.jpg
la foto di Charles Baudelaire è di proprietà del sito:
http:/www.statueinresina.com/statue_su_commissione/Charles_Baudelaire.jpg
le citazioni provengono dalle seguenti opere:
Corrado Augias, I segreti di Parigi, Mondadori;
Jean-Paul Sartre, Baudelaire, trad. di Jacopo Darca, Mondadori;
le altre foto sono di Alessio Grillo, che si ringrazia
per la gentile collaborazione
77 commenti:
Sempre suggestivi i tuoi spunti. Stavolta però si sente che Parigi ti ha sedotto e ora vive dentro di te.
Pura magia!
Continuiamo a sognare con te, Luigi.
Gabriella carissima, grazie. Sei la prima voce, la prima nota di un corcerto di passione che sono certo si leverà presto da queste pagine. Grazie di cuore, spero che il sogno continui...
Che meraviglia Parigi, ci ho vissuto dei mesi e ne conservo ancora bellissimi ricordi. Complimenti per il pezzo, poetico e intenso...
Cara Elena, intanto grazie di avere scritto. Non fatico a immaginare che splendido periodo tu abbia potuto vivere a Parigi. Grazie dei complimenti, spero che tu continui a seguirci. Un saluto...
luigi,avevo postato un commento: è sparito. Come mai?
Torno a dirti, allora che cominciare a parlare del tuo viaggio prendendo le mosse dai cimiteri dei grandi, mi sembra una buona scelta. Per quanto loro ci abbiano lasciato opere che non muoiono, tuttavia furono uomini che vissero una vita non così diversa dalla nostra, e niente ce lo ricorda meglio del luogo della loro inumazione.
La tua presentazione rivela l'entusiasmo sincero che è uno dei caratteri fondamentali della tua personalità. Senza il tuo entusiasmo non avresti gli amici, le aspettative e i progetti che sono oggi la tua vita. So che, come Baudelaire, hai dovuto superare una certa ripugnanza a viaggiare. Ma hai preso l'aereo e non ne sei pentito, corri persino dietro gli uccelli.
caro luigi, ignoravo che ti costasse fatica viaggiare. lo apprendo dalla comune amica piera che saluto affettuosamente. è stato un bene, allora, che tu abbia vinto le tue resistenze. hai vissuto parigi come a ciascuno di noi piacerebbe viverla. dal momento che sento di doverci tornare a breve (e con gioia suprema), cercherò di ricalcare le tue orme e di vedere quello che tu hai visto. mai ho visitato, per esempio, il carcere della concièrgerie (pur nutrendo un intenso quanto misterioso interesse per la rivoluzione francese), e presto ci andrò. grazie per questo suggestivo diario di viaggio che ti apparentaai grandi viaggiatori del Settecento come goethe e madame de stäel.
L'incanto di Parigi c'è tutto, si vede e si respira. Ed è la Parigi più intima e segreta quella che racconti, dei grandi viali alberati, all'ombra dei quali riposano grandi artisti che hanno influenzato e "fatto" un'epoca.La pioggia che percuote dolcemente le lapidi, il cielo spiegazzato di nuvole, avvolgono di malinconia i passi del visitatore, che non ha più bisogno di seguire precisi itenerari ma può semplicemente affidarsi all'istinto. Ne scaturisce la tua emozionante testimonianza e se alla fine, il fango resta attaccato alle scarpe, in chi legge si diffonde la straordinaria sensazione di essere in quei mistici luoghi e di sentirli propri. Se volevi farci fare un viaggio, ci sei riuscito Luigi!
Piera carissima, ti chiamerò oggi stesso. Le tue parole rivelano due cose: un affetto grande e una enorme conoscenza di me. In merito ai cimiteri è verissimo: li adoro, costituiscono l'immagine di una pace che è annullamento, ritorno all'origine, silenzio. E mi piace quando questa pace non è intralciata da paure o preconcetti, quando è qualcosa di fisico, di naturale. Le tombe dei grandi sono per tutti noi un percorso, un'indicazione di quell'unica mistica in cui posso credere: la mistica degli affetti. In merito invece all'aereo, è andata proprio così. La scelta era: raggiungere quelle tombe e quella città oppure non andarci. Mi sono sforzato, e devo dire che sono felicissimo di averlo fatto. E' stato un superamento interessante, o per dirla con la tua scrittura un "attraversamento". Cara Piera, grazie di avere scritto con l'affetto, la premura, e l'attenzione di sempre. Ti abbraccio...
Caro o cara Anonimo, hai dimenticato di segnare il nome. In ogni caso, grazie del commento. Sono lusingato del fatto che queste mie indicazioni possano diventare dei suggerimenti di percorso. Stai per tornare a Parigi? Ti invidio un pò. Ma pure io conto entro quest'estate di tornarci, perché sono tante - troppe - le suggestioni che quella città mi ispira, e non posso assolutamente colmarle tutte in una settimana. Anche le carceri del Terrore rappresentano un'esperienza di cui parlerò nelle prossime puntate. Saranno diverse, arricchite da belle fotografie, e cercheranno di fare un pò il punto di un viaggio che mi ha cambiato notevolmente la vita. Un saluto caro...
Consuelo cara, che bello ritrovarsi tra le righe del mio Faro pulsante. Sì, la geografia dei viaggi è tutta da inventare. Non affidiamoci mai a mappe precostituite o a cartine ingannevoli: scegliamo, sentiamo, percepiamo, intuiamo, organizziamo, elaboriamo, simuliamo, inventiamo noi i nostri percorsi, scegliamoli all'interno del labirinto, affidiamoci loro con un senso di magia e di apparente casualità, inseguendo quelle energie che da sempre ci chiamavano. Chiaramente per me Parigi ha rappresentato la letteratura, la storia dell'arte, i grandi amori degli ultimi tre secoli, e le vite dei maledetti, che da anni attendevo di meditare. Tutto questo ha fatto sì che il viaggio fosse una ricerca e un incontro. Tra l'altro, quello che leggete è tutto vero, fino al fango nei mocassini e al misterioso signore parigino che ci accompagnava tra le tombe. Il tono è chiaramente letterario, ma i fatti raccontati sono fedelmente accaduti. Per questo rileggere queste righe mi tornerà utile anche in futuro; sarà come rifare il punto di un momento indimenticabile della mia vita. Grazie dell'affetto e del tuo bellissimo commento. Continua a scrivere spesso e segui il forum che si sta già attivando. Ti abbraccio...
Buongiorno, mi chiamo Giovanni, e condivido il giudizio di Consuelo. Dal tuo scritto l'impressione è quella di un viaggio reale, da cui non vuoi più fare ritorno. Saluti a tutti
Caro Giovanni, sono felice che il giudizio di Consuelo ti piaccia. Buona lettura anche a te, attendo altri commenti...
Ho sempre amato Baudelaire, la sua poesia, la sua vita tormentata e difficile. E ricordo con grande emozione la visita alla sua tomba, che questo articolo rende magnificamente. Grazie a chi l'ha scritto, non conoscevo ancora questo blog... Il discorso sui cimiteri è affascinante, non credete?
Come la capisco, cara Giovanna. Anche io amo Baudelaire, e adoro i cimiteri. Ho visitato cimiteri famosi e no, cimiteri celebri e cimiteri di paese, di città e di campagna, e ne ho sempre ricavato emozioni indescrivibili. Mi piacerebbe rivolgere una domanda a coloro che seguiranno il blog: qual è il vostro particolare rapporto coi cimiteri? Avete esperienze intense e singolari da raccontare in merito?
Leggere questo post mi riporta direttamente alle splendide esperienze vissute e alle magiche sensazioni percepite durante il viaggio parigino...
Parigi è la città che chiunque dovrebbe visitare per assorbire tutto il flusso artistico che si percepisce anche soltanto camminando tra le sue strade. Grazie Luigi per questo originale contributo ad una città che mi è rimasta nel cuore!
Caro luigi, ancora sul tuo carattere che traspare senza veli dalle note di viaggio su questo tuo blog: oltre all'entusiasmo che ti accende, è eccezionale la passione che hai per la condivisione, per comunicare quanto ti colpisce e ti appassiona. Credo che questo sia importantissimo anche nel lavoro che fai, per la gioia che comunichi quando conduci i tuoi allievi all'interno degli autori che ami.
Caro Alessio, penso tu sia per Luigi il compagno di viaggio ideale e che la tua misura abbia compensato lì e compensi adesso la fantasmagorica dismisura del tuo/nostro amico
Caro Luigi, queste foto parigine mi fanno venir voglia di saltare sul primo aereo per la Ville Lumière...
:-)
Complimenti e regalaci ancora delle note come queste.
Cara Piera, concordo con te...
Alessio caro, sono contento che queste pagine ti emozionino. Ci sei anche tu dentro. Sono pure tue. E le foto che hai scattato sono splendide. Senza di esse questo mio testo perderebbe lucentezza...
Piera cara, grazie ancora del tuo affetto e della tua presenza. Senza la condivisione gli affetti perderebbero intensità. La gioia dell'arte è espressione chiara della comunicazione. Ciò che ho visto, ciò che mi ha colmato, passerà nell'amico, e renderà altrove il riverbero del suo splendore. E' una febbre contagiosa quella della bellezza, ed è quel sentimento profondo, solenne e incommensurabile che proviamo davanti alle gioie delle opere d'arte... E' vero che Alessio ha misura, garbo e razionalità, cose di cui a volte io manco, rapito dal mio delirio creativo. Nessun miglior compagno di viaggio renderebbe autentica la direzione dello sguardo...
Maria Lucia cara, perché non ci saltiamo insieme? Io sono sempre pronto, sempre a disposizione. Mi piacerebbe conoscere anche il tuo punto di vista sul mistero dei cimiteri, e sull'effetto che hanno sulle nostre vite... Grazie, un bacio...
Luigi caro, in questo periodo sto leggendo "Una vita" di Maupassant e mi emoziona vederne qui la tomba.
E poi UGO FOSCOLO - STORIA E POESIA di Walter Binni. La mistica dei cimiteri quindi mi pervade... rileggendo "I Sepolcri" mi imbevo dell'armonia eternatrice della poesia, che vince di mille secoli il silenzio.
Anche io amo i cimiteri, la loro pace sottratta alle pugne del mondo.
Ho terminato il mio romanzo così, con un pellegrinaggio sulle tombe dei miei protagonisti. Un'emozione unica, l'omaggio a persone che mi hanno fatto compagnia e che vivono con me in una corrispondenza misteriosa d'amorosi sensi, in cui credo come artista e come cristiana. Niente muore e l'essenziale è invisibile agli occhi ma presente sempre, come l'amore e la bellezza.
Grazie caro, ci hai condotto per mano lungo un percorso che nessuna guida ci avrebbe indicato mai.
Un sentiero di ricerca, di bellezza, di arte, di pace.
Viottoli di entusiasmo che scaturiscono spontanei da un cuore aperto e puro come è il tuo.
Spero in un prossimo futuro di ripercorrere gli stessi itinerari in modo più concreto insieme a te e ad Alessio.
Un affettuoso bacio agli amici: Alessio, Piera, Consuelo e Lux
Caro Luigi che emozioni hai saputo suscitare con le tue parole e quanto le hanno arricchite le foto di Alessio! Qual'è il prossimo aereo, treno, calesse che ci può portare subito a vivere quelle sensazioni così lontane dalla vita quotidiana? Quanto animo puro di bambino ci è rimasto per gustare il sapore dell'antico, del passato, del futuro con l'entusiasmo con cui tu l'hai fatto? Un abbraccio a te e ad Alessio. Lorenza
Sono d'accordo con Piera Mattei che evidentemente ti conosce proprio bene
Corrispondenza di amorosi sensi. Quanta magia in quella frase, cara Maria Lucia. Siamo cresciuti tutti con quella musica, e nei cimiteri c'è una parte importante di noi. Sapevo bene che hai chiuso il tuo romanzo visitando la tomba di Mariannina Coffa e del suo infelice amore nel cimitero di Noto. Sapevo bene quanto quella visita ti abbia emozionato, per questo ti ho rivolto quella domanda. Meraviglioso il romanzo di Maupassant che citi, anche se io amo moltissimo anche la sua produzione breve, i suoi racconti fantastici e neri. E' uno scrittore di grandiosa potenza. Splendido. E passeggiare intorno alla sua tomba, pensare al silenzio che solo i corvi rompono intorno ai suoi resti mortali è stato commovente...
Mavie cara, qualcuno mi chiede già di raccogliere questi percorsi in una specie di anti-guida, ovvero di non-guida, di guida al contrario. E' un'idea che mi piace, e potrei renderla ancora più preziosa inserendovi magari delle illustrazioni d'arte, facendo in modo che queste annotazioni diventino anche visive, grafiche, ancora più emozionanti. L'idea era proprio quella di ritagliarmi una Parigi diversa da quella da cartolina - come dice Augias una Parigi per "viaggiatori" e non per "turisti". Io detesto la parola "turista". Mi fa sentire tutto il vuoto, tutta la superficialità di una vacanza che non ti lascerà nulla, e che ti respingerà violentemente fuori da una dimensione, da un mondo amati. La cosa che provo immediatamente, quando un luogo mi piace, è un dolore irraccontabile al pensiero che presto me ne dovrò allontanare. Per questo parlo di luoghi da "vivere" e mai da "visitare". Anche se per intervalli di tempo non sempre lunghi, ma con una consapevolezza dello sguardo che è densa, nitida, ben messa e fuoco e fondata. Cara Mavie, ci torneremo insieme, certamente capiterà. Anche perché con Parigi è ormai un sodalizio. E' un luogo che sento di avere scelto, uno dei luoghi della mia vita. Ti abbraccio e saluto insieme a te gli amici citati...
Lorenza carissima, grazie anche a te delle belle parole che hai usato. Pascoli parla di un fanciullino che vien fuori nelle parole del poeta, o di chi si innamora. Quel fanciullino ha urlato nello scoprire una dopo l'altra le meraviglie di una città-mondo fatta di artisti, di opere d'arte, di bellezze assolute e oggettive ma pure di stati d'animo, di sensazioni, di struggimenti emotivi. Parigi è stato tutto questo ed è stata anche una specie di rivelazione, di apertura dello sguardo. Per questo la considero un'epifania esistenziale. Le tue parole rivelano tutto l'affetto e l'amicizia che hai per me, cosa che ricambio e di cui ti sono grato. Sarebbe davvero meraviglioso tornarci tutti insieme. Non mettiamoci limiti. Parigi ci attende!
Condivido le bellissime foto e l'affascinante cronaca parigina. Un pò meno la passione per i cimiteri. Mi hanno sempre messo un pò di ansia. Sbaglierò?
Cara Michele, grazie per aver scritto. Rispetto molto la sua opinione, ma le assicuro che i cimiteri vanno ripensati sottraendoli all'alone nebuloso di "terrore della morte" che molto spesso caratterizza la cultura occidentale. Provi a immaginarli come luoghi di pace, di silenzio. E soprattutto come dei parchi, nei quali il verde invita alla meditazione e alla sosta. Siamo troppo abituati al caos giornaliero per fermarci. I cimiteri impongono una sospensione. Quelli celebri poi hanno una suggestione in più: farci sentire vicini ai grandi uomini della storia e dell'arte. Le assicuro che la mia emozione è stata grandissima - su otto giorni parigini, tre li ho passati interamente immerso tra tombe e lapidi e sono stati tra i più appassionanti che io abbia trascorso nella capitale francese. La ringrazio molto di aver preso parte al discorso del blog, continui a farlo spesso. Un caro saluto...
Cara Piera, grazie mille...si in effetti non è stato facile trattenere l'enorme entusiasmo di Luigi, che però era giustificato, nei confronti di una città così stupenda...un grande abbraccio a te, spero di vederti presto!
Caro Luigi, grazie mille. Diciamo che Parigi ti suggerisce degli scorci così suggestivi che è molto semplice farne delle belle fotografie...
P.S. un saluto anche a Mavie, Maria Lucia e Lorenza ;-)
Alessio caro, ne avresti di mie follie da raccontare. Si potrebbe creare un post a parte. Ma Parigi è così, non accetta le mezze misure. Se la ami, sarà alla follia. In merito alle foto non è affatto vero che bastano gli scorci: è l'occhio a fare la sua parte, la capacità di vedere, di intuire, di sentire le cose sotto la pelle della superficialità e dei luoghi comuni. E le tue foto sono belle proprio perché si sente l'anima. Anche io saluto Mavie, Maria Lucia, Lorenza e tutti gli amici, anche nuovi, che stanno prendendo parte alla vita del mio Faro... Grazie a tutti, questo spazio esiste ed è possibile solo perché ci siete voi a mantenerlo tale...
La penso pure io così. Non sono i luoghi, ma il modo in cui siamo capaci o meno di guardarli...
Caro Luigi, bellissimo!!!
Come ti dicevo ieri, auspico che questo "taccuino" parigino possa diventare un libro.
abbracci.
Massimo Maugeri
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/
Carissimi tutti,
compreso l'Anonimo in cui mi pare di riconoscere alcuni tratti di Francesco Costa (ma forse mi sbaglio!),
penso che il soggetto di questo blog non sia Parigi su cui molti avrebbero da dire, essendo Parigi, non celata non velata, ma sotto gli occhi del mondo. Ci sono tante Parigi quante sono le persone che l'hanno visitata o ci hanno vissuto. Il discorso non è su com'è Parigi, il soggetto qui è la Parigi di Luigi, anzi "il Paris di Luigi". Luigi, il soggetto è "ton Paris à toi", la tua visione, la tua verità, per quanto riesci a comunicarla.
Concordo con Piera... esistono tante Parigi quante sono le persone, anzi gli occhi, che la guardano. E per il principio di indeterminazione di Heisenberg - Antonio mi correggerà se sbaglio :-) - proprio il nostro sguardo modifica l'oggetto. La Parigi di Luigi (che rima) è quella plasmata dal suo animo, dalle sue letture, dalla sua sensibilità.
Grazie a lui e ad Alessio, anima d'artista che ha trovato in Parigi la sua atmosfera ideale.
Un caro saluto a tutti gli amici che ritrovo qui riuniti in omaggio alla bellezza e al desiderio di condivisione.
Luigino mio,
vedere Parigi nei tuoi occhi, dai tuoi occhi, mi ha fatto pensare che davvero è "delle città come dei sogni". Calvino aveva intuito che la città carnosa, di pietre e asfalti, è solo la strada che induce a ricrearla in noi, e che in quella città interiore, il cui accesso è dallo sguardo, si può vivere la dimensione del sogno.
Questo perchè nessuna scintilla di bellezza può mai ricomporsi se non in noi e attravero noi.
Caro Luigino, dolcissimo Ale, l'augurio è quello d percorrere ogni città soprattuto con questa predisposizione a viverla dal dentro, trasalendo per le luci della sua anima, per le convulsioni dei suoi passi, per i misteriosi graffi dei suoi dolori.Per il suo farsi e dirsi sempre umana, sempre fragile e vacillante, sempre così simile a noi.
Un bacio dalla vostra Simo
Massimo caro, sì, è un progetto che mi entusiasma e mi riempie di grande emozione. Ci vorrà tempo, ma lo realizzerò. Mi piace l'idea di disegnare una mia Parigi, o un mio Paris, come dicono i parigini, sulla scia di letture, passioni, amori condivisi. Grazie del tuo commento, e complimenti anche a te, al tuo lavoro, a tutto quello che ogni giorno con Letteratitudine rendi possibile per tutti noi. Un saluto ad Agata e alle bimbe. Aspetto di leggere pure il "vostro" libro...
Piera carissima, non sbagliavi. Era proprio il nostro Francesco Costa, che poi mi ha avvisato telefonicamente. Ciò che dici mi lusinga davvero, perché tocca molto da vicino il cuore emotivo e simbolico del mio discorso. L'idea che un luogo non esiste, ma è frutto della percezione, del grado di intensità che siamo capaci di provare e di vivere. Ed è questo Parigi. E' prendere consapevolezza fisica di anni di letture, di anni di studio, e vedere dal vivo opere che per anni hanno accompagnato la nostra formazione, le nostre notti. E' la consapevolezza che esiste un luogo della passione, che questa passione ha una vera possibilità d'esistenza. A te, grazie per l'affetto, l'amicizia, che ricambio e la dolcezza. Un abbraccio caro, è un vero onore averti qui...
Grazie anche a te, cara Maria Lucia, che regali al nostro discorso una nota scientifica, col tuo Heisenberg. Condivido pienamente quello che scrivi. Per questo, nonostante l'esistenza di centomila guide su Parigi, credo che mai nessuno abbia scritto quella che tu ti porti dentro, quella che senti, la città alla quale senti il bisogno di dare forma e voce. Speriamo di riuscirci. In ogni caso, per il momento, è bello condividere questo spazio di bellezza e di luce. Un abbraccio caro, a presto...
Simona cara, le tue parole sono sempre piene di mistero e di poesia. Hanno una loro magia sapienziale, e vengono sempre dal cuore. La tua citazione di Calvino è davvero splendida, del resto come ignorare la sua lezione e la sua meravigliosa riflessione sui luoghi urbani? Credo che pochi autori abbiano amato e fatto proprio il concetto di "città" come Italo Calvino. Una città da vivere, nella quale ritrovare se stessi e la propria identità. Parigi è tutto questo: un luogo d'immaginazione, un luogo d'incanto che nasce dalla città d'asfalto e s'imprime nella mente. Il tuo augurio, cara Simona, è splendido. Grazie di cuore. Spero di rileggerti ancora, un abbraccio caro...
Salve, sono arrivata a questo blog attraverso un altro, e devo complimentarmi con i curatori per la qualità grafica delle pagine e la preziosità dei suggerimenti. Vorrei un'informazione, se possibile. Ogni quanto viene aggiornato? Mi interesserebbe seguirlo. Grazie anticipate per la risposta...
Caro Luigi,
Parigi è una delle città che amo di più, sempre dopo Roma, perchè possiede una magia particolare. Ogni cosa si presenta in una luce tutta sua e il periodo dell'inizio d'autunno è per me il più suggestivo. Parigi si tinge dei suoi colori unici e tra la nebbiolina del mattino sembra sorriderci da un quadro di Renoir. Il cimitero di cui ci mostri le immagini si snoda tra viottoli che assomigliano alle vie infinite del cuore. Le lapidi mettono la tristezza di tutto ciò che passa e non può ritornare, ma le tombe dei grandi trasmettono anche la vita di quelle grandi menti, che vissero a Parigi e fecero Parigi. Cosa dirti della tomba di Baudelaire,poeta talmente trasgressivo che nella Parigi del suo tempo osava accompagnarsi a una bella mulatta infischiandosene altamente del parere dei suoi concittadini benpensanti? O del nobile Hugo, che teneva invece alla sua immagine più di ogni altra cosa? O della splendida Kiki e o della sventurata Jeanne, il cui grido muto risuona ancora per le vie di quel quartiere? Queste persone e altre hanno fatto Parigi. Il quartiere degli artisti, il quartiere più trasgressivo e pericoloso del tempo, rimane nella nostra anima indelebile e misterioso come una pennellata di Monet.
Maria Rita Pennisi
Caro Luigi,
mi scuso se intervengo solo adesso, ma è iniziata la scuola e ho avuto molto da fare.
Ti saluto affettuosamente anche da parte di Orazio, che non tarderà ad intervenire.
Maria Rita Pennisi
Cara Piera,
sono contenta di rincontrarti su Verso il faro. Spero di vederti presto. Ti saluto anche da parte di Orazio.
Con tanta simpatia
Maria Rita Pennisi
Caro Alessio,
le tue fotografie sono belle come i tuoi quadri, perché ci metti dentro le tue emozioni, i tuoi pensieri e la tua ispirazione.
Con affetto
Maria Rita Pennisi
Elisabetta cara, sono felice che nuovi lettori giungano tra le spire galleggianti del mio Faro. Benvenuta. In merito al blog posso anticiparle che troverà articoli di varia natura: interviste agli autori, recensioni a grandi classici, note di viaggio. Su Parigi, usciranno almeno una ventina di note diverse, e la cadenza sarà di almeno una ogni venti giorni, un mese. Voglio che la caratteristica di questo spazio non sia la frequenza o la velocità, ma l'approfondimento. Come avrà notato, i pezzi sono tutti molto ampi e particolareggiati. Desidero che siano quasi dei piccoli saggi, alcuni di essi un giorno saranno raccolti in volume e pubblicati anche in versione cartacea, e mi piace che il lettore attento e consapevole trovi qui ciò che manca altrove. Devo dire che la folla di amici e commentatori è numerosa, per cui voglio dare il tempo - a me di curare con la massima precisione e professionalità i vari articoli, ai lettori di assorbirli e gustarli con tutta calma. Torni spesso, vedrà che ogni mese ci saranno nuovi pezzi e nuovi percorsi creativi. Un saluto caro, un pensiero affettuoso anche alla sua Milano...
Maria Rita cara, grazie di aver scritto. Mancava la tua partecipazione, ne sentivo già l'assenza. E sono felice di ritrovarti tra le righe del Faro. Non sono d'accordo sul valutare una città più o meglio di un'altra, secondo me Roma e Parigi sono due bellezze diverse, me entrambi fascinose. Io ci vivo a Roma, e l'adoro, adoro la sua luce, adoro le sue strade millenarie, adoro le sue fontane, la sua acqua, i suoi crepuscoli, la sua pace. Ho fatto di tutto per viverci, per costruirmi lì la vita che sognavo. Ma al tempo stesso, devo ammettere - e lo faccio con tutta l'onestà di cui mi sento capace - che le emozioni che mi ha regalato Parigi sono uniche, direi insuperabili. Se dovessi fare un paragone, direi che Parigi ha vinto abbondantemente. Questo mix tra storia, cultura, fascino ed eleganza rende la città della Senna insuperabile. Davanti a certi miracoli di bellezza e di grazia, davanti alla cura e ai colori di certe vetrine, o alla grigia malinconia di certi mattini studiati tra le geometrie dell'ardesia, non c'è confronto che tenga. Parigi ha quella certa eleganza nordina, quella certa proprietà della luce, che trovo insuperabile. E poi, francamente, sento che questo nostro paese non viva affatto un bel momento. Vuoi per la presenza della Chiesa - che in parte ha frenato una certa emancipazione intellettuale e una certa libertà di costumi -, vuoi per il governo e gli atteggiamenti politici che ogni giorno continuiamo a subire. Tutto questo non ci rende amabili. E fuori questo si percepisce ancora di più, in maniera più forte e più incisiva. Certamente, pure a Parigi assistiamo a cose inspiegabili - come le ondate razziste e la vergognosa cacciata di Rom di questi giorni. Ma la città ha una sua speciale magia, qualcosa di unico che ha a che fare con la sua stessa storia e la sua pazzesca memoria culturale e artistica. Per quel che mi riguarda, credo che ci passerò lunghi periodi della vita. Sento che è entrata in me con una potenza indescrivibile. Carissima Maria Rita, grazie di cuore delle belle parole. Salutami tanto Orazio, spero di leggerti ancora e di discutere di questo anche insieme agli altri amici. Ci tengo a sapere cosa pensano al proposito...
"On ne vit qu'à Paris et l'on végète ailleurs" - Si vive solo a Parigi , altrove si vegeta - dichiarava Jean-Louis Baptiste Gresset, poeta e drammaturgo francese del settecento il che ci induce a pensare che già tre secoli fa la Ville Lumière regalava a piene mani forti emozioni.
Io ho “incontrato” Parigi per la prima volta a sedici anni e ne sono rimasta folgorata al punto che avevo deciso di viverci stabilmente . Capisco che tu abbia deciso di inserirla tra i tuoi programmi futuri e condivido pienamente la scelta. Una città come Parigi ha un fascino ineguagliabile con la maestosità dei suoi Boulevards da quando il barone Hausmann l’ha ridisegnata, la provocante sfida della Tour Eiffel che si erge come un’antenna verso il futuro contrastando la severità degli edifici circostanti e le piazze immense e traboccanti di luce, Place de l’etoile, De la Concorde…oltre il mistero delle sue ruelles nel quartiere latino dove la cultura è di casa e lo era ancora di più nel passato o tra le pittoresche stradine che serpeggiano la collina di Montmartre. In realtà credo che il segreto di Parigi stia nel fatto che ogni quartiere ha la sua storia,un suo personale fascino dando la sensazione che la città sia un meraviglioso puzzle composta da cento borghi diversi.
Caro Luigi ritrovo nel bellissimo diario di viaggio che ci hai regalato le stesse emozioni, autentiche, travolgenti che io provai allora. Un amore immediato, incondizionato per una città, che amo definire un’isola culturale, un’enorme cellula traboccante energia che ad ogni passo ti racconta il passato ma ti lascia intravedere anche il futuro.
Condivido l’opinione di Piera Mattei sull’individualità delle emozioni che toccano corde diverse del cuore di ogni animo umano. La Parigi di Luigi, certo, la “sua “ Parigi, ma perché non la nostra Parigi? Suggerisco uno stage all'ombra della Tour Eiffel, e sono certa che la nostra scrittura ne uscirebbe notevolmente arricchita. Un saluto ad Alessio e a tutti gli amici del blog. Caterina
Carissima Caterina, il tuo racconto è suggestivo, ti ringrazio molto. Ogni incontro con Parigi ha segnato nella vita di tutti una sorta di battesimo, di rivelazione. Credo che pochi altri luoghi al mondo - e tra questi possiamo certamente aggiungere l'amata Roma o l'ombrosa Venezia - facciano sentire con la stessa brutale forza, con la stessa passione la grazia, la ricchezza, il fascino della propria storia culturale e artistica. Poche città come Parigi, con la sua bellezza, la sua eleganza, il suo potere evocativo. Sono felice che questo pezzo ti sia piaciuto, perché è il primo di una lunga serie - saranno almeno venti puntate - che in seguito ho deciso di raccogliere in volume. Continua a seguire le altre puntate, cara Caterina, e lasciami ancora dei commenti belli come questo. In merito all'idea di andarcene tutti a lavorare a Parigi non sarebbe male. Si dovrebbe valutare con attenzione. Un abbraccio caro e grazie ancora del contributo al blog. Un abbraccio...
Conosco le vicende di molti degli artisti qui citati, ma ignoro quasi completamente la storia di Kiki che La Rosa illustra nel suo articolo. Mi piacerebbe saperne di più. Grazie...
Michele caro, grazie di aver scritto una seconda volta al mio blog. Il suo interesse per il taccuino e per gli argomenti da me affrontati nel corso di questa prima puntata mi commuove. Siete voi che rendete possibile l'esistenza di uno spazio come questo. Grazie davvero. Dunque, mi chiede illustrazioni in merito a Kiki di Montparnasse. Posso dirle con esattezza che troverà interessanti ragguagli facendo un breve giro su internet. Oggi, Kiki - chiaramente un nome d'arte - riposa nel cimitero di Montparnasse, lo stesso in cui si trovano Baudelaire e Maupassant. E' stata una figura sconvolgente e luminosa, di donna e di artista ribelle, che ha scardinato con violenta grazia le stupide convenzioni del suo tempo. Figlia di una madre che la voleva a tutti i costi fornaia, Kiki fugge dallo squallore di una vita ordinaria per mezzo della magia del suo corpo, della sua bellezza, che verrà immortalata dai maggiori fotografi del suo tempo e che - a differenza dell'abuso del corpo che si fa oggi - consentirà a un'idea puramente estetica di diventare arte. Celebre il suo ritratto di schiena che si trasforma in violoncello. L'avrà visto di sicuro. E' stata amata anche da Hemingway, che ne capì il genio e lo descrisse nella splendida prefazione alla sua unica biografia esistente. Tutt'oggi in lingua inglese. E' una figura estremamente affascinante, impegnata - pensi solo che partecipa alla campagna antinazista distribuendo volantini e rischiando di persona la vita. Tutto questo è poetico e ammirevole, insieme alla sua vita disperata ed evocativa, insieme al mistero della sua fine, del suo infelice declino. La invito ad approfondire il personaggio, e a seguire le prossime puntate di questo mio taccuino parigino. Torneremo a sentir parlare della grande Kiki. Un sincero abbraccio...
Complimenti, bel pezzo, belle fotografie...
Grazie cara Elena, continui a seguirmi. Un saluto...
ciao Luigi finalmente ti posso scrivere anche io.come ti ho promesso anche se con molto ritardo stamattina mi sono svegliata presto e nel silenzio del mattino ho potuto assaporare un po' del tuo viaggio. quando racconti di quello che vedi è come essere li con te e condividere esperienze mai vissute. io a Parigi non ci sono mai andata ma confesso che la voglia di farci un salto mi è venuta...magari chissà. complimenti all'autore delle foto (che sono bellissime)e grazie anche a te che ogni giorno poco alla volta mi fai scoprire angoli di mondo ai miei occhi ancora sconosciuti fino a ieri... in attesa del tuo secondo post parigino ti aspetto... chiara castro
Chiara carissima, la cosa che mi scrivi è forse la più bella in assoluto: il fatto che questi miei pezzi ti facciano scoprire angoli di mondo mai visti prima. E' questo che la scrittura di viaggio dovrebbe sempre esprimere, secondo me. Questo che cerco in autori come Goethe o Chatwin, viaggiatori d'eccellenza, lontani per tempi e per esperienze, ma accomunati dall'incanto e dalla purezza dello sguardo. Uno sguardo bambino. Questo far scendere fin dentro la sostanza delle cose, nel loro spessore, nella loro profondità. E questo è stato per me Parigi: una scoperta, una rivelazione continua, e insieme un bellissimo riconoscimento. Continua a seguirmi ancora, e scrivi spessissimo. Un abbraccio caro, a presto...
Bellissimo pezzo davvero, complimenti! Parigi è una magia che chi di noi ha sperimentato non può non ritrovare nelle parole di questo articolo denso di suggestioni e di riferimenti...
Grazie cara Marina, sono felice che il mio taccuino parigino sia di suo gradimento. Continui a seguire il blog e scriva quando vuole. Un caro saluto
Certamente, continuerò a seguire e scrivere. Mi sono sentita come a casa. Saluti affettuosi
Carissimo Luigi,
che emozione leggere le tue pagine su Parigi. E' vero, è una città che lascia il segno dentro. Che mi ha lasciato il segno dentro. Mi stai facendo venire voglia di andarci di nuovo, per camminare sui suoi boulevards e respirare quelle atmosfere. E soprattutto per visitare il cimitero di Montparnasse che mi sono persa...
Un abbraccio grande, Claudia
Claudia, cara, quello di Montparnasse è un cimitero fantastico e un luogo di pace. E' uno di quelli che mi hanno colpito maggiormente. Non tanto per la quantità di tombe - che pure sono parecchie, e tutte quante meravigliose - ma perché è quello in cui maggiormente si respira questa sensazione di incontro, o di incrocio, tra la vita e la morte, tra la città e le lapidi, tra il raggio di sole quotidiano e la segreta austerità del mondo sotterraneo e trapassato. Tutto questo nel cimitero di Montparnasse è visibile, percepibile, lo respiri nell'aria. Per questo lascia il segno. Siamo in tanti a doverci tornare presto a Parigi, la proposta potrebbe essere: partiamo tutti insieme? :-) Grazie di avere scritto, continua a seguirmi anche nelle prossime puntate del mio taccuino parigino...
Caro Michele,
la figura di Alice Prin, in arte Kiki, emana un fascino particolare. Su Kiki c'è tanto da dire, ma forse non basterebbe un mese per raccontare della sua vita. Kiki non era nata da un matrimonio regolare, ma da una madre nubile di umili origini. Sin da piccola manifesta un carattere anticonformista e posa nuda per la prima volta a 14 anni. La sua attività principale fu quella di modella, anche se durante la sua vita fece tante altre cose. Scandalizzò la Parigi degli anni '20, posando senza veli per pittori e fotografi. Famosissima la sua foto Violon d'ingres di Man Ray, che fu il suo amante per lungo tempo. Come tutte le sue relazioni, anche questa finì male, perché diciamo che la bella Kiki non aveva quel che si definisce "un carattere di facile approccio". Kiki fu talmente disinibita e anticonformista, che nel '29 scrisse un'autobiografia talmente osè, che negli USA fu proibita fino al 1996. Accanto alla Kiki sopra le righe coesisteva anche una Kiki senza paura, che le fece avere il coraggio di fare volantinaggio contro i nazisti. Morì nel 1953 distrutta dai suoi stessi eccessi.
Maria Rita cara, che bella la tua spiegazione, credo che Michele ne sarà felicissimo. Saluto sia te che lui. kiki è una di quelle donne che hanno fatto la storia, segnando il suo tempo e la città in cui visse. Senza Kiki, Parigi non sarebbe Parigi, non credi? Un saluto caro, spero che Michele possa gradire la tua meravigliosa spiegazione. Un abbraccio, a presto...
Grazie alla signora Maria Rita Pennisi, che ha soddisfatto con competenza e premura la mia curiosità. Saluto lei e Luigi, che ha realizzato questo spazio e rende possibile tutto questo...
Buongiorno, devo dire che ho trovato anche io molto interessanti e singolari le indicazioni della signora Maria Rita. Tanti auguri per il blog...
Sento davvero l'esigenza, giunti a questo punto, di ringraziare quanti davvero state prendendo parte a questo forum. Lo avete reso ricco, vero, interessante, naturale. E' questo che sognavo quando ho deciso di fondare "Verso il faro". Questa adesione profonda, graduale, "lenta", che aggiungesse voci e commenti senza sovraffollamenti, senza il caos infernale dei media del nostro tempo, ma con il tempo "pacioso" della riflessione, della degustazione e del libero pensiero. Siete in tanti, tantissimi, e tutti avete espresso concetti bellissimi, vi ringrazio di cuore. Vi anticipo che tra qualche settimana uscirà la seconda puntata del Taccuino Parigino. Si parlerà di amori tormentati, amori parigini, incontreremo due miti dell'amore contrastato (Abelardo ed Eloisa) e ne ripercorreremo insieme i luoghi, le immagini, le dimore. Vi anticipo che sarà un viaggio ancora una volta appassionante e pieno di mistero. Spero di leggere ancora dei vostri commenti, il Faro non si spegne mai. La sua luce continua a pulsare, ininterrottamente, nella solitudine siderale dei tempi bui in cui viviamo. Giorno e Notte. Saluti a tutti...
Caro Michele e cara Elisabetta,
vi ringrazio moltissimo per le vostre belle parole e spero di incontrarvi ancora sul blog.
Maria Rita Pennisi
Caro Luigi,
che bello rincontrarti su Verso il faro! Ti ringrazio per le tue parole. Il faro che tu hai acceso ci tiene uniti costantemente e ci fa diventare amici. Anche se di noi conosciamo solo le parole e non i volti, per dirla alla Dante, "tornan d'i nostri visi le postille" seppure sotto forma di parole. E dalle parole non è poi tanto difficile capire che personalità abbiamo. Qui siamo in presenza di una cosa bellissima: l'amore per la letteratura, l'arte, la cultura in generale, tutte cose che ci uniscono e ci fanno sentire vicini. Ciao
Maria Rita
Cara Maria Rita, è bello anche per me. Grazie sempre. Un abbraccio...
Che bello questo spazio: ben scritto, buone foto, ottima impaginazione. Auguri!
Caro Enzo, grazie del suo entusiasmo. Continui a seguirci. Un saluto...
Che bella l'idea dell'anti-guida!
Io, che a Parigi non ci sono ancora stata mai, l'ho immaginata e sognata dalle tue parole e l'ho sentita così vicina perché mi sento vicina al tuo modo di vederla.
Non vedo l'ora di leggere il seguito...
Un saluto a te e anche a Maria Lucia, Alessio, Piera Mattei, Francesco Costa (se è lui...), Claudia, Lorenza, Maria Rita...
Carla
http://carlape.splinder.com/
Carla cara, vedo che ti piace quest'idea dell'anti-guida. Sono contento che le mie parole ti abbiano trascinata dentro. Parigi è una città unica al mondo, che uno scrittore o un artista non può non conoscere. E' una specie di rivelazione - o almeno, così è stata per me, tanto da cominciare a studiare bene il francese, la letteratura e la cultura francesi. Il taccuino - che sarà un libro - si comporrà di ben 20 puntate, interamente dedicate agli spazi, agli ambienti, ai luoghi e agli artisti parigini. Continua a seguirmi e tanti, tantissimi auguri per il tuo blog, che visiterò presto...
Ho visto la tua visita... grazie
spero di lasciarmi prendere la mano e afferrare un aquilone che possa portarmi verso i cieli più alti...
Tanti auguri per questo nuovo impegno (che si aggiunge ai molti altri...)
a presto
Carla
http://carlape.splinder.com
Certamente la scrittura ti trascinerà, cara Carla, come la passione per le cose che amiamo. Grazie degli auguri. Un abbraccio, a presto...
Carla carissima,
grazie per i saluti, che ricambio affettuosamente.
Io mi sono innamorata di Parigi, quando ero bambina. Quando vidi per la prima volta in TV il film "Sabrina" che rivedo ogni volta che lo ripropongono e che ho visto anche in una nuova versione con Harrison Ford e Julia Ormond. Quel quartierino alberato, quel suono triste dell'organetto, la Vien rose (spero sia scritto giusto perché io non conosco il francese) mi hanno toccato il cuore e molti decenni dopo sono riuscita a coronare il mio sogno: andare a Parigi. La sensazione che ho provato, per dirla con il sommo padre Dante "Intender non la può chi non la prova". Parigi è un insieme di odori, di sapori, di ampie vedute, di vicoli stretti, di piazze, di immensi viali, di guglie che toccano il cielo, di voci, di musiche, di locali, che ti restano nel cuore. Parigi è la vita che scorre nelle vene. Parigi è la vita di tanti artisti, che confluisce nella tua e quando sei là ti senti partecipe di tutto ciò. Vacci appena puoi e mi saprai dire.
Un saluto Maria Rita Pennisi
Caro Luigi,
che piacere incontrarti, anche se solo sul blog.
Ci vediamo il ventuno.
Saluto tutti coloro che scrivono su verso il faro e in particolar modo Carla, Piera, Francesco, Lia, Alessio, Simona, Maria Lucia, Massimo, Salvo e tutti gli altri.
Maria Rita
Ciao Maria Rita cara, pure per me è una gioia leggerti. Presto, la rubrica sul libro di Sandra Petrignani e poi la seconda puntata del taccuino parigino. Ti anticipo che sarà dedicata agli amori infelici ma eterni, e si parlerà di Abelardo e di Eloisa. Seguimi sempre e continua a lasciare i tuoi sentiti commenti. Saluto anche gli altri amici che mi seguono con affetto, rendendo vivo questo blog...
Posta un commento