mercoledì 13 luglio 2011

Quel fuoco sfavillante sotto la polvere...

Attraverso l'alchimia
delle passioni e
delle contraddizioni,
la ricerca di una donna sola, coraggiosa,
costretta a ripensare
al futuro e a rimettere
completamente in gioco
la sua vita e il ricordo
del proprio uomo...

Tenera, confusa, vera e irriverente,
la protagonista di "Scusate la polvere", il nuovo romanzo di Elvira Seminara, è una donna che si racconta con la struggente necessità di chi ha bisogno di capire. Una commedia nera e brillante, acuta e piena di humor, cattiva e sublime insieme, che conquista il lettore dalla prima pagina all'ultima, divertendolo, e lasciandogli in bocca
una commozione che ha l'impalpabile retrogusto della sorpresa
...

Ogni volta che mi trovo davanti a buona parte della letteratura siciliana vengo colpito da una duplice dolente impressione: quella calda e rassicurante di starci "dentro", e l'impressione ribelle, meticcia, trasgressivamente personale di volermene restar "fuori", appartato, discosto per collocazione anagrafica quanto per sensibilità e dimensioni dello sguardo. Di farne parte, insomma, e di trovarmi oltre. Altrove. In un territorio alieno, assai più vasto e consonante alle mie corde segrete e ai miei spasmi di fuggitivo.

Sono pochi gli scrittori - Sciascia e Bufalino, per citarne alcuni (pochissimi i contemporanei) - che davvero, completamente, mi fanno percepire la coesistenza incantata di quei mondi altri, che il narratore puro deve avere la forza di sentire, di contemplare, ai quali guarda e dei quali si fa cantore, senza per questo tradire l'animo mediterraneo e quel sentire isolano che da sempre caratterizza la complessità delle nostre radici sociali e cu
lturali.

Mi scopro distratto da orizzonti più densi e più complessi, che guardano a storie lontane, veri e propri edifici affabulatori a noi sconosciuti per tempo e
spazio, che mi rendono figlio di lingue e linguaggi non miei. La letteratura francese, ad esempio, quella tedesca, l'americana, l'anglosassone: tutti ambiti e giardini felici, che hanno forgiato e rafforzato la mia passione per la parola, nei quali ripescare ricordi e déjà vu.

Ma pure tra gli scrittori siciliani ci sono tuttavia fertili eccezioni. Scrittori che guardano al di là di regionalismi e di futili confini, che hanno un'attenzione profonda alla realtà, aderente alle cose, partecipe dello spirito del mondo. Uno di questi è Elvira Seminara, che già col precedente romanzo, L'indecenza, era riuscita a fondere magnificamente le atmosfere torbide e gotiche della dimensione siciliana alle sfere del dissidio interiore, della crepa psichica, della ferita esistenziale, regalandoci un affresco famigliare di notevole complessità e spessore. Dimensione che tornava pure nelle storie de I racconti del parrucchiere, sorta di moderno canzoniere dell'attimo, racconti del malessere e della ricerca (o della perdita di sé) all'interno della dimensione metropolitana - contemporaneità filtrata alla luce del mistero e della comprensione letteraria.

In questi giorni, l'autrice torna in libreria col nuovo bellissimo Scusate la polvere (Nottetempo), che co
nsiglio a tutti per l'ampiezza della visione, la ricchezza di spunti e prospettive, e la brillantezza del racconto, che si snoda dal principio alla fine con una freschezza e un'ispirazione di tratto davvero invidiabili. Un libro che guarda ai grandi modelli anglosassoni, che slaccia l'avventura narrativa da qualunque presupposto di localismo e provincialismo, per indagare un dramma tutto umano che si carica a ogni rigo di diverse componenti emozionali: rancore, paura, sofferenza, rimpianto, stupore, tenerezza. Sfumature che Elvira Seminara racconta col piglio di un'attenta osservatrice - una scrupolosa ritrattista del vero.

Voglio proprio partire da dove tutto ha inizio: dal pomeriggio di luglio in cui mi ritrovo questo libro tra le mani e incomincio a sfogliarlo, in una delle sempre più lunghe e frequenti passeggiate romane pomeridiane. Uscire nel crepuscolo con in mano un libro da leggere - poche altre città offrono un piacere tanto intenso. Sarà la dimensione dolce della luce, e la morbidezza del cielo dietro i tetti della capitale. Sarà l'ansia di divorare storie, sempre sul punto di strapparti al caos del giorno e precipitarti tra le nebulose dell'inganno letterario. Fatto sta che la storia di Scusate la polvere mi rapisce letteralmente, con quella tenacia di seduzione che hanno i libri autentici, quando diventano padroni del tuo tempo, dei tuoi impegni, della tua volontà. Della tua vita.

Elvira Seminara è uno dei pochi autori che conciliano i miei gusti letterari "esteri" con la buona scrittu
ra siciliana - per la modernità delle invenzioni, per l'originalità delle intuizioni, per la forza di uno stile sempre innovativo e mai uguale a se stesso. O forse, soprattutto, per la verità delle storie che il teatro della parola mette in scena. E il teatro della vita - perché teatrali sono le situazioni, le contraddizioni, gli strazi degli amabili personaggi del libro. Teatro è il titolo - irriverente, provocatorio, geniale e giocoso quanto l'epigrafe che Dorothy Parker - la celebre scrittrice e giornalista americana, che dissipò la sua esistenza tra le luci della ribalta culturale e gli abissi del proprio tormento individuale - volle sui marmi della propria tomba. Teatro sono gli inganni dei quali è vittima Coscienza - dalla più esilarante declinazione del nome che il circolo delle amiche fervidamente le attribuisce -, e un assoluto coup de théatre è il toccante finale che chiude il cerchio della vicenda, e con esso delle attese del lettore.

Dalla Parigi raffinata di rue de Rivoli - città eterea e spumeggiante, talmente bella da sembrare avvolta in una perenne nebbia di tulle - alla Sicilia dell'imprevisto e della tragedia. Una telefonata, un annuncio di morte, la perdita del marito e un lutto dolorosissimo da elaborare. Perché questo misterioso marito - narrato in absentia, e quasi ombra di teatrale suggestione pure lui - non era affatto solo. In macchina, a precipitare nel fosso al suo fianco, ecco la presenza improvvisa di una donna. Un'altra. La rivale. Coscienza deve accettare l'intollerabile scoperta del tradimento, cercando di tirarsi fuori dalla disperazione e abbozzando una prima mappa di sopravvivenza.

Da qualche tempo Coscienza vive scrivendo tesi per studenti fuori corso, come l'avvenente Jacopo, con la sua aria low-cost, strapazzata e vaga. Si circonda di amiche stravaganti, disposte a dividere con lei gli amari morsi della vita. Mia, esperta di catering creativo, e vera e propria artista del gusto. E Alice, ex interior designer e sorta di alter ego della protagonista, tutte quante impegnate nel faticoso traghettamento verso l'emancipazione e il superamento delle proprie solitudini. La trama tesse insieme le giornate di questi credibilissimi personaggi, conferendo alla struttura della storia i toni di una partitura musicale: i bassi del dolore vengono armonizzati dai fiati della speranza e della rivincita, e quando i violini dell'amore mancato e della nostalgia sembrano stridere impazziti, c'è sempre un a solo che consente di voltare pagina, di ricominciare l'avventura laddove la morte pareva averla violentemente cassata.

Briosa, mozartiana, acuta e a tratti commovente, la trama del romanzo di Elvira Seminara ci restituisce una vera e propria commedia degli equivoci, in grado di cucire gli opposti in un unico disegno raffinato e spiritoso, umoristico, intelligentissimo e pieno di invenzioni. Le più interessanti sono proprio quelle del linguaggio: azzerato, reinventato, forgiato su un continuo senso ludico della sfida e della sorpresa, uno strumento flessibile, che si piega alle esigenze del racconto con profonda umiltà, brillando laddove le trovate vengono fuori come insospettabili accensioni, epifanie del sorriso, tocchi salutari all'opacità del vivere e del pensare.

Partiamo dal titolo: scegliere Dorothy Parker è già indice di una precisa poetica di trasgressione e originalità. Com'è giunta a tale scelta?
Scusate la polvere è l'epigrafe che Dorothy Parker ha voluto sulla sua tomba, l'ultimo scherzo sulle sue ceneri. Volevo una storia così, che facesse strage dei luoghi comuni, della retorica libresca e sentimentale che ci sommerge.

L'irresistibile storia di Coscienza nasce bizzarramente da un lutto. Ma attraverso l'invenzione continua della scrittura e l'uso delle metafore che arricchiscono e rendono vivo il tono del racconto, lei riesce a fare della sua vicenda qualcosa di più stratificato e più complesso. Scusando il bisticcio di parole - la storia di una presa di coscienza, di un riposizionamento nel mondo, di un nuovo sguardo sulla realtà dei sentimenti e del vissuto. Qual era l'idea di fondo che l'accompagnava mentre scriveva?
La parola "coscienza" è fra le più pronunciate in Italia. Facciamo continui appelli alla coscienza, cerchiamo di risollevarla o risvegliarla tra coscienza sporca e coscienza pulita, coscienza etica o civile! Mi piaceva l'idea di battezzare con questo nome impossibile una donna ironica e stravagante, cinica per innocenza, magica per necessità. E poi è bello seguire le sorti del suo nome, c'è chi la chiama Cosce, chi Scienza, chi Enzima, chi Zen o molto più prosaicamente Enza. In fondo, da Cosce a Zen c'è tutto l'arco di possibilità di una stessa donna, no? Beh, sì, in coscienza mi sono divertita molto a raccontarla. Nello spirito ebbro e irriverente di Dorothy Parker, of course.

Nel romanzo si avverte una certa urgenza delle passioni, che diventa anche l'urgenza della protagonista di far luce sul rapporto col fantasma del marito. Il ritmo è fluido, ininterrotto, musicale. Quali sono stati, pertanto, i tempi della redazione dell'opera?
L'ho scritta in un flusso di Coscienza, appunto. Un mese. I fantasmi, inclusi quelli letterari - ormai evocati non mi lasciavano tregua. Non ho mai riso tanto quanto durante la scrittura. In fondo, è una storia di spirito ma anche di spiriti. E forse per questo coliticamente scorretta.

La grande freschezza del romanzo sta anche nella capacità di raccontare un dolore attraverso l'eleganza, il brio, la luce calda di un sorriso. Questo "mix" felice e vincente è a mio parere il grande segreto dello stile di Scusate la polvere. Quanto è stato difficile - se lo è stato - raggingere tale particolare equilibrio espressivo?
La difficoltà tecnica era nel dosaggio, nella partitura delle note più diverse. Volevo una storia malincomica - scritto così: con la "m". Insieme struggente e umoristica. In punta di penna, senza forzare ma senza ghirigori. Come danzare sull'orlo guardando il cielo e insieme il fosso.

Sia nel precedente romanzo, L'indecenza, che in questo, il tema della crisi sentimentale e matrimoniale è al centro dell'obiettivo narrativo. Nell'altro libro la vicenda assumeva toni foschi, da romanzo gotico, per certi versi. Qui, invece, il tono è quello di una raffinata commedia, in grado di divertire e di commuovere il lettore. Due soluzioni diverse, che presuppongono la capacità da parte di chi scrive di assumere posizioni e intonazioni differenti. Quanto crede che per uno scrittore sia importante variare sguardi e punti di vista sulla propria materia narrativa?
Per crescere, nello stile come nella vita, devi contraddirti, dubitare, persino perderti. Quanto ai temi, penso che il sistema modulare della coppia si presti perfettamente a ospitare una scrittura della crisi. Non solo dal punto di vista tematico, ma anche tecnico, perché ogni crisi di coppia è un congegno narrativo perfetto: c'è dentro infatti il gioco delle identità, l'indagine, il conflitto, la nostalgia, l'ambivalenza, l'odio. Insomma, tutta la materia della vita. Una bolla esistenziale che esplode.

C'è qualcosa in cui Coscienza le somiglia? E qualcosa, di contro, per la quale è completamente diversa da lei?
Io penso che c'è un barlume di Coscienza in ogni donna. L'idea delle tesi bislacche in effetti è un pò autobiografica. Che avete capito, mica nel senso che anch'io come Enza le facevo in nero! Ma quando insegnavo a contratto nella facoltà di Lettere e assegna
vo le tesi, mi piaceva trovare tagli nuovi, non sempre bene accolti. E anch'io come lei ho il dolico-colon. Tutto qui. Giusto a fugare ogni dubbio, ho da qualche parte un diploma di laurea, non odio i bambini (ho due figlie meravigliose). E ho una distinta coscienza ecologica!

La protagonista del romanzo è una donna amabile, in grado di inventarsi continuamente, di mettersi in discussione, di affrontare il dolore senza retorica e atti eclatanti, ma mordendo i giorni, così come vengono, andando loro inc
ontro e cercando di fronteggiarli con destrezza e ironia. Qual è il suo personale rapporto di scrittrice e di donna con questo sentimento?
Visto che l'ironia, come la polvere, si può infilare dappertutto, cerco di praticarla più
possibile. E poi dovremmo smetterla di combatterla (la polvere) come un nemico. La polvere è amabile perché copre ugualmente ogni cosa, povera e ricca, e annulla le differenze, insomma è anche democratica e trasversale.

I suoi libri nascono da progetti preparatori accurati, lungamente premeditati, oppure sono frutto di quella che i più chiamano la cosiddetta "ispirazione"?

Progetti sì, ma non troppo precisi, e comunque facili da rinnegare.

Lei ama definirsi una "canta-scorie". Potrebbe chiarire maggiormente questo concetto?
Mi piace l'idea di recuperare gli scarti abbandonati fra le cose e i pensieri, certe parole in disuso perché fuori moda, certi sguardi spaiati che nessuno raccoglie, frammenti di idee, cocci. Riconvertire e ricliclare è il mio sistema di vita. Fabbrico anche gioielli e borse con cose rotte e perdute.

Toccante, il finale del romanzo, e il colpo di scena che in esso viene messo in asso. Quali sono state le reazioni dei lettori? Quante sono le donne che si sono ritrovate nei sentimenti, nei drammi, nelle difficoltà interiori di Coscienza?
Tantissime, ed è la sorpresa più magica di quest'avventura pericolosa e trasgressiva. Ricevo lettere di donne che mi dicono grazie per questi sorrisi ritrovati e contagiosi.

Ciò che mi colpisce nella sua scrittura è questa capacità di evocare luoghi e situazioni che vanno ben al di là della tradizionale letteratura siciliana. Il suo stile mi fa pensare piuttosto alla letteratura inglese, anglosassone, europea in genere. Ci sono maestri e punti di riferimento importanti nella sua formazione di scrittrice?

Beh sì, io amo Fay Weldon, Jonathan Coe, Iris Murdoch, Margaret Atwood, Alan Bennett.

Quanto influisce il suo mestiere di giornalista sullo sguardo letterario? Vivere in stretto rapporto con la cronaca l'ha resa una narratrice differente?
Sicuramente, prima ancora della sintesi e dell'efficacia, la cronaca ti insegna a osservare il mondo.

Un tema centrale nel romanzo è quello dell'amicizia tra donne. Non crede che la letteratura abbia ancora, per dirla con Virginia Woolf, l'inderogabile dovere di raccontare questa meravigliosa sfera dell'essere?
Certo, questo non è affatto un romanzo su un lutto, ma sull'amicizia femminile, la sorellanza.

In cosa si sente "siciliana" e in cosa, invece, lontana dalle dimensioni della nostra cultura?
Penso di avere già risposto dichiarando le mie passioni. Sono una siciliana transfuga, meticcia, migrante.

Un consiglio per un giovane o una giovane che sognano di raccontare storie?
Smettere di sognare e osservare gli altri, ascoltare il mondo.

Luigi La Rosa



In ordine di apparizione le fotografie utilizzate in questa pagina sono di:

1) Francesco Ruggeri.

2) Valerio D'Urso.


3-4) Marta Di Grado.


Si ringraziano gli autori per la gentile concessione...

22 commenti:

mavie parisi ha detto...

Quando da studentessa di scienze mi veniva dato da scegliere tra un manuale di autore americano o inglese e uno di autore italiano, io non avevo dubbi. Compravo il primo. E questo poco aveva a che vedere col fatto che gli studi di genetica e biologia in quei paesi fossero all'avanguardia. Era proprio la maniera in cui erano scritti che mi attirava. La rigorosa trattazione scientifica non faceva mai a meno del senso dello humour, tipico di quei paesi. Una esposizione ariosa e leggera si faceva strada, quasi untuosamente attraverso l' ineluttabile pesantezza degli argomenti. Cosa c'entra questo con l'ultima fatica di Elvira (che poi si vede proprio che non è stata una fatica ma un piacere)? Non so. Quello che so è che in "scusate la polvere", l'ironia sanguigna "de noantri" (mi passerete l'espressione, sto scrivendo da un bar di Campo dei Fiori) si sposa (matrimonio riuscito, s'intende) con un'ironia più elegante e raffinata, ma non per questo meno graffiante tipica degli anglosassoni. Così come per descrivere un neurone non era necessario essere burberi ad ogni costo, anche Elvira non ha ritenuto necessario trattare argomenti forti e profondi avvolgendoli in storie lacrimevoli. E' bello ritrovare quasi in ogni pagina, frasi su cui fermarsi a riflettere o semplicemente gustose da rileggere. Così ricche di trovate linguistiche originali ma non per questo usate con pedanteria. Adesso smetto perchè devo proprio leggere le ultime pagine seduta in questo baretto circondata dall'allegria dei venditori che si lanciano battute da un banchetto all'altro mentre sistemano, rendendo leggera l'aria e il loro lavoro. Auguri Elvira e grazie come sempre a Luigi

Anonimo ha detto...

ehi mavie, grazie per avermi portato a Campo dei Fiori, adoro quel mix di essenze e orme veloci ! bello quello che scrivi...ebbene sì, siamo dentro le stesse coordinate!Buona lettura e buon gelato !

!dimenticavo, sono elvira

Luigi La Rosa ha detto...

Salve a tutti, cari lettori. Ringrazio Elvira Seminara per la gentilezza e le belle risposte alla mia intervista. Un grazie di cuore a Mavie, che dal suo bar di Campo de' Fiori ha trovato il tempo, il modo e la voglia di seguire il mio blog e l'intervista. Condivido ciò che dice: chiudersi entro confini letterari angusti significa morire al pensiero, allo stile, alla libertà. Pure io ho i miei modelli altrove, lontano dall'isola, in letterature "altre" che sento a me più simili per sensibilità e formazione, nonostante adori comunque scrittori come Bufalino, Sciascia e tantissimi altri. Uscire dal recinto è fondamentale, e il romanzo di Elvira Seminara lo insegna chiaramente. Con garbo, intelligenza, ironia. Auguro al suo libro tanta fortuna. Un abbraccio caro a tutti...

Anonimo ha detto...

Luigino complimenti, tra un caffé a Parigi e un intingolo di cavallette a Pechino, riesci sempre a proporre dibattiti interessanti. E complimenti a Elvira per il suo bellissimo libro, l'ho letto con gusto.

Salvo Zappulla

Luigi La Rosa ha detto...

Ciao Salvo caro, a Parigi sto per andarci. Per Pechino devo ancora attrezzarmi. Ma sono felice che le mie proposte ti piacciano. Sì, il libro di Elvira è davvero vivace e interessante. Ci sentiamo presto, un abbraccio

Marina ha detto...

Salve, non conoscevo l'esistenza di questo blog. Voglio complimentarmi con chi lo cura per la qualità della scrittura e dei testi. Complimenti alla scrittrice, che andrò a cercare in libreria. Scoprire scrittori nuovi è importantissimo. Ad maiora.

Anonimo ha detto...

Buona giornata a tutti. Non ho ancora letto il libro di Elvira Seminara, ma è fra i miei programmi di lettura a breve. Sono innanzitutto attratta dal titolo, per gli echi non solo e non tanto letterari; inoltre, da lettrice entusiasta del primo romanzo della scrittrice catanese, aspettavo di rileggerla.
Dell'intervista mi colpisce soprattutto la definizione di canta-scorie, di persona che raccoglie e ricicla cocci e materiali di scarto, che l'autrice dà di se stessa. E' una visione della scrittura che sento molto vicina alla mia sensibilità.
Ci rileggeremo dopo che avrò letto.
Ciao, Luigi, colgo l'occasione per augurarti buon viaggio. Ci teniamo in contatto telematico.
Rosalia Messina

Luigi La Rosa ha detto...

Cara Marina, grazie dei complimenti e grazie di essere approdata al mio "Faro". Siete in tanti, e tutti molto appassionati, e questo è bello. E poi, sta nell'idea stessa del Faro - una luce che tagli l'oscurità del nostro tempo - la volontà di farsi riferimento, indicazione di percorso, mappa creativa ed esistenziale. Il libro di Elvira Seminara è davvero bello e davvero molto "poco italiano", nel senso di una complessità e di un brio che fuoriescono dal panorama letterario del nostro paese e della nostra isola. Puntano alla grande letteratura europea o americana, a modelli che sono "altro" e "altrove". Spero che la sua lettura possa sedurla. Continui a leggerci e a intervenire nel dibattito del blog. Cari saluti.

Maria Rita Pennisi ha detto...

"Scusate la polvere" di Elvira Seminara, è un romanzo originale, perché coniuga due culture diverse, quella occidentale e quella orientale. Quindi, se lo stile elegante ci riporta alla cultura mitteleuropea dei primi del Novecento, l'occhio sul mondo di Elvira ci fa immergere nel misterioso oriente. Il tutto è magistralmente avvolto in questa sottile ironia molto anglosassone, che invade ogni cosa, come la polvere. L'ironia rappresenta l'unica via di salvezza che ha l'uomo, per sfuggire al peso quotidiano dell'esistenza e per cercare di accettare il mistero della vita. Un libro che parla di donne, che invece sta piacendo molto anche al pubblico maschile, perché apre spiragli di conoscenza sull'animo femminile, pur non ne svelandone del tutto il mistero.

Maria Rita Pennisi

Luigi La Rosa ha detto...

Rosalia cara, grazie degli auguri. Ti penserò a Parigi, e penserò a tutti i momenti belli che abbiamo condiviso e continueremo a vivere insieme. Mi riallaccio alla tua annotazione: quello della "canta-scorie" è un concetto importante, che diviene anche perimetro di una poetica ben precisa. La poetica dell'altro. La poetica della cicatrice, della crepa interiore, della solitudine e del vuoto di cui spesso siamo vittime. Di cui ci rende vittime la società. Vedere l'altro significa leggere nella filigrana del suo abisso. E gli scrittori devono, sempre, fare questo. E' questa la loro missione. Il loro imprescindibile compito. Grazie di essere intervenuta, spero di leggerti ancora. Auguro anche a te una buona estate, piena di creatività e di scritture. Ci sentiamo da Parigi, un bacio...

Luigi La Rosa ha detto...

Maria Rita cara, grazie anche a te del prezioso contributo. L'accento che poni sulla questione "femminile" è particolarmente interessante. "Scusate la polvere" è un libro "di" donne e "sulle" donne, che parla tuttavia anche agli uomini. Ai loro bisogni di comprensione. Ai loro oscuri interrogativi. E' un romanzo che sa fare tutto questo con grazia, con ironia, con calviniana levità. Trovo davvero bello che un autore siciliano abbia dei modelli nello humor anglosassone e nell'intelligenza d'oltralpe. Lo trovo fondamentale per la nostra cultura e per la letteratura siciliana. Trovo che sia indicativo in merito al futuro della nostra cultura, con questa capacità di mediazione tra Occidente e Oriente. Maria Rita cara, grazie di aver scritto e di seguire sempre con interesse il mio piccolo faro pulsante nel mare del contempornaeo. A prestissimo. Un saluto affettuoso anche a Orazio.

Orazio Caruso ha detto...

Ho letto il libro in modo vorace in queste prime giornate di vacanza estiva, praticamente l'ho preso al ritorno da Siracusa e non me ne sono staccato più fino a quando non sono arrivato al finale, rivelatore e inaspettato. Ne ho ammirato soprattutto il piglio ironico e l'intelligente scrittura. Come tutti i buoni libri, si può leggere a strati. Il primo strato, la panna, è quello divertente e divertito, in cui con un tono leggero si mettono alla berlina i tic e i comportamenti grotteschi e intellettualistici di certi ambienti un po' snob, soprattutto femminili. E qui esce la brava giornalista di costume e l'esperta studiosa di comunicazione di massa. Ma il libro contiene uno strato più profondo, il pan di Spagna, e si può leggere in chiave allegorica: il marito che finisce in un fosso rappresenta, appunto, la profondità, il pensiero forte, i valori primari (non è un caso che è un agronomo e quindi si occupa della terra) l'attaccamento alla vita e alla procreazione. È un paradosso che il maschile sia identificato con la Terra, simbolo da sempre femminile. Enza, invece, Coscienza, rappresenta l'opposto, l'incoscienza. Essa gira a vuoto, colta da un'Alzheimer morale e culturale, non sa niente della "profondità" (oserei dire della "fossità") del marito, del suo bisogno di materna paternità, del suo bisogno di discendenza, sta in superficie a immaginare banali tradimenti ed improbabili innamoramenti, a scrivere tesi di laurea che contaminano e fondono svariati contenuti ma che non riescono a cogliere il senso vero delle cose.

Questo è il mio commento a caldo dopo una prima veloce lettura. L'ho già postato su IBS.
Orazio Caruso

Orazio Caruso ha detto...

Dimenticavo... Buon viaggio, Luigi

Luigi La Rosa ha detto...

Orazio caro, bella la tua lettura, filosofica, sociologica, letteraria e attenta ai significati profondi del testo. E' bello quando un testo ci regala la possibilità di decrittarlo, d'indagarne i riferimenti nascosti, di chiarire il suo senso al lettore e probabilmente anche all'autore. Grazie anche degli auguri. Spero che anche tu possa avere una buona estate di scrittura e di letture. Io sto partendo con Anna Karénina: volevo un classico, una scrittura corposa che mi accompagnasse nei mesi parigini. E sono già dentro alla magia di questa meravigliosa opera tolstojana, forse la sua più grande. E Tolstoj, forse, il più grande scrittore di tutti i tempi. Ci sentiamo presto, un caro abbraccio!

Maria Rita Pennisi ha detto...

Ciao Luigi, scrivi ancora delle tue impressioni parigine e dei posti magici che ci conquistano. Lo fai benissimo. Leggendoti, anch'io, torno con la mente al mio viaggio a Parigi con Orazio e mi sento immersa nell'atmosfera romantica di quei giorni e di quei luoghi magici. Anche Elvira Seminara, in quelle poche pagine in cui descrive Enza a Parigi, è riuscita a farci passeggiare e a farci vedere con i suoi occhi rue de Rivoli in quello splendido mattino bianco e bisestile in quella città che sembrava avvolta nel tulle) (cito naturalmente le parole di Elvira in Scusate la polvere)
Ciao Maria Rita

Luigi La Rosa ha detto...

Ciao Rita, grazie, continuerò a scrivere di Parigi perché non farlo mi è impossibile. Parigi è entrata violentemente non solo nella mia vita e nella mia storia biografica e personale, ma nella mia parola, nella mia espressione, nella scrittura. Per cui, leggerete presto. Anche la descrizione di Elvira è suggestiva, la ricordo benissimo. Ci sentiamo presto, carissimi, continuate a seguirmi in questo mio viaggio dei sensi e del cuore. Un abbraccio grandissimo dalla maestosa e toccante Paris...

Anonimo ha detto...

Cosa più essere peggio che perdere il proprio amato partner, nonché legittimo consorte? Un tradimento, ecco cosa. E per di più un tradimento scoperto post mortem. Come dire che non ci si può nemmeno avvalere del diritto di urlare, scacciare, maledire e tutta la vasta gamma di azioni previste nel caso.
Che si tratti di un libro dal carattere incontestabilmente esilarante, si capisce già dall'incipit: si è mai visto il caro estinto apparire in cucina con la "testa cosparsa di polpa di fico e le unghia sporche di terra", mentre si sta ingaggiando una lotta all'ultimo sangue con la lavastavoglie che non vuole saperne di accogliere l'ennesimo pentolino?
Da lì in poi, e siamo proprio all'inizio, diventa un vero tour de force, nel senso che si è spinti ad andare avanti, pagina dopo pagina, invischiate tra la mousse e le patisserie di Mia,non meno delle meditazioni trascendentali di Alice. E il bello è che la lettura procede con leggerezza e un sorriso costante sulle labbra, nonostante non manchino considerazioni serissime e di tutto rispetto. Tanto coinvolgimento dipende dal fatto che Enza, Enzima, Cosce, Zen, Coscienza o come più si preferisce chiamarla, incarna con graffiante realismo tutte le donne di oggi. Donne alle prese con una gioventù da perseguire con accanimento e vuoti intellettuali e spirituali da colmare. Donne confuse, scisse, egoiste ed altruiste. Donne vulnerabilissime di fronte al più antico degli affronti, il tradimento. Eh si che ne è passata di acqua sotto ai ponti!
Saremo ultra emancipate e ultra indipendenti, sembra dire tra le righe Elvira nel suo libro, ma di fronte all'amore e all'amicizia, siamo sempre le stesse.
Sembra impossibile che un libro scritto con tanta accuratezza, un cerchio che si chiude perfettamente nell'epilogo, sia stato scritto in un solo mese, come confessa nell'intervista l'autrice, aggiungendo per dovizia di verità, di non aver mai riso tanto mentre lo faceva.
Parole, le sue, che mi riconciliano con l'idea che la scrittura possa essere anche momento di divertimento.
Sono sicura che così come ha riso lei, riderà chi lo leggerà. Consuelo

Luigi La Rosa ha detto...

Consuelo cara, grazie per il tuo commento acuto, approfondito, davvero attento del romanzo di Elvira. Sì, la leggerezza è la nota dominante nella storia che ci propone, ed è una leggerezza che viene dall'ironia, dall'eleganza interiore, dalla capacità di saper guardare il mondo con un necessario distacco, così da ridimensionare le cose, senza per questo togliere loro alcun incanto. La storia è infatti tenera, toccante, e commovente il colpo di scena finale. E' una storia sui sentimenti, ma narrata con modernità e grande intelligenza. Grazie di aver scritto e ancora auguri ad Elvira per il suo romanzo. Un abbraccio grandissimo...

Maria Rita Pennisi ha detto...

Caro Luigi,
stanotte sono ancora sveglia e voglio salutarti e complimentarmi con te, per le cose bellissime che stai scrivendo e di cui ci fai partecipi. Tu sei l'uomo che sa creare ponti, e questo farci visitere Parigi tramite la scrittura, crea un ponte con "Scusate la polvere" di Elvira Seminara in cui tutto ha inizio in una
meravigliosa giornata di febbraio, al primo piano di H&M a Parigi. Il seguito non possiamo svelarlo.
Buonanotte Maria Rita Pennisi

Luigi La Rosa ha detto...

Rita cara, mi hanno soprannominato "l'uomo dei fili", e questo mi lusinga, perché secondo me chi scrive - e l'artista in genere - non può non essere una persona generosa, altrimenti la sua vocazione stessa si inaridirebbe. Anche io dormo poco, perché troppo preso dalle emozioni. Leggi il nuovo racconto di questo pomeriggio alla casa di Modigliani e di Jeanne. Ti stipirà. Un abbraccio da Parigi, continuate a seguirmi. A presto!!!

Anonimo ha detto...

"La poetica della cicatrice", ah grande Luigi ! Carissimi Lia, Marina, Salvo, Orazio, Rita, Consuelo, ragazzi di Parigi e del mondo intero grazie per i vostri contributi ! La letteratura è un salone di specchi in cui danzando ti ritrovi. E com'è noto non si danza mai da soli, anche se sei solo. C'è una musica dentro.
Buon ballo a tutti con Zen e le sue ballerine, a presto !
elvira seminara

Luigi La Rosa ha detto...

Elvira cara, i ragazzi di Parigi ti salutano con molto affetto. Qui la musica non si ferma davvero mai, giorno e notte. E' una festa continua, per dirla con Hemingway. Grazie del nuovo commento, e bella questa immagine di Zen che danza insieme alle sue ballerine. Sono felice che il mio Faro stia lanciando lontano il suo raggio luminoso, creando confronti, discussioni, suggestioni, ipotesi di letture e scambi. E' questo il senso con cui è nato. E questo, credo, sia anche il senso di tutto il nostro lavoro. Un saluto caro da Parigi, a presto!

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