giovedì 9 giugno 2011

Bellezza, dietro quei passi leggeri come vento...

Adelia Battista ripercorre
le motivazioni
della sua amicizia
con Dario Bellezza,
un legame

d'affetto e di corrispondenze
che supera il tempo e segna
il perimetro di una comunanza
umana e intellettuale.


un libro vero, intenso e profondo,
che raccoglie le lettere
di Anna Maria Ortese
al
poeta prematuramente scomparso
ma soprattutto un tributo a quei legami, a quei ricordi, a quelle emozioni che diventano storia esistenziale
e ragione di vita...


Com'ero da giovane?
Ero già postmoder
no dopo le ubriacature della Neoavanguardia letteraria; straparlando di morti e rinascite. Ero postmoderno nel sesso visto come vuoto residuo di un'incarnazione passata; nel sapermi diverso-nondiverso in tutte le contaminazioni degli Eros e degli Stili. Questi vecchi versi racchiudono oltre al sapore della mia trascorsa giovinezza anche un modo di concepire la poesia assoluto e intrigante, certo vicino a Rimbaud e a Dylan Thomas, a Kavafis e a Pasolini: i miei maestri del tempo. Ora metterli insieme mi sembra rendere omaggio ad un me stesso che non c'è più, oltre che ai miei maestri: mi sembra di voler adorare il passato: questo passato inimitabile che è l'infanzia di un poeta e di una poesia...

Dario Bellezza, Colosseo (Pellicanolibri, Catania 1985)

Il ricordo di Dario Bellezza è inestricabilmente legato nella mia mente
a quello di un mattino di sole, una giornata radiosa, trascorsa insieme all'amica Adelia Battista tra le lapidi del Cimitero protestante di Porta San Paolo, Piramide, Roma. La primavera sta per finire, il cielo su di noi è di vetro. Scivolo con devota serietà dietro di lei, dietro quei passi leggeri come vento, ma non parlo. Non lo fa neanche lei. Percepisco una tensione rispettosa, che carica gli sguardi, qualcosa di simile a un'emozione difficile da contenere. Non ci sono parole, e se ci sono non hanno suono, ma quello che stiamo attraversando non è un vuoto. Tutt'altro. Sembra quasi di sentire la consistenza dei pensieri. Riesco ad avvertirne il peso, l'intensità. Adelia mi precede di pochi metri. La sua non è affatto una fuga, ma una ricerca, un ritrovarsi, l'appuntamento con un amico di vecchia data, che il tempo non è stato in grado di strappare dagli affetti e dal cuore. Un amico divenuto eterno, come una statua. Già, proprio così. Un amico eterno, perché questo si dice dei poeti. Almeno dei più grandi. E lui lo era. Lui lo è.

Dario Bellezza consegna a questo paese di vergognosi oblii una delle più straordinarie testimonianze poetiche e letterarie dell'ultimo mezzo secolo. I suoi versi, la sua presenza pubblica e intellettuale, la concezione "altra" del vivere che non ha mai tradito né rinnegato ne fanno una sorta di monumento. Almeno agli occhi di quanti lo scoprivamo sulle prime antologie delle nostre maldestre adolescenze. O lo avremmo inseguito nei memoriali, nelle parole di chi è riuscito a incrociarlo, nel mito che un poeta, quando è autentico, stabilisce sempre intorno al proprio mistero. Ricordo fughe notturne, con le sue pagine sottobraccio. E apparizioni televisive nelle quali stentavo ad associare l'arcano poeta di quelle pagine al gentile signore dai grandi occhiali e dalle lunghe sciarpe bianche, che si rivolgeva ai lettori con tono pacato e sorridente. Nel mattino della nostra passeggiata al Cimitero Protestante, di tutto questo non c'è più nulla. Solo una tomba, semplice, nuda, tra le altre, che ricorda il passaggio dell'uomo e fissa lo spazio di una nuova devozione. Seguo Adelia Battista, ma mi trattengo a qualche passo da lei, dal suo silenzio, dal suo dialogo muto, toccante. E' il perimetro dell'ennesimo incontro caro, del tanto sospirato ritrovamento. Percepisco che qualcosa di grande sta accadendo, dentro l'aria accesa di Roma, nel mattino azzurro, in quel tempo immobile.

Vorrei che i miei movimenti si facessero leggeri quanto i versi di Dario Bellezza. Che risuonassero con la stessa divorante energia, invece di essere fruscio, spigolo, rumore dentro l'erba. Che vibrassero come in "Morte segreta" gli accenti della splendida pagina che il poeta dedica all'amica Anna Maria Ortese. "Ritorna primavera, e con essa gioventù, / il gusto alla vita ritorna che l'inverno rese / insapore e fondo di malinconia e pietà per i vivi / ritornati ad uscire dall'abisso scontento del gelo / di gennaio o del marzo piovoso." Ho la sensazione che nel giorno, nella fibra pulsante della luce, le parole stiano restituendo forma e consistenza all'amore. Alla giovinezza. Al perduto incanto dei giorni che non tornano. Ho la sensazione di una conoscenza assai più profonda, assai più sotterranea e vitale della contingenza del vivere, che supera stagioni, che sposa solitudini e segna riconoscimenti. Sono grato ad Adelia del meraviglioso dono di questa passeggiata.

Quegli stessi versi li ritrovo in Bellezza, addio - Lettere a Dario Bellezza 1972-1992 (Archinto), il libro in cui, proprio in questi giorni, Adelia Battista riunisce lo scambio epistolare tra il poeta e la Ortese
. La cura grafica, l'elegante copertina blu e il titolo assai simbolico m'introducono alla stessa magia, che mi si presenta come quel mattino, nel fondale della campagna incantata. "Riaprire le porte all'avventura" esorta il poeta, "dopo i mesi di febbre e di castigo, nello spazio / di memoria amaro e sconsolato. Ma ritornato / ancora una volta nella casa-inferno-tugurio / e ancella del peccato, di non peccare audace / irresoluto peccatore, ho aperto al vento / le finestre, all'aprile incostante cercando / di succhiare una nuova linfa vitale / che mi facesse chiudere nel cassetto / dei ricordi le vecchie impressioni di morte / e spavento luttuoso fino a morire lasciando / nel sogno ogni pensiero, senza alimento / per un futuro nuovo, libero finalmente da parole."

Adelia Battista compie un'operazione rispettosa e fondamentale: restituire i profili umani di Anna Maria Ortese e Dario Bellezza attraverso il legame profondo e la passionalità del loro scambio epistolare. Le contraddizioni del quoti
diano, le scure ombre del vivere, l'insopportabile accidia del tedio e di contro la folgore delle intuizioni, il fuoco bianco della mente, il lampo della creatività che accende progetti e stimola risorse a dispetto della deriva, tutto entra e fluisce come voci di una partitura nell'algebra suggestiva e affascinante di questo grandissimo libro. "Sono stata triste infinitamente" scrive la Ortese, in data 21 ottobre 1972, "per due notti non sono nemmeno andata a dormire. [...] Tu sei uno scrittore - e di tante cose hai angoscia - forse mutismo - m'immagino che puoi capire." Come non smarrirsi davanti alle labbra ferme dell'amico-poeta, davanti al suo vuoto di parole, alla sua sofferta sintonia? Quel mutismo che dilaga tra gli strazi del cuore è la prova più struggente di una vocazione all'altro che non si ferma neppure davanti agli ostacoli delle cose, che non indugia sotto le minacce brute della contingenza, ma che chiede conforto, comprensione, adesione nell'unica consapevolezza possibile: quella dell'amicizia fraterna.

Certamente, la vita non risparmia nessuno. Non risparmia la scrittrice, solitaria e discosta davanti a un'editoria sempre più sorda, sempre più meschina, che pare oscuramente anticipare la realtà dei giorni nostri. Non risparmierà Bellezza, dall'insorgere devastante dell'Aids e dal declino dei tristi ultimi anni che lo attendono. Ma poco importa. La scrittura s'incaricherà di narrare questo dolore e farne materia del sogno, questo dramma intimo, intellettuale, personale, eterno, che il rispetto giornalistico e critico di Adelia Battista lascia filtrare attraverso la parabola di uno scambio sincero, autentico, bruciante quanto le miserie dell'esistere e poetico come le stesse inquietudini che innesca sulla pagina. La scrittura renderà questo connubio un vero e proprio romanzo, fatto di cadute e di estasi, e riconsegnerà il fare letterario allo statuto delle cose "alte".

Non mancano gli scoramenti, i precipizi dell'animo, le pagine nelle quali il tono della confessione si fa accorato. "Carissimo Dario" scrive Anna Maria Ortese da Rapallo il primo dicembre del 1983, "da otto anni e più in Liguria, ho visto il deserto crescere intorno a me. Non puoi sapere fino a che punto. Spedisco delle lettere, ma è come se fossero imbucate sotto un albero. Le risposte arrivano quando ne ho quasi dimenticato il perché. Dietro i nomi, poco alla volta, non distinguo più niente. Mi chiedo se quelli che mi scrivono, sappiano davvero qualcosa della mia identità." Siamo alla radiografia dell'essere, a questo spoglio, sconcertante baluardo di solitudine contro cui l'artista di talento sembra perennemente condannato a combattere. Adelia Battista leva un altare a tanta fierezza, a questo orgoglio creativo che non si piega e non si frustra, né si abbassa, non mendica pietà ma impone, semplicemente, la levatura indiscussa delle sue visioni.

Dario Bellezza ci introduce all'universo amabile della conoscenza. Nell'intervista finale che accompagna il volume, è con parole d'affetto indeclinato che ci parla di Anna Maria Ortese e dell'idea che ha di lei. "Con tutti i difetti di un genio, perché essendo un genio non appartiene a nessuna categoria particolare, non appartiene alle donne, non appartiene agli uomini; vede troppo bene le cose, e poi, anche, le sa esprimere, questa è la sua genialità. Sembra strano che un paese abbastanza fiacco, come l'Italia, produca una scrittrice come Anna Maria Ortese." E' con queste parole che prendiamo congedo dalle pagine di questo delizioso libro e dalle ombre dei due grandi scrittori. Sono ombre lievi, come passi nel vento, i passi del mattino di Roma, a indicare che nonostante tutto, per i poeti forse un cammino ancora esiste. Lo stesso tracciato dalle parole disponibili e gentili di Adelia Battista, nel rispondere alle domande che le pongo.

Partiamo dal titolo, efficace e toccante, "Bellezza, addio..." Potremmo definire il tuo libro un tentativo di riportare l'attenzione sul nome e la figura di Dario Bellezza, grande artista in parte oggi dimenticato, e poeta che ha ancora tanto da comunicare in termini di bellezza e profondità di pensiero?
Il titolo Bellezza, addio, rappresenta il commiato malinconico di Anna Maria Ortese dal giovane poeta, Dario Bellezza, quando, il 31 marzo del 1996, le giunge la notizia della morte di lui. Ortese evoca l’amico che non c’è più ma che è nel suo animo. L’addio a Dario comprende anche l’addio a quel mondo sensibile di speranza e desiderio di cui lui ha fatto parte. Ortese serba memoria di un rapporto significativo fatto di attenzione all’altro, di scrittura, libri, fantasia, che l’ha accompagnata, tra gioie e amarezze, per oltre vent’anni, a partire dagli inizi del ’70, quando lei viveva a Roma, in Piazza Ennio, e stava lavorando al romanzo, Il Porto di Toledo. [...] Bellezza, addio, costituisce, inoltre, la porta d’ingresso per raccontare, attraverso le lettere che Ortese gli destina, dal ’72 al ’92, l’universo ancora sconosciuto che è in Dario e Anna. L’epistolario, infatti, contiene una messe d’informazioni sulla vita e le opere di entrambi, rispetto alla scrittura e alla creazione letteraria.

Il libro ritrae, con grazia e partecipazione, un sodalizio prezioso e irripetibile. Oggi, in epoca di individualismi imperanti e solitudini inguaribili, un simile legame costituisce una sorta di prezioso esempio morale. Cosa sono stati realmente l'uno per l'altra Dario Bellezza e Anna Maria Ortese?

Una grande amicizia va sognata. Il segreto del carisma della relazione tra Dario e Anna è costituito dalla capacità dell’uno di sognare l’altro e di farlo esistere: "Un grande amico che sorga alto su me / e tutto porti me nella sua luce”, scrive nei suoi bei versi Vittorio Sereni. Ortese sogna l’amico, ne intravede le potenzialità, lo spirito, la sensibilità, esprime gioia e apprezzamento per l’opera di lui. Quando tutto sembra rovini verso la dimenticanza e Dario è in crisi, lo ama e lo sostiene. Include la profonda inquietudine esistenziale di Dario nella propria speranza spirituale:“Io credo che ci sia uno spirito con tanti volti – scrive a Dario – e tu fai parte di questo spirito, o respiro eterno, (o Dio)”. Anche Dario sognava di lei, ne ammirava l’espressività, l’opera, al punto da confessarmi, un giorno, mentre passeggiavamo per Piazza Navona, la sua convinzione che Anna Maria Ortese fosse un genio. “Con tutti i difetti di un genio, - aggiunse - perché essendo un genio non appartiene a nessuna categoria particolare, non appartiene alle donne, non appartiene agli uomini; vede troppo bene le cose, e poi, anche, le sa esprimere, questa è la sua genialità. Sembra strano che un paese abbastanza fiacco, come l’Italia, produca una scrittrice come Anna Maria Ortese”. Questa dichiarazione è riportata nell’intervista che conclude il mio libro.


Chi è stato davvero Dario Bellezza a cominciare dai suoi esordi? Credi che questo paese lo abbia compreso fino in fondo? E quanto, invece, non lo sta ancora colpevolmente tralasciando e dimenticando?

Tralasciare e dimenticare i poeti è una consuetudine dei nostri tempi. Non abbiamo più bravi critici, non si studiano più le opere di grandi scrittori, mancano griglie interpretative, analisi, buoni commenti che orientino il lettore e anche lo scrittore è lasciato solo. Chi è stato Dario Bellezza, a cominciare dalla sua gioventù, lasciamo che sia lui a dirlo in una pagina autobiografica tratta dal libro Colosseo: “Come ero da giovane? Ero già postmoderno dopo le ubriacature della Neoavanguardia letteraria; straparlando di morti e rinascite. Ero postmoderno nel sesso visto come vuoto residuo di un’incarnazione passata; nel sapermi diverso-non diverso in tutte le contaminazioni degli Eros e degli Stili. Questi vecchi versi racchiudono oltre al sapore della mia trascorsa giovinezza anche un modo di concepire la poesia assoluto e intrigante, certo vicino a Rimbaud e a Dylan Thomas, a Kavafis e a Pasolini: i miei maestri del tempo. Ora metterli insieme mi sembra rendere omaggio ad un me stesso che non c’è più, oltre che ai miei maestri: mi sembra di voler adorare il passato: questo passato inimitabile che è l’infanzia di un poeta e di una poesia”.

Come hai conosciuto Dario?

Dario è stato il tramite, l’anello invisibile tra me e l’Ortese. L’ho conosciuto nell’autunno del 1988, Anna Maria Ortese aveva vinto il Premio“Elsa Morante - Isola di Arturo”, con la raccolta di racconti, In sonno e in veglia, edito da Adelphi. La premiazione si sarebbe svolta a Procida come ogni anno e questa volta, Dario, faceva parte della giuria. Decisi così di raggiungere l’isola per incontrarlo; le struggenti parole che aveva usato nell’introduzione al romanzo di Ortese, L’Iguana, mi avevano così colpito che avevo deciso di fare la tesi sulla scrittrice. Per raggiungere Procida bisognava prendere un aliscafo a Napoli, molo Beverello. Era settembre inoltrato e la giornata era particolarmente nuvolosa; nessuno squarcio che facesse sperare in una schiarita; soffiava un vento freddo e laggiù, nel mare, si vedevano le imbarcazioni oscillare paurosamente. “Il braccio di mare che ci separa dall’isola è breve – mi avevano rassicurato – si arriva in poco più di mezz’ora”. In mezzo a una folla di persone eleganti che cominciava ad affollare l’aliscafo spiccava una famiglia procidana, madre, padre e figlia, che faceva ritorno all’isola. Durante la traversata le onde presero a sollevarsi, pioveva fitto e l’aliscafo beccheggiava senza sosta; i passeggeri, sgomenti, cercando di distrarsi, erano diventati piuttosto ciarlieri. Al contrario, la famiglia di isolani che sedeva di fronte a me, coi loro volti simili a terracotta per il troppo lavoro sotto il sole, dietro un’apparente rassegnazione mi trasmettevano una placida quiete. Sbarcati sull’isola cercai la nave della Marina militare, addobbata di fiori, di festoni e luci che ospitava la cerimonia. Le ragazze dell’isola, le Grazielle, per l’occasione vestivano il costume tradizionale. Subito avevo intravisto Dario Bellezza intento a parlare con la scrittrice Lalla Romano, erano bellissimi, lui abbronzato, lei portava un ampio cappello bianco e un vestito a fiori. Mi presentai a Dario che mi lasciò il suo numero di telefono per chiamarlo a Roma. E’ cominciata così la nostra amicizia.

Il primo ricordo che ti viene in mente ripensando a Dario Bellezza? Ci racconti un pò del vostro passato di amici, delle vostre esperienze, della condivisione che ha caratterizzato la vostra amicizia. Magari un aneddoto in particolare, dal quale vengon fuori il temperamento e la generosità del poeta?

In Dario, allora, ho trovato quello di cui avevo bisogno, la poesia, il pensiero ribelle, la voce che sentivo in fondo a me stessa. Parlavamo di tutto, di politica, di arte, di scrittura, ma durante gli ultimi anni della sua malattia parlavamo molto di Dio, di spiritualità, della vita oltre la morte. Una mattina lo raggiunsi nella sua casa a Trastevere, quando lui era già molto ammalato. Lo vidi allontanarsi un momento e poi ricomparire con un libro tra le mani che appoggiò su un tavolino-scrivania. Era la sua raccolta di versi Morte segreta, con cui aveva vinto il Premio Viareggio. Non ho più dimenticato questa scena. L’immagine di lui chino sulla pagina mentre scrive qualcosa e traccia piccoli disegni. Poi la sua mano che si allunga verso di me, ”Ecco, è per te”- dice. Ero contenta per il libro e per la dedica: “Ad Adelia, perché si ricordi – aveva scritto – e sul mio nome aveva disegnato tre stelline.

Secondo te cos'ha insegnato Anna Maria Ortese al giovane poeta innamorato della bellezza?

Possiamo parlare di amore e di sostegno, più che di insegnamento, oppure di un insegnamento involontario. La vita di un poeta ha caratteri del tutto peculiari, ogni suo attimo può essere un secolo della vita degli altri. Dario nei suoi versi sente la manchevolezza irriducibile della vita stessa e questo è fonte di inquietudine. Anna sembra saperlo e quando Dario è in crisi lo ama e lo sostiene. E’ felice di essere d’aiuto all’amico fraterno tentato, in certi momenti, dalla disperazione e dall’angoscia. Quando Rainer Maria Rilke, grande maestro per Alda Merini, ci svela il primo dei grandi segreti dei poeti, il luogo in cui i poeti vivono: “I poeti dimorano in una foresta di segni”, questi segni non sono estranei alla Ortese, perché ha una lunga consuetudine con la poesia.


Tu scrivi "Anna sentiva vicino la luce fraterna delle stelle e non temeva l'Inconoscibile Spazio. Quanto era distante, la Ortese, dalla "vertigine" pascoliana che allo Spazio e al Cosmo attribuiva echi di paura." Possiamo definire tale visione una specie di misticismo laico?

Quando nel silenzio alto e fondo l’Universo risplende nelle luci serali e fraterne delle Stelle, Ortese si rasserena, ogni inquietudine e angoscia pare perdere gravità per lei. Tristi fantasie, pensieri gravi e severi svaniscono nel silenzio dell’inconoscibile Spazio. Qualche volta è finanche un’emozione troppo forte, potremmo certamente dire – mistica. Tutto comunica nel creato, l’amore, la commozione, la grazia, il canto, la paura, e ogni altra forma di dolore, di bellezza e di arte e Ortese si sentiva parte di questo dialogo.


Tu hai compiuto un atto di grande amicizia e generosità, acquistando le lettere di Dario Bellezza, in un momento difficile della vita del poeta. Oggi non assistiamo più ad atti di simile altruismo. Cosa ha perso in termini etici e morali la società letteraria in cui viviamo?

Mi auguro che ci siano sempre persone cosi generose, come Dario e Anna, la mia esperienza mi rassicura su questo. Dario aveva amici, scrittori e poeti, che volevano acquistare le lettere di Anna Maria. Avrebbe potuto ricevere una somma più consistente di quella che potei offrirgli io, allora. Sapeva dei miei studi su Anna e volle incoraggiare il mio lavoro. La società letteraria non è una comunità a parte rispetto alla società civile. Lo scrittore lotta per comprendere e per interpretare la realtà intorno a lui. Ma per comprendere oggi la realtà così com’è abbiamo bisogno di farci aiutare dalla filosofia, dalla storia, dalla poesia, dalla fotografia e la musica. Penso che vivere nel proprio tempo e riuscire a coglierlo, sentirlo, interpretarlo sia un bell’impegno. Ci sono tante domande che dobbiamo porci.


Nei tuoi due libri compi un interessante percorso di approfondimento ortesiano. Cosa ti lascia l'esperienza di averli scritti e vissuti dentro di te?

Dopo molti anni di giornalismo poter scrivere in una formula mista tra saggio e narrativa i miei primi lavori su Ortese e Bellezza è stata un’esperienza bellissima, ma anche difficile. Ho dovuto disimparare e passare da una scrittura giornalistica, ad una narrativa, fatta di metafore, immagini, emozioni. Il primo libro, Ortese segreta, edito da Minimum fax, l’ho scritto e riscritto in molte parti perché dovevo differenziare la mia voce e quella di Ortese quando racconta se stessa nelle interviste. Inoltre, non possedevo uno stile, e stentavo a credere che lo stile è la voce con cui scegliamo di raccontare. Tenere a lungo un’opera dentro di sé è forse il primo presupposto per poterla raccontare, perché pensi alla trama, immagini i personaggi, e ti pare di dialogare con essi. Avere scritto questi libri mi fa sentire soprattutto una grande gioia.


Dove sta andando la tua scrittura?

Certamente verso la narrativa. Mi piace scrivere racconti, una novella è più vicina alla poesia e il flusso narrativo di un racconto è meno costruito rispetto al romanzo. Ho finito di scrivere due racconti: Nina e Pasquale, devono uscire a settembre, sono storie vere, ricavate dai documenti del Tribunale dei Minori di Napoli. Il progetto nasce in collaborazione con l’Archivio di Stato di Napoli.


Anna Maria Ortese è anche la grande isolata, la grande diversa del Novecento letterario italiano. Ti senti affine più a questo sentimento di poetica solitudine oppure al coraggio, alla forza, alla volontà ferrea di comprensione e indagine della sua scrittura?

Sono sicuramente più vicina alla volontà di indagine della scrittura, ma anche a questo sentimento di poetica solitudine. L’esperienza con la scrittura di questi ultimi anni mi ha sostenuto nei momenti più difficili di crescita e sperimentazione che deve ancora proseguire.


Parliamo ora del rapporto intenso tra Dario Bellezza e Roma, i suoi luoghi, le sue occasioni creative. Esiste una geografia sentimentale legata al culto del poeta per la capitale? E quali gli spazi, quali le stazioni emotive attraverso cui questa geografia rivive?

Le occasioni creative di Dario appartengono ai luoghi e alle emozioni che questi gli suscitano, ma anche al suo rapporto con gli altri, ai suoi incontri. I luoghi da lui più vissuti sono Campo de' Fiori, Trastevere, Piazza San Cosimato, Piazza Santa Maria in Trastevere, Via de' Pettinari, Ponte Sisto, ma anche tante altre vie in cui lo portava la vita. Le foto che qui vedete a cura della fotografa Luigia Giovannini, ripropongono le strade, le piazze più frequentate, i portoni, i palazzi, dove Dario ha abitato.


La prossima sarà ancora un'opera di approfondimento critico, saggistico, oppure adesso hai in mente un lavoro narrativo vero e proprio? Qual è il tuo rapporto con la scrittura di fiction? A che età hai cominciato a scrivere storie?

Il prossimo libro sarà un racconto lungo ancora su Ortese per un editore romano, Lozzi, che sta lanciando una bellissima collana di narrativa che uscirà a settembre con i primi racconti dedicati ai luoghi, ai personaggi e alle case di Roma. Racconterò gli anni della Ortese a Roma, la scrittura del romanzo Il porto di Toledo, gli amici, la casa, il rapporto con gli altri scrittori della capitale.


Hai incontrato tanti giovani, presso le scuole, le associazioni, le librerie. Che rapporto si è venuto a creare tra Anna Maria Ortese e i lettori di oggi? Come si pongono nei confronti di questo gigante della letteratura?

I giovani hanno letto soprattutto Il mare non bagna Napoli , L’Iguana, Il cardillo addolorato, e Corpo Celeste, apprezzandoli molto, incuriosendosi e appassionandosi alla polemica stringente che Ortese intrattiene con il suo tempo, rispetto alla natura, agli animali, al potere. In Ortese segreta ho scelto un brano dalla sua opera che costituisce il suo Testamento, a favore dei “piccini”, della Terra, di coloro che non hanno preso contatto con il reale, gli ultimi, gli invisibili. Gli studenti sono capaci di sentire tra le righe di una scrittura fantastica e affabulatrice la struttura filosofica di Anna Maria Ortese.


Anna Maria Ortese fa riferimento a un'idea di "silenzio" fondamentale per ogni artista e ogni creatore. Che rapporto hai personalmente con tale idea e la sua imprescindibilità dal vivere di ogni giorno?

La mia natura è riflessiva, meditativa, ma è anche una natura d’azione, mi piace la politica, la storia, il cinema, la psicologia, ma il silenzio per me è fondamentale, anche affascinante, perché ci porta un altro ritmo, altri pensieri e immagini. Soprattutto ascoltiamo e portiamo alla comprensione quello che inizialmente è solo percezione. Nel silenzio ci misuriamo, pazientiamo, ci rinnoviamo.


In un celebre passaggio, la Ortese scrive: "Si distruggono le foreste, si uccidono gli animali. E' osceno dare questo dolore alla vita..." Tu riprendi questa frase in una bella intervista a Dario Bellezza che accompagna il libro. Quanto ti senti vicina a tale concetto di impegno etico del letterato e quanto credi che oggi sia ancora attuale e perseguibile?

Uno scrittore deve scrivere racconti e romanzi mirabili, l’impegno etico non si deve avvertire in un’opera e se leggiamo i romanzi di Anna Maria, infatti, non lo avvertiamo perché hanno una scrittura surreale, visionaria, metaforica con cui cattura il lettore, lo diletta e appassiona. Ortese sente questo problema perché ha anche una dimensione di impegno, di responsabilità e, come scrive Dario, è “gettata” a soffrire nel mondo con la sua anima di eterno antico, ma sa che l’impegno non deve trasparire nell’opera.


Cosa vorresti chiedere a Dario Bellezza e ad Anna Maria Ortese se avessi la possibilità di tornare a incontrarli e fare ancora una delle vostre meravigliose chiacchierate sulla scrittura?

Non riuscirei a chiedere nulla. Li abbraccerei soltanto. Un abbraccio prolungato e felice.


Luigi La Rosa



Si ringrazia Luigia Giovannini per la gentile concessione

delle sue fotografie.

In ordine di apparizione dall'alto:

- la foto numero 1 mostra Dario Bellezza insieme ad Adelia Battista;

- la foto numero 5 mostra la facciata di una delle case romane del poeta;

- la foto numero 7 mostra il portone d'ingresso della casa di via de' Pettinari;

- nell'ultima foto il poeta è in compagnia di Lalla Romano;




17 commenti:

Luigi La Rosa ha detto...

Ringrazio Adelia Battista del tempo dedicatomi e le do ufficialmente il benvenuto su "Verso il faro", con l'augurio che il suo meraviglioso libro possa avere lunga vita e stuoli di lettori attenti. Attendo i vostri interventi, amici. Un saluto a tutti

Giovanni S. ha detto...

Salve, complimenti per l'acutezza e la profondità del pezzo. Ho letto Dario Bellezza, l'ho seguito nelle sue apparizioni, e ho vissuto come tanti il dolore della sua perdita. Grazie ad Adelia Battista, che col suo lavoro riporta l'attenzione su questo grande poeta del Novecento italiano.

Anonimo ha detto...

grandiosa l'introduzione di luigi e struggenti le risposte di adelia. bravissimi!

Anonimo ha detto...

l'anonimo, rimbambito più che mai, è francesco costa

Anonimo ha detto...

Luigino caro, Adelia mia,
leggere le vostre voci che rimbalzano, che domandano e rispondono (e poi ancora domandano, ma questa volta dentro, scavando una silenziosa e sotterranea via del cuore) mi immette già nel mistero dell'amicizia tra Anna Maria Ortese e Dario Bellezza.
Perchè ogni unione di anime, ogni contatto, ogni sovrapposizione dei destini è mistero.
Mi è piaciuta moltissimo la risposta di Adelia che spiega che i due amici si sognavano a vicenda...proprio perchè aiuta a penetrare in quella dimensione fatta di visibile e invisibile che è l'unione umana, laddove ci troviamo, ma anche ci perdiamo nell'altro, per poi trovarci ancora, ma trasformati, dilatati, dallo stupore di aver vissuto, almeno un po', nei suoi occhi.
Ecco...credo sia il modo in cui possono amare i poeti, con la loro indefessa abitudine a decifrare segni e tracce, con l'ostinazione di tradurle - queste tracce - in altrettante graffiature su carta, le parole.
Chi ha tanta dimestichezza col segreto dell'espressione, sa che dire è molto più che comunicare, che è rivelare. Così pure quando si trova innanzi un essere umano, non si accontenta di percepirlo, ma vuole (deve) sentirlo, viverlo, in un furibondo e pietoso slancio di rimandi dal fuori al dentro, e poi di nuovo dal dentro al fuori, perchè questo siamo: una vibrante contaminazione di sguardi.
Mia carissima Adelia, grazie di averci restituito non solo Dario Bellezza, ma l'idea che noi uomini siamo, soprattutto, relazione, e che solo in questa relazione con l'altro ci appropriamo veramente di noi.
Non posso che chiudere con alcuni versi, bellissimi, di Margherita Guidacci, che vorrei volassero su questa sera di prima estate portandovi il mio affetto, cara Adelia, caro Luigi, portandovi anche il mio abbraccio: "E sappi che l'affetto nell'addio, non è minore che nell'incontro".
Vostra,
Simona Lo Iacono

ivan.arillotta ha detto...

c'è una risposta geniale che racchiude l'autenticità del vivere (con il suo "costo", per quanto ne so): "Una grande amicizia va sognata. Il segreto del carisma della relazione tra Dario e Anna è costituito dalla capacità dell’uno di sognare l’altro e di farlo esistere"

Luigi La Rosa ha detto...

Francesco caro, sei sempre affettuoso. Grazie di cuore, spero di rileggerti presto!

Luigi La Rosa ha detto...

Simona cara, le tue parole sono sempre musica e visione. Mi piace l'immagine della sovrapposizione dei destini, io credo che per i grandi artisti sia proprio questo: una questione di incontri, di incroci, di scambi profondissimi che nascono e che fanno maturare. Adelia Battista ha rilasciato un'intervista davvero bella, davvero sentita, ed esserle amico è per me una grande opportunità, come essere amico tuo. Attendo di leggere il tuo nuovo romanzo, Simona cara, e lo mediterò tra le guglie e le ardesie parigine. Ti abbraccio, in bocca al lupo!

Luigi La Rosa ha detto...

Ivan caro, hai colto anche tu il passaggio che io preferisco. Questa capacità di sognare l'altro, di immaginarlo, di vederlo con occhi interiori, occhi di pensiero, di bisogno, di tenerezza. E' questo il segreto grande dell'essere amici. Ed è questo che rende immensi sia Dario che Anna Maria, questa muta condivisione, questa pensosa e musicale presenza reciproca. Grazie anche a te del contributo, è stato bello leggerti intorno al mio piccolo, grande faro. Un abbraccio, a presto!

Anonimo ha detto...

L'idea che ha preso forma mentre leggevo l'intervista di Luigi ad Adelia, è che "Bellezza, addio", sia tutt'altro che un libro commemorativo. Vi ho intuito il preciso intento, da parte dell'autrice, di annullare la linea di confine tra vita e morte, per stabilire un'unità temporale eterna. Quella che riesce a raggiungere adesso, come tra 100 o più anni. Portare alla ribalta il sentimento di amicizia profonda che ha legato Dario Bellezza ad Anna Maria Ortese, significa scompaginare le maglie serrate che imbrigliano l' artista- in questo caso scrittore- alle sue stesse opere, per restituirlo a una dimensione di umana e controversa fragilità. Se infatti allo scrittore viene riconosciuta una genialità espressiva, è anche vero che proprio questa sua capacità, a molti negata, lo pone su un diverso e quasi inaccessibile piano.
Bella quindi l'idea di Adelia di riunire e presentare la corrispondenza che legava i due artisti, costituisce l'occasione imperdibile di conoscere gli spetti più intimi di entrambi, lasciando cogliere tra le righe, i prodromi degli stimoli e suggestioni che hanno poi dato vita alle loro opere. Infine non posso che concordare con la meravigliosa risposta di Adelia sull'amicizia: è proprio vero, un amico va sognato, perchè attrverso la visione dell'altro possa ritrovare slancio, forza e fiducia. Il sogno come soccorso quando si annega nello smarrimento.
Grazie a Luigi ed Adelia che attraverso parole così dense di significato, regalano a ciascuno un pezzetto di sublime sogno.Consuelo

Luigi La Rosa ha detto...

Consuelo cara, hai davvero centrato l'essenza di questo bellissimo libro di Adelia Battista. Si tratta di pagine poetiche, che ci portano nel cuore di una passione condivisa, di due vocazioni meditate e sofferte, di un legame che supera la vita stessa. L'autrice indaga tra i legami affettivi di Anna Maria Ortese e Dario Bellezza con grande generosità e rispetto, ed è questo sentimento di stima a rendere interessante e amabile l'operazione. Grazie del tuo contributo affettuoso, sei un'amica preziosa. Continua a leggere, spero che intervenga presto pure Adelia. Un abbraccio grande...

mavie parisi ha detto...

Bellissima la chiacchierata di Adelia e Luigi. Narra una storia di amore e di amicizia e di amore per l'arte, e la letteratura.
L'amicizia come forma di amore, puro. Che non pretende, che non soffoca, che prende per mano e accompagna.
Ed è maggiormente nell'amicizia che si può parlare di anime gemelle.
Sarà emozionante leggere questo libro perchè delle lettere, che già di per sé saranno poetiche e trasuderanno sentimenti e ideali, vengono mediate dalla fine sensibilità di un'altra artista, Adelia.
Come sempre un grazie a Luigi che ci permette di conoscere e stare a contatto con tutto ciò.
Voglio citare una sua frase "La scrittura si incarica di narrare il dolore" e io aggiungo e di lenirlo.
Un abbraccio a Luigi, Adelia e agli amici di cui ho letto volentieri i commenti.

Luigi La Rosa ha detto...

Mavie cara, perdona il ritardo della mia risposta, sono stato fuori dei lunghi giorni, e rieccomi qui. La tua lettera è veramente bellissima. L'idea di amicizia come amore puro, come scambio, come rapporto disinteressato, totale e totalizzante. E' quello che ha sempre legato la Ortese a Bellezza, e Adelia Battista a entrambi i due autori. E' quello che lega spesso le vite dei grandi artisti. E che poi diventa, come in questo caso, testimonianza esistenziale. La frase sul dolore che tu citi è sublime, grazie di cuore. Ti abbraccio, a prestissimo...

gabriella rossitto ha detto...

L'ho conosciuto. Ho incontrato Dario Bellezza anni fa. Io piccolissima, lo sguardo verso il genio, eccessivo delirante caustico, ma sicuramente "oltre".
Di ogni poeta restano -vive- le sue parole.
E' l'unica cosa che so.
grazie, Luigi, per le tue suggestioni
gabriella

Luigi La Rosa ha detto...

Gabriella cara, grazie a te. La tua testimonianza è davvero toccante. Mi colpisce questa fede nell'eternità delle parole, che probabilmente sono la sola cosa che ci lasciamo dietro. La sola cosa che parlerà di noi. Che dirà chi siamo stati, in profondità, nell'essenza ultima e irripetibile di essere umani. Grazie del commento, a giorni l'autrice risponderà alle vostre lettere. Continua a seguirmi. Ti abbraccio!

carlApe ha detto...

Aver conosciuto e ascoltato, in questi giorni, Adelia Battista parlare dei suoi amici ha portato nella mia vita e nel mio immaginario una ventata di poesia che non riconoscevo più da anni.
Una poesia vera, profonda e semplice come solo la purezza di un essere raro sa portare. Con naturalezza ed eleganza.
Con un fascino che ti lega ad ogni singola parola, al suo significato e all'intonazione, alla profondità del sentimento che emerge grandioso.
Una vorace curiosità di leggere ogni cosa della e sulla Ortese, soprattutto, mi ha assalita e so già che non rimarrò delusa da ogni segno d'inchiostro col suo nome che passerà sotto i miei occhi.
Grazie ad Adelia e Luigi per queste splendide ore che hanno lasciato un segno incancellabile.
Un caro saluto a tutti.
Carla Pellegrini

maria rita pennisi ha detto...

Caro Luigi,
un forte abbraccio e un arrivederci a presto da Maria Rita
Ricorderò sempre quel bellissimo incontro culturale a Roma con Adelia Battista, che ammiro molto e saluto con simpatia.
Maria Rita

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