sabato 22 gennaio 2011

Sulle rotte della mia rivoluzione interiore...


Simone Perotti
racconta
ai lettori
di "Verso il faro"

il suo personale,
intimo rapporto
con la scrittura

e la storia di una
coraggiosa
quanto formidabile

scelta di vita...


Ci sono libri che ti cambiano dentro, rinnovando il tuo sguardo sulle cose e sul mondo. Libri che sono fari di luce sparati sugli occhi, libri duri, inevitabili, che non puoi condannare alla polvere degli scaffali. Sono libri che ti chiedono, ti supplicano – ti impongono – di entrare nella vita mordendola a fondo, per riportarne il sapore aspro, travolgente. O anche solo il dolore sconcertante. E la bellezza nuda e triste.

Ci sono libri che segnano un ‘prima’ e un ‘dopo’. Libri che sono l’anno ‘zero’ tra i millenni delle se
nsazioni e degli istanti. A questi libri è impossibile mentire, né girare intorno. Non hanno scorciatorie, né mezze misure. Libri perfetti. Che vanno al cuore delle cose obbligandoti alla confessione. E alla scelta. Tutte le volte che torno a sfogliare Adesso basta (Chiarelettere) di Simone Perotti mi dico: ecco, è esattamente uno di quei libri. Di quelli ha infatti l’impellenza, il fuoco, la necessità interiore. E un messaggio che pesa, che traccia sentieri nuovi sotto i nostri occhi.

I primi ricordi del mio rapporto con Roma si intrecciano inevitabilmente a quelli della mia amicizia con l’autore. Giovane, sognatore, un po’ sprovveduto, ero riuscito a scampare al tedio della provincia e giungevo nella capitale coi miei venticinque anni di sopravvissuto, un émigré col cuore gonfio di sogni. M’era capitato tra le mani quasi per caso uno dei suoi p
rimi romanzi, Stojan Decu, l’altro uomo (Bompiani), e quel libro mi aveva misteriosamente fatto compagnia per tutto un viaggio, con la sua presenza confortevole e silenziosa.

L’identità che plasmava se stessa, l’indagine di un racconto biografico vivo, eccezionale, che si strappava fuori dalla realtà per mutarsi in leggenda, e il miracolo della lingua - poetica, colta, raffinatissima, in un panorama letterario italiano che invece sempre più ingrigiva - dovettero suonare pressappoco come una sorta di miracolo. Mi accorsi di essere al cospetto di uno scrittore intenso, motivato, e prima d’ogni cosa: ‘impegnato’. Telefonai in casa editrice, contattai l’autore, volli assolutamente con
oscerlo di persona. E la voce affabile e calorosa di Simone divenne il nostro primo contatto, prima dell’incontro che non dimentico, e della passeggiata settembrina che facemmo tra i vicoli del Ghetto.

Mi colpivano la
consapevolezza dell’impegno e la forza di volontà – componenti che avrei ritrovato puntualmente in tutti i romanzi successivi – e questo suo pensare alla scrittura come dimensione del vivere, sfera che necessita di tempo, di disciplina, sofferenza, ma soprattutto di tensione emotiva, di coraggio. Sentivo dietro ciò una sorta di meraviglioso orgoglio. E mi piacque. Lessi i libri che vennero dopo, in attesa della svolta che prima o poi sarebbe giunta. La prometteva ogni pagina, era seminata e sussurrata nei comportamenti impetuosi di molti suoi personaggi, pacata ma già presente, come l’orizzonte verso cui ti dirigi e su cui cominci a intravedere vertiginose tempeste d’anima.

La svolta sarebbe venuta dal mare, la più grande passione di Simone Perotti. Il m
are, che pian piano guadagnava spazio all’interno della sua scrittura, proiettava già l’autore verso l’inesorabilità del cambiamento. Lo stesso che t’impongono i libri. Certi libri. O gli amori più devastanti. Lo stesso che lo scrittore ha narrato nel suo lavoro di maggior successo: Adesso basta, saggio sul bisogno di mutare rotta, di volgere altrove la propria fuga, e ritrovare se stessi prima che il gorgo infernale della vita possa risucchiarci.

Ma la scelta dell’autore non è rimasta solo intento letterario, perché Perotti la sua vita l’ha trasformata davvero. Abbandonando il suo posto di lavoro milanese, mettendo spazio tra sé e il caos della grande città, rinnovando i silenzi del vivere, le algebre del quotidiano, facendo propri i luoghi del pensiero.


Ha scelto un casolare di pietra e una barca. Null’altro. La scrittura ha fatto il resto. Il suo libro sul cambiamento, al quale fa seguito in questi giorni l’uscita di una seconda interessante riflessione intitolata Avanti tutta (Chiarelettere) è divenuto un vero e proprio fenomeno di culto, innescando dibattiti, approfondimenti sociologici e tavole rotonde, e richiamando fiumi di lettori entusiasti, che hanno visto in quelle pagine una possibilità concreta di salvezza. Forse “la” possibilità, quella che aspettavano da sempre, e che per molti potrebbe significare ridare speranza ai giorni. Presto ce lo racconterà un film in fase di produzione.


Il messaggio più importante di quell’esperienza Simone Perotti ce lo consegna nel parlarci del nuovo rapporto con la pagina scritta: libero,
pieno, totalizzante. Il riferimento a Jack London è toccante. Condivido a pieno quelle parole, la loro verità, e mi riconducono ai trasformismi di Stojan - primo incredibile personaggio del primo romanzo perottiano, alla flessibilità del suo alfabeto, delle sue forme, delle sue ombre, delle sue sfuggenti personalità. Caratteri che ritrovo pure nel suo ultimo, vitale Uomini senza vento (Garzanti).

Storia di formazione ma pure d’intrigo legato al mare, alla navigazione, al tentativo di svelare il malaffare nascosto nel segreto sibilante delle
risacche; storia d’amore e di appassionante adesione agli ideali dei protagonisti. Renato, in primo luogo, svegliato da una telefonata notturna di un amico e chiamato a raggiungere Ponza, isola per la quale prova un fortissimo legame affettivo. Antonio, l’amico inquieto e velatamente visionario, sorta di poeticissima vedetta e riferimento prezioso nel ritorno a una vita naturale. Sara, infine, militante ecologista alle prese con una missione di irrinunciabile urgenza e segretezza. Tre personaggi contemporanei, tre facce dello stesso pensiero, alle prese con l’imperativo di cercare se stessi tramite l’impegno, le scelte, il coraggio di andare per la propria strada.

Al telefono ritrovo in Simone Perotti l’amico ospitale e affettuoso di sempre. Quando gli chiedo di rispondere alle mie domande non esita neppure un attimo. Ogni romanzo apre ponti, raduna orizzonti, mette in contatto universi personali. In quello di questo abile autore c’è dentro la voglia di affascinare, di emozionare, di raggiungere ancora un lettore prima che siano il vuoto perverso del nostro tempo e il disamore per se stesso a catturarlo. E’ una specie di lotta, di sfida all’ultimo sangue. E ha dell’avventuroso, ha sapore di sale sulle labbra. Quella particolare cifra intima e audace che abbiamo sempre l’impressione di respirare all’interno delle invenzioni letterarie di Perotti. Lo stess
o che ci spinge a voltare pagina per guardare in faccia la realtà e dire definitivamente addio ai vecchi rimpianti.

"Uomini senza vento"
arriva dopo la grande svolta della tua vita e della tua carriera.
Cosa rappresenta per te questo libro?
Io scrivo romanzi. Quando ho deciso di cambiare vita l'ho fatto per scrivere. E quando mi sono trovato da solo, libero, un pò sbalestrato dalle novità della mia casetta di pietra in ristrutturazione, nel bosco, vicino al mare... dopo aver detto addio a carriera, stipendio, pensione... che potevo fare se non scrivere!? E così ho fatto, finalmente, intensamente, disperatamente, senza tempo, senza vincoli... che meraviglia. Questo romanzo è il primo romanzo della mia nuova vita. Non dimenticherò mai niente di quando lo scrivevo.

Ma il vero cambiamento è rappresentato dal tuo precedente successo, "Adess
o basta". Da dove nasceva l'idea di quel libro fortunato?
E' un saggio, il mio primo saggio. In questi giorni è uscito Avanti tutta, il secondo, che prosegu
e e conclude. Insieme sono la cronaca di una rivolta, interiore prima, poi anche esterna, organizzativa, relazionale, politica. E' un lungo ragionamento, filosofico e pratico, su come viviamo in modo insensato, ma soprattutto su come vivere in modo più autentico, se solo ci pensassimo (prima) e lo facessimo (poi). C'è dentro l'orgoglio di una generazione, quella dei quarantenni, generazione sbandata dal riflusso, figlia del consumismo, del materialismo, della crisi politica, senza passioni e ideali. Sono due libri molto forti, molto diretti. Io sono diventato un uomo libero, posso dire quello che voglio.

Riconsiderando gli aspetti della tua biografia mi verrebbe da pensare al
rapporto arte/vita. Per te, o per quel che riguarda la tua poetica di scrittura, quanto è importante un simile rapporto?
Essenziale. Non ho mai amato chi vive in modo diverso da come scrive. Un intellettuale, uno sc
rittore, è un militante della vita. Non posso pensare di incontrare uno scrittore di cui ho amato forza, energia, vita, storie, passioni e trovarmi di fronte a un uomo dimesso, pauroso, ipocrita. Non è accettabile. Io credo molto nella comunicazione, e scrivere è comunicare. Ma la prima regola della comunicazione è che quel che si comunica deve essere onesto e vero. Io scrivo quasi sempre di cose che so, di cose che faccio, o di cose che vorrei fare in ambiti che mi appartengono. Io non scrivo di montagna, perché sono un marinaio. Se lo facessi mi beccherebbero subito. Si vedrebbe. Bisogna vivere seguendo la "linea di minore resistenza", che come diceva Jack London è la direzione in cui andrebbe la pallina sul tavolo inclinato della nostra vita, se solo la lasciassimo libera di correre.

Quanto c'è di te in Renato, il protagonista del romanzo? Per certi versi ti somiglia parecchio, per altri lo sento differente. Dove sta la verità?

Renato non sono io. Però è costruito con materiali miei, veri, roba vissuta, fatta se
ntita vista. I suoi materiali, i mattoni e il cemento della sua natura, sono i materiali con cui è stata anche fatta la mia vita precedente. Però non sono io. Io non consentirei mai che qualcuno salpasse con la mia barca mentre dormo. Ci puoi giurare...

Mi piacerebbe definire questo tuo ultimo libro un 'noir esistenziale', giacché dietro il pretesto delle atmosfere e dell'intrigo si esplorano temi e situazioni profondamente personal
i, che hanno a che fare coi grandi interrogativi dell'esistenza. Cosa pensi di questa definizione?
E' perfetta.


Da qualche tempo la tua vita è c
ambiata completamente. Quali sono ora i tempi che dedichi alla scrittura? Hai rituali specifici, modalità di lavoro ben precise? Quali?
Io scrivo di mattina, da sempre. Sono venticinque anni che tutte le mattine in cui sto scrivendo una storia mi sveglio presto, prestissimo, alle 6.00, e scrivo. Oggi vado avanti anche fino a mezzogiorno. Poi il pomeri
ggio rileggo e correggo. L'ora della creatività è anche quella degli errori e delle ripetizioni. Mai di notte. La notte si fa altro.

Questa radicale trasformazione dei tuoi tempi e dei tuoi spazi ha influito sul tuo stile di scrittura? Oltre al cambiamento della vita, è avvenuta pure una trasformazione dei registri stilistici e dei linguaggi?

No. Io seguo il mio filo, sperimentando, ogni romanzo è diverso per tono, linguaggio, stile, tensione. Ora però ho acquisito l'importante consapevolezza di quello che faccio, la magnitudo dell'impresa. A volte fa anche paura.


Tornando a
lla tua scelta di cambiamento, c'è stato un evento particolare, qualcosa da cui è nata la crisi definitiva che ti ha portato a dire: adesso basta?
Molte cose. Le racconto in Adesso basta. Nessuna folgorazione sulla via di Milano. Tante gocce. Ma gocce che non mi sono cadute addosso invano. Ognuna l'ho raccolta sulla lingua, l'ho assaporata. Alla fine il sapore era troppo amaro, il tempo correva, io stavo andando avanti senza una scelta che, ormai, era irrinunciabile. Ci sono voluti 12 anni...

All'interno del romanzo c'è un capitolo molto bello dedicato alle scrittura 'di mare'. Secondo te è corretto definire gli italiani un popolo di scrittori-naviganti? Che rapp
orto abbiamo col mare all'interno della nostra letteratura?
Pare nessuno. Non abbiamo una letteratura nautica. Come se i russi avessero scritto romanzi in cui la neve è assente. Se togli il Manlio di Garibaldi, qualc
osa di Piovene, i primi sei libri dell'Eneide... non c'è quasi nulla (sì, Brignetti... ma non molto altro). I Malavoglia non sono un romanzo di mare, il mare non c'è.

Ciò che mi ha fatto maggiormente apprezzare il romanzo è il forte sentimento etico e civile che ne è alla base. Questo tipo di impegno è un dovere da parte degli intellettuali? E quanto sono attenti a un simile tema gli intellettuali nostrani?

Non lo so. Penso che uno scrittore, in alcuni momenti, fronteggi le domande chiave della sua vita nel mondo. In quel momento è importante che scriva. La sua posizione glielo consente ma anche glielo impone.

Ti manca qualcosa della tua precedente vita? Una piccola fitta di nostalgia, un ricordo che riaffiora, qualcosa che in qualche momento particolare ti ha spinto a guardare indietro?

A Milano andavo molto di più al cinema. Adoro il cinema. Ora ci vado meno. Come vedi non ho rimpianti significativi.


Nel corso della tua carriera tu hai realizzato articoli giornalistici, romanzi, raccolte di racconti, saggi... La tua scrittura ha insomma seguito tante direzioni differenti e ha assecondato le più svariate esigenze. Quale senti essere la tua vera strada tra queste?

Il romanzo. Non c'è dubbio. Io sono nato per raccontare storie in cui si possa toccare appena, sp
ero, con un dito, ciò che sta oltre la comprensione scientifica, logica, della realtà. A questo credo che serva la letteratura.

Il tuo precedente lavoro diventerà presto un film. Puoi dirci qualcosa in proposito?

Non ne so niente. Il produttore sta scrivendo la sceneggiatura. Essendo un saggio, la sceneggiatura va scritta ex novo. So che ci sta lavorando forse il più bravo sceneggiatore del momento: Francesco Piccolo.

"Adesso basta"
ti ha portat
o a incontrare tantissime persone, tutte desiderose di una metamorfosi, una trasformazione più o meno radicale della propria esistenza. Ce n'è una che ti ha colpito di più e che ti piacerebbe ricordare in questa sede?
No, guarda, tantissime, tutte con storie splendide. C'è un'Italia piena di vita, di desideri, che nessuno di noi conosce. E' confortante.

Parliamo spesso di libri che hanno influenzato la vita degli scrittori. Quali sono i tre romanzi che hanno cambiato completamente la tua? Quelli che ti hanno formato, influenzato, plasmato come autore e come uomo?

Cent'anni di solitudine, Il barone rampante, L'opera al nero. Tre capolavori assoluti. Quando finii Cent'anni di solitudine ero a Cuba. Lo chiusi e dissi a voce alta: "Ma allora è così che si fa!" Pensavo di aver capito tutto. Non era vero, purtroppo, ma da allora comunque la mia scrittura è radicalmente cambiata.

L'editoria contemporanea non vive affatto un momento felice, come la cultura in genere. Cosa ti sentiresti di consigliare a un giovane che voglia intraprendere la strada della scrittura? Quali sono i passi da effettuare in direzione di un probabile punto di arrivo significativo?

Mah, io non credo che ci siano strade facili o difficili. Vedo tanta gente che fa cose senza passione, senza essersi davvero domandata: "questo è quello che voglio fare a tutti i costi, qualunque sia il prezzo? E' la mia vita?" In assenza di questa domanda e di una pur minimamente positiva risposta, è chiaro che ogni via è difficile e disperata. Cosa faranno queste persone di fronte alle difficoltà? Non ho mai visto un uomo che crede nella sua "linea di minore resistenza" non riuscire a farcela, almeno in parte.

Stai già scrivendo qualcosa di nuovo? Una breve anticipazione?

Sono di fronte a un trivio. Una delle tre strade va imboccata. Io non so ancora quale. Si tratta di tre romanzi, comunque. Però ci sarebbe la possibilità anche di una quarta via, un saggio. Vedremo.

Luigi La Rosa


Si ringrazia Giulia Civiletti
per le foto dell'autore.

28 commenti:

Luigi La Rosa ha detto...

Voglio dare ufficialmente il benvenuto a Simone Perotti, ringraziandolo dell'affettuosa intervista che mi ha rilasciato. Ciò che scrive è molto bello e molto profondo, e mi ci rispecchio parecchio. Un grazie speciale anche ai lettori che parteciperanno al blog, dando vita al ponte ideale di cultura e di libertà che sempre anima il nostro grande Faro. Un saluto a tutti, e buona lettura...

Elena ha detto...

Salve, che bella intervista. Mi ha messo proprio curiosità, leggerò il romanzo di Simone Perotti. Anch'io vorrei tanto riuscire a cambiare vita e fuggire una volta per tutte dal mio ufficio. Magari :-)

Luigi La Rosa ha detto...

Salve, cara Elena, grazie di cuore. Lo vorremmo tutti, e il senso del libro di Simone Perotti è proprio questo: farci capire che è possibile!

Elena ha detto...

Grazie a lei, caro La Rosa. Vorrei chiedere all'autore se pensa che un cambiamento radicale nella vita sia possibile anche per chi non ha un talento specifico come ad esempio il dono della scrittura? Grazie.

Vincenzo da Genova ha detto...

Buonasera, anche io ho letto il romanzo su Decu e l'ho trovato interessante. Complimenti per la qualità del pezzo e auguri all'autore.

Anonimo ha detto...

M’imbatto nel nome di Simone Perotti per la seconda volta. La prima volta è stata alla presentazione ufficiale de il cambiamento.it, quando non potendo presenziare alla conferenza stampa lui si è comunque espresso con una lettera molto carina. Luigi, tu mi dai molti elementi in più sulla sua scrittura, e una fortissima emozione. Un tema così presente alla generazione cui appartengo, la nettezza e inderogabilità con cui Perotti parla di scelta, non può che colpire. Mi riprometto di esprimermi non appena avrò letto Adesso Basta, che vado giusto a comprare. Lucia Russo

Luigi La Rosa ha detto...

Lucia cara, grazie delle belle parole. Sono felice che il blog sia una delle occasioni per la scoperta di Simone Perotti e del suo mondo narrativo. Leggilo e poi leggi i romanzi, non te ne pentirai. In attesa che anche Simone veda i vostri interventi, un abbraccio caro...

Piera Mattei ha detto...

Caro luigi,
penso che questo momento sia molto importante diffondere il lavoro di personalità come Simone Perotti, sentire odore di libertà. Ho letto di lui, ma non ancora i suoi libri.

Luigi La Rosa ha detto...

Piera cara, grazie, che bello ciò che scrivi. Simone gioirà di cuore. Sì, le ventate di libertà e di scampo ai luoghi comuni del pregiudizio e della "rispettabilità" borghese sono le unive via d'uscita che abbiamo all'impasse del nostro difficile tempo. Ti chiamo nei prossimi giorni, grazie di avere scritto, un abbraccio

consuelo ha detto...

Ed eccomi pronta all'appello di Luigi che, come sempre, riesce ad attrarre come un canto si sirena- per restare in tema di mare.
Trovare il coraggio di donarsi interamente a ciò che appassiona e per il quale ci sentiamo votati, in questo caso la scrittura, è un argomento che dibattiamo lungamente durante i nostri incontri. Luigi stesso, ne è un esempio. Ci vuole tanta disciplina e sacrificio, concordo pienamente con Simone che ammiro sinceramente. Ho avuto la fortuna di riaccostarmi a questo meraviglioso modo di esprimermi solo di recente. Tanti gli impegni e i doveri. La famiglia, i figli da crescere, il lavoro... tutti imprescindibili e prioritari e come donna ho un deterrente in più. Anch'io mi alzo molto presto, alcune volte anche alle quattro, per riuscire a ritagliarmi un piccolo spazio magico. La notte serve per scrivere mentalmente, il mattino per riportare sul foglio o sul computer, il pomeriggio per correggere. Non si finisce mai! Quanto al rapporto con il mare, come isolana, penso di esserne condizionata e plasmata più di quanto io stessa riesca a percepire. Nel mare c'è l'origine della vita e le nostre radici forse sono liquide come quelle di certe piante acquatiche. ti leggerò Simone!

Luigi La Rosa ha detto...

Consuelo cara, grazie della tua testimonianza. Sì, è sacrificio per tutti, solo così si arriva a qualche risultato. Pensa che stamani - domenica - mi sto tuffando dall'altro capo di Roma per una lezione che durerà fino alle sette di sera. A volte ti accorgi che davvero lo stress è tanto, ma poi, davanti al miracolo di una parola che "scava dentro" dici: ne vale la pena. Assolutamente. Inevitabilmente. Necessariamente. Ne vale la pena. Sono felice che il pezzo ti abbia incuriosito, spero che Simone possa apprezzare i vostri contributi e rispondere presto. Un abbraccio grande, buon lavoro, cara...

gabriella rossitto ha detto...

Un nuovo post è come sempre una bella sorpresa, caro Luigi.
Si scoprono scrittori, libri, mari di parole e, stavolta, parole di mare.
Da indagare, da esplorare al più presto.
Il tema del "cambiamento", della scelta radicale, mi ha sempre incuriosito -leggendo alcuni romanzi di De Carlo, ad esempio- e sempre mi sono chiesta: io potrei?
Una vita nuova e vergine, tornando all'essenzialità della natura: e se fosse possibile?
Grazie per le suggestioni, Luigi, e buone parole domenicali...
gabriella

Anonimo ha detto...

Ho appena visto al TG1 un servizio su Simone Perotti... un manager che lascia tutto e vive con 800 euro al mese. Felicemente. Senza gli orpelli inutili della nostra civiltà ipertrofica, consumistica.
Una faccia pulita, che il mare ha lavato con la sua verità.
Non si può mentire al mare. Il mare ti pone davanti a te stesso e alle tue scelte.
Mi ha colpito quella scritta semplice, su legno grezzo.
E tu, uomo libero, amerai sempre il mare. Baudelaire.
Maria Lucia Riccioli

Anonimo ha detto...

grazie a tutti per i vostri commenti. a chi mi dice che leggerà i miei libri, grazie ancora, spero di non deludere le attese. a chi mi chiede se si può cambiare vita senza talento, io direi senza passioni, io rispondo che un uomo senza una passione a cui dedicare il meglio di sè, a parer mio, è malato. Si può guarire, basta curarsi. E ci si cura dedicando tempo ogni giorno, anche solo dieci minuti, a chiedersi, a tentare, a testarsi, a fare, a essere vivi. per me è sempre stata la scrittura questa palestra, ma ognuno ha la sua. un saluto a tutti. grazie ancora. ciao! simone perotti

Luigi La Rosa ha detto...

Grazie a te Simone, di aver scritto. E' bella la tua testimonianza, e dà davvero tanta speranza. Grazie all'amica Gabriella, che segue sempre le mie iniziative con tanto affetto e sensibilità. Grazie a Maria Lucia che ci regala quel poetico verso di Baudelaire. Sono esperienze di vita che entrano potentemente in quello che siamo e in quello che scriviamo. Un abbraccio a tutti, buonanotte!

Virginia Lepage ha detto...

Bonjour Luigi,

Merci de me faire découvrir Simone Perotti à travers cet interview ou on ressent votre admiration pour ses oeuvres et pour l’homme qu’il est...Effectivement, Simone Perotti parait être un personnage extrêmement intéressant et j’ai hâte de lire ses livres...déjà sa citation ¨ La première règle de la communication est que, ce qui est communiqué doit être honnête et vrai¨... veut tout dire... Bonne continuation. Virginia

Luigi La Rosa ha detto...

Virginia cara,

La sua lettera mi onora e mi commuove. E' la prima volta che un'amica scrive da Parigi, e che il mio piccolo Faro comunica il suo messaggio e le sue emozioni attraversando le distanze e giungendo fino all'amata capitale francese.

Sono felice delle sue parole, della sua attenzione, della squisita sensibilità che dimostra nel voler leggere i libri di Simone Perotti. E' bello questo sforzo di andare oltre le barriere linguistiche e leggere autori lontani, che poi diventano nostri, che impariamo ad amare.

Condivido le sue parole sulla comunicazione. Qui est communiqué doit être honnête et vrai.

Senza onestà intellettuale non ci sarebbero scrittura né arte. Grazie di aver scritto, poi le rispondo anche privatamente, e spero che possa essere sempre presente nei nostri dibattiti.

Un abbraccio, e saluti la splendida Parigi...

Mario ha detto...

Complimenti, il fatto che questo blog sia letto anche in Francia mi sembra davvero un punto a suo favore. Ho visto Simone Perotti in qualche presentazione, e mi riprometto di leggerne i libri. Un saluto a tutti e al signor La Rosa.

Luigi La Rosa ha detto...

Un saluto a lei caro Mario. Continui a leggermi e legga i romanzi di Simone. Un abbraccio...

Giovanna S. ha detto...

Buongiorno, complimenti per il bellissimo articolo. Io credo che delle scelte decisive vadano fatte nella vita di ogni giorno. Altrimenti che senso avrebbe viverla? Non finiamo mai di scegliere. E trovo molto giuste le parole dell'autore. Congratulazioni...

Maria Rita Pennisi ha detto...

Caro Luigi,
solo adesso riesco a collegarmi. Complimenti per la bella intervista a Simone Perotti, che è riuscito a rispondere alle domande, senza svelarsi del tutto e quindi rimane avvolto nel mistero, che lo rende un personaggio ancora più affascinante.Io sono isolana e niente ha più fascino del mare per me. Il mare che sento più mio è il mare di Acitrezza, perché sono cresciute lì, tra gli spruzzi di mare dei faraglioni e l'onda lunga dell'isola Lachea. Luna che tinge il mare d'argento, stelle in cui inciampi nella notte, luci di lampare e poi il rumore del mare, sempre uguale e sempre diverso. Storie d'amore, scorrerie di corsari, avventure percorrono tutti i mari e tutti i mari ci raccontano qualcosa. Storie di fughe, di sopravvivenza, storie d'amore. Persino i fondali raccontano la loro storia e al giorno d'oggi è una storia triste. Lo scrittore che parla del mare racconta di tutto, perché il mare porta in sè il primordiale, l'attuale e quello che verrà. Guardiamo il mare.

Maria Rita Pennisi

Luigi La Rosa ha detto...

Maria Rita carissima, grazie del tuo messaggio. Anche io ti leggo molto tardi, ma la tua firma e la tua presenza non possono mai mancare tra quelle degli amici cari del nostro Faro. Sì, il mare di cui ci parla Simone è sotto i nostri occhi, bello e impetuoso, e ci abitua a un mondo nuovo, fatto di ideali e soprattutto di scelte. Grazie di avere scritto, continua a seguirci e soprattutto leggi i bei libri di Simone. Un abbraccio, a presto

Maria Rita Pennisi ha detto...

Caro Luigi,
leggerò senz'altro i libri di Simone, perché il mare mi intriga, mi conquista. Questo elemento senza padroni e senza ripari accende la mia fantasia e vorrei tornare bambina e sentirmi anch'io come Ariel, sirenetta tra i flutti, vestita di conchiglie e di coralli. Ma credo che non vedrei, come lei allora, limpide acque di fondale, perché i mari vengono continuamente contaminati dall'uomo e dalla sua insensatezza.
Che dirti? Continiuamo a sperare in un mondo e in delle acque migliori in cui navigare. Intanto sognamo seguendo le pagine di Simone, come se fossero uno spartito musicale, in cui ogni suono e ogni respiro del mare trovi il suo posto e arrivi ai nostri sensi carezzandoli.

Maria Rita Pennisi

Marina ha detto...

Buongiorno a tutti, mi colpisce la ricchezza di spunti e riflessioni stimolati da questo blog. Davvero complimenti. Ho già letto qualche libro di Perotti, ed è un autore che amo. Cercherò di procurarmi anche quest'ultimo. Saluti...

Luigi La Rosa ha detto...

Cara Marina, eprdoni il ritardo della mia risposta, sono stato fuori Roma per dei giorni. Grazie di aver scritto e grazie dei suoi complimenti. Continui a seguirmi. Un caro saluto, a presto!

Claudia ha detto...

Carissimo Luigi,
scusa per il ritardo ma per vari motivi non sono riuscita a collegarmi a Internet… meglio tardi che mai! Ho conosciuto Simone Perotti qualche anno fa, a una presentazione de “L’Estate del Disincanto” fatta qui a Roma. Un libro che mi è piaciuto molto e di cui ricordo di aver evidenziato alcune descrizioni del mare che mi avevano colpito.
In questo periodo sto leggendo un libro di Auster in cui si cita più volte l’opera “Walden” di Thoreau. Sono stata sempre molto affascinata da quest’autore che per un paio d’anni ha lasciato tutto per vivere in una capanna e cercare un rapporto più intimo con la natura e con se stesso. In questi giorni riflettevo sul fatto che si tratta di una scelta coraggiosa e difficile e mi chiedevo se oggi ci fosse qualcuno con lo stesso coraggio. Immagina la mia sorpresa quando leggo la tua intervista e scopro che anche Simone Perotti ha lasciato tutto per andare a vivere in una casa di pietra vicino al mare! I tempi sono cambiati, ma senza dubbio le due esperienze hanno molti punti comuni. Questa piacevole coincidenza ha aumentato la mia curiosità e non vedo l’ora di leggere i libri di Perotti che parlano dell’argomento. Chissà che magari non portino una ventata di novità anche dalle mie parti… Intanto faccio tantissimi auguri a Simone Perotti per i suoi libri e naturalmente per la sua nuova vita. Claudia Mereu

Luigi La Rosa ha detto...

Carissima Claudia, il tuo contributo è colto, raffinato, elegante. Ci voleva proprio. Mi piace la tua citazione, anche io adoro quel romanzo di Auster, e il collegamento mi sembra perfetto. Forse dovremmo un pò tutti trovare lo spazio per noi, per la nostra scrittura, trovarlo dentro di noi o ritagliarcelo all'interno delle nostre vite drammaticamente frenetiche e senza respiro. Come Thoreau e come Simone Perotti. In ogni caso io credo che la scrittura sia già di per sé una scelta interiore, uno spazio intimo, quella "stanza tutta per sé" di cui parla continuamente Virginia Woolf in quel suo bellissimo libro. Grazie di cuore del commento, buona lettura, ti abbraccio

Maria Rita Pennisi ha detto...

Che bello il Faro!
Mi dà la possibilità di rincontrare Claudia Mereu, una scrittrice che apprezzo, una persona che mi è simpatica.
Mi piacerebbe tanto rivederti e rivedere anche Angelo, Claudio, Cecilia, Alessandro e tanti altri amici, che abbiamo ho avuto l'occasione di incontrare, grazie a Luigi, l'uomo che crea ponti.
Colgo l'occasione per salutare Lia Levi, Piera Mattei, Francesco Costa, Adelia Battista.
A te Luigi un affettuoso abbraccio.

Maria Rita

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