giovedì 4 novembre 2010

Trastevere, storie da una sponda senza tempo...



Sandra Petrignani ci accompagna

tra i vicoli di Trastevere,

raccontandoci i segreti

di un quartiere unico,

da sempre crocevia

di cultura, arte, innovazione.


Un libro indimenticabile,

che raccoglie testimonianze e aneddoti,

ricostruendo la geografia di un luogo

che ha fatto della creatività

e della libertà i suoi stessi simboli


Ci sono libri che hanno dentro il dono profondo di una suggestione. Libri che ti prendono per mano, che ti accompagnano lungo la via, svelandoti le coordinate di un percorso. Il mondo, tra le loro pagine, riemerge come tra le brume accecanti di un’emozione, con cifre primordiali, forme sensuali che tali libri hanno il potere calviniano di ridisegnare sulle orme di una speciale consapevolezza.


Fin dalle prime pagine di E in mezzo il fiume (Edizioni Contromano Laterza), l’intenso volume che Sandra Petrignani dedica al quartiere romano di Trastevere, so già di avere tra le mani un libro speciale, importante, di quelli che amerò, che custodirò tra le cose care, che mi guiderà per giorni, e notti, nei miei numerosi viaggi. Troppo grandi l’emozione, il fascino, lo stupore di ritrovare nella scrittura il perimetro di un luogo che adoro, e che appartiene ormai abbondantemente al mio quotidiano.


Voglio che il libro mi introduca alle impressioni, e che siano le parole a fare da controcanto ai passi. Me lo porto dietro in una delle mie passeggiate dentro questo novembre ancora non troppo freddo. Su di me, quest’oggi, il cielo ha la consistenza spessa di un cristallo. E’ uno di quei rari pomeriggi in cui, stranamente, tutto sembra immobile, e l’aria di un’incredibile trasparenza.


Scivolo in direzione del fiume, rasentando il suo argine enorme, basso. E’ esattamente qui che ha inizio il viaggio che l’autrice mi fa compiere all’interno delle molteplici anime di Trastevere. Un’autrice che amo, che seguo da diversi anni, e che un giorno mi aveva fatto da guida attraverso le case di alcune indimenticabili scrittrici. La scrittrice abita qui – questo il titolo del suo libro, e lo pubblicava l’editore Neri Pozza.


Qualche anno più tardi, ritrovavo le meraviglie di quelle prime pagine in Care presenze (sempre Neri Pozza), altro suo titolo di successo. Era l’epoca dell’università, dei miei primi studi letterari. Ma la passione c’era già tutta. E la gratitudine. Da allora, non ho più scordato il potere toccante di quei percorsi e della sua scrittura. Un mistero che ho ritrovato intatto pure negli altri successivi lavori, e che nel tempo s’è confuso all’affetto, all’ammirazione.


Trastavere” scrive Sandra Petrignani nell’incipit del suo ultimo libro, “è l’unico quartiere di Roma che ha un rapporto stretto col fiume. Lo si capisce solo vicendoci; perfino quando abitavo sull’altra sponda, quella di Campo de’ Fiori, il fiume non esisteva per me come non esiste per i romani in genere. E’ lontano, ininfluente, dimenticato. Ora lo so, ora che vivo nel quartiere, il fiume appartiene a Trastevere, tutt’uno con esso, tutt’uno con un’idea antica della città.”


Quando mi trasferii a Roma – saranno ormai dieci anni – nell’arrivarci dalla Sicilia, era stato proprio questo senso di antichità a colpirmi, e la sensazione che dietro la città-fondale (scenario privilegiato dei primi amori letterari della mia adolescenza: da Pasolini a Elsa Morante, da Moravia a Sandro Penna, a Ingeborg Bachmann, ad Amelia Rosselli) se ne celassero infinite altre, pronte a dischiudersi nel fasto di un miraggio, rivivendo nell’allucinata metafisica di un verso, di una foto, un sogno a occhi aperti.


Sono le stesse emozioni che ritrovo in E in mezzo il fiume, il bellissimo libro di Sandra Petrignani. Ho percorso ormai l’ampio tratto di strada che da casa mia mi porta a Ponte Sisto. Nell’ombra scura del crepuscolo, i lampioni accesi che s’inseguono sui due stretti parapetti del ponte sono pacate linee di fuoco. E’ di qua, sulla parte destra del Tevere, che si apre l’intrico dei vicoli, mentre le pagine dipanano l’algebra sognante delle citazioni e dei ricordi.


Sandra racconta della gita in barca con l’amica Adriana Polveroni, attraverso le acque del fiume che l’antico Orazio definisce “dorato”. E la rievocazione cede immediatamente alle temperature stilistiche proprie dello scrivere letterario: l’annotazione si carica d’intensità, il tratto di spessore, e la scrittura si fa meravigliosamente poetica. Come, ad esempio, dove l’autrice ci parla della vegetazione acquatica che copre le sponde fluviali: “Molti alberi sorgono dall’acqua, mentre quelli in alto fanno pendere dalla strada fronde oscillanti giù per i muraglioni: tendono all’abbraccio, cercano l’intreccio dei rami gli uni con gli altri, un incontro, come a voler inghiottire l’intervento umano che ha creato quel muro di separazione, cancellando l’affondo diretto delle case nel fiume dove adesso guardavamo passare papere e canottieri.”


Sandra Petrignani possiede la capacità degli scrittori grandi: raccontare attraverso il calore di emozioni autentiche. La sua indagine si mescola alle testimonianze di voci più o meno note, disposte a offrire il loro contributo alla messa a fuoco di una calda anagrafe del cuore. E’ così che Susanna Tamaro ci parla delle “ciriole” che il vicino di casa teneva a spurgare in vasca da bagno, prima di cucinarle. O di un tempo magico, lontanissimo, in cui il Tevere era popolato di storioni, di cefali, di spigole e anguille “ciumarole”. Se chiudo gli occhi per un momento, mi sembra di vederla davvero tanta ricchezza, mentre la folla di giovani riunita nella caratteristica piazza Trilussa – davanti all’imponente palazzo del poeta – si leva in un brusio ubriacante, che fa pensare alla febbre operosa di un alveare.


Guardo giù, proprio sull’orizzonte: l’isola tiberina appare già, come un’immensa nave, ma preferisco spostarmi verso l’interno del quartiere, assecondando il tragitto esistenziale suggeritomi dal libro. Eccomi in Santa Maria, la vasta piazza dal meraviglioso fontanone che contempla una delle più antiche basiliche cittadine. E’ qui che opera don Matteo, ed è nei dintorni che sorge l’asilo per immigrati della Comunità di Sant’Egidio. Il racconto di Sandra Petrignani apre scorci significativi di umanità e confronto, attraverso i quali balena l’anima eterogenea e altruista del quartiere.


Il libro si tramuta in un puntuale corollario di storie - storie di uomini, di donne, che continuano a combattere nonostante tutto, nonostante il dolore, l’abbandono, l’indifferenza collettiva, difendendosi da una realtà che sempre più sembra essere diventata ostile, quando non razzista e violenta. Storie di coraggio e di voglia di vivere, come quella di Roberto, cresciuto in Svizzera e rimasto per strada a causa di dolorose vicissitudini famigliari. Storie che lasciano il segno, perché scritte sulla pelle del quotidiano, e intinte nel sangue disperato dell’esistere.


Aveva paura di morire” racconta Roberto all’autrice, parlando della madre gravemente ammalata, “e io cercavo di confortarla come potevo. Cercavo una spiegazione. Ho cominciato a interrogarmi sul senso della vita: non è possibile che nasciamo solo per morire, no? E che stiamo a fare, a perdere tempo? Ma insomma, lei è morta e io mi sono trovato senza casa – era della ditta per cui lavorava – e con un po’ di soldi che m’aveva lasciato e che ho bruciato rapidamente. Ho interrotto gli studi e sono tornato in Italia, e qui me sò perso… La strada è una guerra continua, ti possono rubare tutto, tutto il poco che c’hai, da un momento all’altro. Ma volano le pizze se vengono a prendermi le cose mie. E’ come in galera: ne acchiappi uno, lo massacri di botte e gli altri non ti toccano più. Però gli anni passano e non ho più la forza di prima.


E’ intorno a questo nucleo di autenticità che si regge il percorso simbolico e iniziatico di E in mezzo il fiume, in questo bisogno di empatia, questa necessità di ricerca dell’altro, in una mappatura che attraversa strade e piazze, circumnaviga territori personali, colma una domanda invisibile che sembra giungerci dalle stesse cose, dai ricordi traboccanti della gente, dall’epidermide millenaria e ipersensibile della città.


Nessuno è escluso dall’appassionante narrazione di Sandra Petrignani: né gli scrittori che hanno fatto di Trastevere meta di veri e propri pellegrinaggi (da Moravia a Elsa Morante, da Pasolini a Dario Bellezza) né gli attori o i registi (da Lucia Poli a Carmelo Bene, Federico Fellini e Nanni Moretti), passando attraverso gli spazi che hanno rappresentato la memoria artistica di Roma (pensiamo ai teatrini-cantine molto in voga negli anni Settanta – resistono l’Argot di Maurizio Panici e lo Spazio Uno di Manuela Morosini) o i tanti locali caratteristici che sono ancora oggi al centro di un’ammirazione nostalgica: ad esempio, il famoso ristorante “Sora Lella” aperto nel 1959 da Elena Fabrizi, sorella dell’attore Aldo e attrice lei stessa, indimenticabile nel ruolo di vecchia attaccabrighe in molti dei film di Carlo Verdone.


E in mezzo il fiume è il loro libro, perché di tutti racconta, perché tutti ritrae, con passione, semplicità e senza inutili retoriche. Il sentire poetico abita questi luoghi e questi personaggi, e l’atteggiamento della scrittrice nei confronti del quartiere è insieme quello dell’abitante ma pure quello assorto e stupito della viaggiatrice al cospetto della bellezza. “Digressioni a parte, mi trovo sotto Ponte Rotto, il primo in pietra della città, o ciò che ne rimane, seduta sui larghi e bassi gradini. Mi ci sdraio quasi, per godermi lo spettacolo di questo moncone di ponte che persino Michelangelo provò senza successo a tenere in piedi. Due vecchie fotografie della serie “Com’era Roma e com’è” mi fanno prendere atto del processo di civilizzazione del paesaggio. La vecchia Isola Tiberina da questa parte presentava un lembo di terra selvatica, entrava nell’acqua con una scabra superficie di roccia e le barchette dei pescatori la circondavano sonnolente. Oggi c’è un lindo piazzale con una scalinata piatta e graziosa, uno spazio per i turisti che possono rimirare, senza graffiarsi le gambe, il troncone dell’antico Ponte Emilio: quasi tutta l’isola non fosse altro che un’arena per contemplare quel che resta del passato.”


Conoscevo bene Sandra Petrignani, avendo molto amato i suoi libri precedenti. E in mezzo il fiume aggiunge qualcosa di speciale alla sua carriera: una nota, un tocco, un affetto che va ad armonizzarsi alle sfumature di un affresco ampio, corale, emotivo, da sempre prossimo ai confini intimi del sentire e alle risonanze che le sensazioni codificano sulla pagina quando riescono a ispirare le nostre storie. E' un libro che porterò con me, e che rileggerò, più volte. Ovunque sarò, ogni volta sarà come essere tornato a casa.

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Già col suo precedente libro, La scrittrice abita qui, lei ribadiva il legame prezioso e imprescindibile tra la sua scrittura letteraria e la magia dei luoghi, luoghi che abitiamo, che pensiamo, che ci mettono in contatto con parti uniche della nostra anima e del nostro essere. Come nasce in lei questa passione per i “luoghi”?


Un mio amico, scherzando ma non troppo, mi dava dell’«animista». Forse è la mia attitudine naturale credere che anche le pietre, e gli alberi, e gli animali a maggior ragione, abbiano un’«anima». La scienza può progredire e manipolare quanto vuole la natura, ma non è ancora riuscita a spiegare il mistero in cui siamo avvolti, il rapporto fra le cose, l’invisibile che parla continuamente intorno a noi. Uno scrittore che si rispetti dovrebbe ricordarsi che nelle sue antiche origini è stato un mago, uno sciamano, uno in grado di creare relazioni fra visibile e invisibile. In molti libri ho fatto parlare gli oggetti: nel senso che li ho interrogati e ho costruito storie intorno alla loro muta presenza. Nel Catalogo dei giocattoli, per esempio, un libro del 1988, e nella Scrittrice abita qui dove la vita di alcune grandi scrittrici europee del ‘900 viene ricostruita attraverso un viaggio nelle loro case-museo, fra i mobili, i libri, i ricordi, i ninnoli che amarono.


Il suo libro E in mezzo il fiume si apre parlando del Tevere e dell’idea viva e personale che ne hanno gli abitanti di Trastevere. E’ interessante l’angolazione che ha scelto per inaugurare questa riflessione, il modo attraverso cui il fiume diventa simbolo di identità, di appartenenza, quasi di orgoglio. Potremmo definirlo, in parte, anche un ottimo pretesto letterario di partenza per raccontare altro ed estendere la passione che alimenta la sua scrittura all’intera città?


No, l’intera Roma è altro dal suo centro, o meglio i suoi centri, che hanno essi stessi diverse personalità. Volevo fare perno su Trastevere, che è veramente qualcosa di unico, un paese all’interno di una città, come non succede, mi pare, dentro nessun’altra metropoli al mondo.


Qual è il rapporto di Sandra Petrignani con Roma? Cosa ha rappresentato questa città nella sua vicenda umana e artistica?


Sono cresciuta con l’idea che Roma fosse l’ombelico del mondo, la città più importante del pianeta. Me l’aveva messo in testa mia nonna, un’umbra innamorata della capitale e che ci viveva. Io sono cresciuta fino a sei/sette anni in un piccolo centro del nord, Piacenza; quando venivo a Roma dai nonni era una festa e sognavo di trasferirmici. Cosa che è poi accaduta. Nella giovinezza, come gran parte della mia generazione post-sessantottina, passavo le serate a Trastevere, frequentavo i cinema d’essai, i teatri underground. Trastevere è presente in diversi miei libri, in particolare nell’ultimo dove è addirittura centrale. Per questo un capitolo è dedicato a “Trastevere downtown”: ho scritto E in mezzo il fiume proprio per celebrare questo aspetto artistico e bohémien del quartiere.


Il concetto di “mappa”, o di “griglia”, si addice moltissimo alla struttura del suo libro. Partiamo dai titoli dei capitoli: Sul Tevere, Rive Droite, Piccolo cuore, Rive Gauche, Rive e Derive, Trastevere Downtown e Simmetrie… Qui ogni capitolo rappresenta la discesa, l’immersione in uno spazio circoscritto, sognante, filosofico, nel quale si stratificano memoria, storia, testimonianze, affetti. Crede che questo possa diventare un metodo affabulatorio estendibile pure ad altre città?


Non ho scritto pensando di inventare un metodo applicabile anche altrove. Per me ogni libro crea la sua peculiare struttura, si cerca le parole per dire quella storia precisa. Se dovessi ripetere come uno stampino la stessa griglia per altri racconti mi annoierei. Per questo non scrivo libri di genere e non ne leggo quasi mai: la prevedibilità di una struttura narrativa mi fa perdere interesse. Vedo che i miei libri fanno scuola: quando ho scritto Ultima India nessuno scrittore italiano vivente sembrava interessato al tema. Ora non ce n’è uno, si può dire, che rinunci dopo un viaggetto organizzato (magari) a dire la sua su quell’immenso complicato paese. E così La scrittrice abita qui: molti cercano di usare il mio metodo per raccontare i luoghi dove hanno vissuto gli scrittori. Ma non basta applicare una tecnica per creare la magia.


E in mezzo il fiume è soprattutto un saggio, ma è al tempo stesso un bellissimo romanzo del respirare spazi e luoghi del sogno. Possiamo affermarlo in virtù della ricchezza, dell’emotività, della partecipazione pulsante che si percepisce in una scrittura mai fiacca, ma sempre vivace, lampeggiante, piena di luce e di intuizioni. Truman Capote sosteneva accoratamente l’abbattimento della barriera discriminante tra “saggio” e “romanzo”, e il suo “A sangue freddo” ne costituisce l’esempio più mirabile. Lei cosa pensa in proposito? Come le piace pensare al libro che ha scritto?


Mi piacciono gli scrittori sottilmente innovatori, quelli che non si ripetono, quelli arditi, indipendenti nel giudizio, che non seguono le mode, ma semmai le inventano, che ascoltano soltanto la voce interiore, quelli che scrivono per motivazioni interiori e non pensando a come andare in classifica. Ecco, se assomiglio a questo ritratto, vuol dire che non ho fallito.


Tra le pagine si fa riferimento a una dimensione autentica, genuina, che nel tempo ha sposato la presenza di intellettuali del calibro di Laura Betti, Pier Paolo Pasolini, Dario Bellezza e Carmelo Bene a quella storica di persone comuni, di semplici abitanti della zona, rendendo amabile tale convivenza, ed esemplare il rispetto e lo scambio tra le due diverse dimensioni. Oggi quest’aria si respira ancora per le strade di Trastevere?


Come dice un mio personaggio, la fornaia Stefania Innocenti, per quanti cambiamenti abbia subito, Trastevere è sempre Trastevere, un altrove caratteristico, uguale a niente altro. Tutto ciò che è oltre il Tevere è «dellà». Ma lo si può capire solo vivendoci. Chi viene nel quartiere per passare una serata, magari nella confusione estrema del sabato sera, probabilmente coglie solo l’aspetto turistico, finto e caotico della zona. A Trastevere, per apprezzarlo, devi passeggiare al mattino, frequentare i suoi baretti, in qualche caso anche un po’ malfamati, fare amicizia con i clochard, confrontarti con la realtà potente della comunità di Sant’Egidio, spostarti a piedi o in bicicletta.


E poi c’è l’isola, col suo antico sapore mitico, la chiesa e l’ospedale. Lei fa riferimento a un sentimento di “solitudine” che nell’isola si percepisce più che in altri punti della città. In un passo del libro lei scrive: “Resto sola, sola come se oltre l’Isola Tiberina non ci fosse più una città.” Quanto ritiene necessario un simile sentimento contemplativo alla sua personale vocazione alla scrittura?


Se fossi una suora, sarei senz’altro del tipo contemplativo. Sono pigra e sognante per carattere. Mia madre mi diceva spesso quando ero piccola: «Non t’incantare». Me lo diceva come rimprovero. Invece credo che in quella mia capacità d’incantarmi, che non ho mai perso, sia una parte buona di me. Io m’incanto e m’innamoro spesso: dei luoghi, delle persone, dei libri che leggo, degli animali di cui mi circondo. Mi piace molto la solitudine, se posso contrapporla alla socialità, di cui anche sento un certo bisogno. Ma più per poterla contrapporre alla solitudine che in se stessa. Mi piace poter scegliere la solitudine, insomma. L’Isola Tiberina è un buon simbolo cittadino di luogo appartato, pur stando proprio in mezzo al fiume, alla città, al passaggio da una sponda all’altra.


Personalmente, ho molto amato pure un altro suo libro, intitolato Care Presenze. Nei racconti che le pagine contenevano si percepiva l’irrompere di un mistero che diveniva l’atmosfera del libro stesso e il filo rosso che legava le storie in esso contenute. Il mistero si muta nella sua scrittura in narrazione, in suggestione, in incanto. E’ un mistero indagato attraverso le più impensabili e originali pieghe del quotidiano, un mistero che seduce il lettore. Dove e come nasceva l’idea di quella sua bellissima opera?


Anche io credo che Care presenze sia il mio libro più complesso e ardito, anche se è un po’ manchevole nella parte della «cornice» che contiene tutte le storie. Se lo riscrivessi, lavorerei a rendere più autonoma e convincente quella storia lì, mentre tutte le altre funzionano perfettamente. Nasce dalla voglia di scrivere storie di fantasmi, un po’ per gioco e un po’ sul serio. Fantasmi contemporanei, anche psicologici. Ci sono molte capriole divertenti in quel libro: capriole di struttura, di linguaggio, di punti di vista. C’è il segreto rapporto fra vivi e morti, fra diverse dimensioni dell’essere. C’è soprattutto una gran voglia di raccontare per raccontare, uno sbizzarrirsi nel raccontare. Lo definirei proprio un libro a briglia sciolta.


Il libro che lei dedica a Trastevere ritrae dall’interno la vita artistica e bohémien del quartiere, attraverso un innesto di citazioni e riferimenti, di aneddoti e ricordi individuali. Sicuramente si tratta di un’indagine ma pure di un viaggio, un meraviglioso itinerario nei luoghi e nei territori del cuore. Che emozioni le ha procurato compiere questa ricerca e ripercorrere tracce che appartengono sicuramente anche al suo passato?


Ci sono zone del nostro passato che finiscono nel dimenticatoio perché non c’è un filo di continuità col presente. Per esempio il mio assiduo frequentare i teatrini negli anni ’70 lo consideravo un po’ un capitolo chiuso che non si riverbera significativamente sul mio oggi. Rivivere quegli anni per scriverne, attraverso i racconti che mi ha fatto Lucia Poli, è stato recuperare una zona d’ombra, ricucire un pezzetto di me a tutto il resto.


I libri – quando sono ben scritti – riescono a generare miracoli e casi che hanno dell’incredibile. Tra le sue pagine si racconta di una singolare guida utilizzata da Elsa Morante in un periodo particolarmente travagliato della sua esistenza. Poi, qualche tempo addietro, è accaduto un fatto abbastanza magico: un omaggio che le giungeva per posta, e ora questa guida è tra le sue mani e conserva sulle sue pagine i segni delle stagioni come cicatrici. Mi piacerebbe che rievocasse questo interessante aneddoto per i lettori di “Verso il faro”.


Giorni fa la lettrice che mi ha fatto questo graditissimo dono si è presentata in carne e ossa a una presentazione del libro e ho potuto esprimerle direttamente la mia gratitudine. Sono alcune delle magie che producono i libri: l’autore e i lettori soddisfatti di un libro costituiscono una specie di società segreta, di clan. Ci si capisce e si condivide qualcosa di autentico. Uno scrittore sopravvive grazie a questo tipo di lettori, quelli veri, quelli che il libro non si limitano a comprarlo, ma che davvero lo leggono e lo amano. Penso che, nei casi migliori, i miei libri siano la parte più risolta di me e che quando un lettore mi dice che leggermi lo ha aiutato in qualche modo a capire qualcosa di sé o di una sua situazione, si è messo in moto uno scambio inconscio che ha a che fare con il ruolo sciamanico di chi scrive. Ci si sente, allora, strumenti di qualcosa che sfugge alla volontà, qualcosa che appartiene a quell’invisibile su cui non abbiamo potestà razionale. Ma tutto questo non ha niente a vedere con la bellezza o bruttezza di un testo, con le sue qualità letterarie che un critico ha il compito di valutare. Testi orrendi possono fare del bene, mentre opere artisticamente significative possono lasciare indifferenti i non addetti ai lavori. Sono due categorie diverse, che solo qualche volta, felicemente, s’incontrano.


Come molti artisti e intellettuali lei ha scelto Trastevere per vivere. Ma prima di arrivarci, ha pure abitato in altre zone di Roma e avrà conosciuto di sicuro dimensioni differenti. Com’è quell’altra Roma? Cosa le è rimasto di quel tempo e di quei luoghi?


Ho abitato a Monte Sacro (la vecchia «Città Giardino»), al quartiere Trieste e in quello Africano, non mi è rimasto molto di nessuno se non la distanza dal centro, dove in realtà ho sempre gravitato. Per un periodo ho vissuto a Campo de’Fiori, ma erano gli anni di piombo e non era piacevole. Durante le manifestazioni di protesta si viveva un clima da coprifuoco, chiudevano i negozi, c’era un fuggi fuggi.


C’è un personaggio – un artista, uno scrittore, un attore – qualcuno che ha maggiormente influenzato il suo rapporto con Roma?


Da Giulio Einaudi, un torinese che si trovava a suo agio a Roma, ho imparato alcuni buoni indirizzi di ristoranti: era un buongustaio dai gusti semplici e raffinati. Ma Roma per me si identificava con Alberto Moravia, almeno una certa Roma colta e borghese. Mi piaceva accompagnarlo al cinema. Anche se disturbava tutti perché, essendo un po’ sordo, continuava a chiedere: «Che ha detto? Che ha detto?» quando perdeva qualche battuta del film, la gente non protestava: era un monumento cittadino!


Qualcuno che invece avrebbe tanto voluto incontrare e che purtroppo non ha fatto in tempo a conoscere? Roma non è anche fatta di occasioni, di incroci, destini che si toccano per poi allontanarsi e perdersi per sempre?


Elsa Morante. La incontrai una volta alla Casina Valadier: era con un amico e io con Ruggero Guarini che me la presentò. Ma ero giovane e intimidita, non riuscii a dirle una parola. E gliene avrei voluto dire tante, tantissime. La adoravo.


Io ho sempre pensato che le radici non siano solo quelle legate ai luoghi in cui si verifica la nostra venuta al mondo. Ce ne sono altre, legate alle nascite interiori delle nostre vite. Radici legate ai luoghi che scopriamo, nei quali per la prima volta abbiamo capito chi siamo, cosa amiamo, cosa vogliamo essere. Qual è il suo rapporto con questo tema? Quanto lo avverte nelle storie che racconta?


Le radici sono la lingua che parliamo, anche i dialetti. Se ascolto il dialetto emiliano mi sento a casa, pur non sapendolo parlare. L’India è un paese che ha contato molto nella mia vita, ho fatto molti viaggi laggiù, ci ho scritto su un libro e posso dire di aver capito qualcosa di me stessa che non sapevo percorrendola in lungo e in largo. Ma le radici sono dove sei nato, dove sei cresciuto, le parole che hai imparato da piccolo. Quando pronunciavo mantra in sanscrito non mi risuonavano dentro come un Padrenostro…


Mi domando come sarà Trastevere domani. In futuro quali suggestioni il quartiere regalerà ancora ai suoi abitanti? E soprattutto: secondo lei quanto sarà forte e sentita l’atmosfera che ha fatto di questo luogo un rifugio di artisti e intellettuali?


Più di una persona che s’incontra nel mio libro su Roma mi ha detto: per quanti cambiamenti abbia subito, Trastevere è sempre la stessa, non cambierà mai. Lo credo anch’io.


Trastevere mi sembra anche un quartiere ricco di animali. Uccelli, gatti, cani soprattutto, che passeggiano nelle sue piazze o si rincorrono nei suoi parchi. E credo che si avverta anche una specie di rispetto, di sacralità dell’animale, che sempre più purtroppo altrove vediamo offesa o violentata. Non immagineresti mai piazza Santa Maria, o il ritrovo di San Callisto, o San Cosimato stessa, senza la compagnia poetica degli amici animali e i loro richiami. Si potrebbe partire proprio da questo punto di Roma per intensificare la sensibilizzazione delle coscienze in merito a un aspetto tanto urgente e irrinunciabile del vivere civile?


Non insegni a nessuno ad amare le bestie se non ci arriva da solo. Però uno degli aspetti che mi rende cara Trastevere è proprio la sua «densità animale».


Cara Sandra, sta già lavorando a un nuovo romanzo o a qualche altro libro? E’ possibile avere qualche anticipazione?


Ho quattro o cinque progetti cui penso in continuazione. Ma non riesco a farne prevalere uno e mettere gli altri in stand-by. Immobile per eccesso di fantasia, diciamo così.


Luigi La Rosa




la foto dell'autrice è di

Pasquale Comegna,

che si ringrazia vivamente



le immagini adoperate sono tratte

dai seguenti siti:


http://www.tesoridiroma.net/galleria/ponti_roma/foto/hpnrotto01.

http://www.google.it/imgres?imgurl=http://iguide.travel/photos/Rome/Trastevere-3.

http://www.officinadelleartiantiche.it/Immagini/foto_roma_003.

41 commenti:

Luigi La Rosa ha detto...

Voglio anzitutto ringraziare Sandra Petrignani per la disponibilità, l'amicizia, l'affetto dimostratomi rispondendo alla mia lunga intervista. E' stato un piacere fare la sua conoscenza, come leggere i suoi libri. Quest'ultimo, poi, è un vero e proprio atto d'amore per Roma. Saluto tutti coloro che prenderanno attivamente parte al forum, e li ringrazio, come sempre, di partecipare agli spunti culturali di "Verso il faro". Attendo di leggervi numerosi. Un caro saluto a tutti da Roma...

Elena ha detto...

Trovo questo pezzo bellissimo, davvero complimenti. Ho già letto in passato il libro sulle case delle scrittrici e voglio fare personalmente i complimenti all'autrice. La considero una voce importante del nostro panorama letterario. Questo pezzo mi invoglia a leggere anche quest'ultimo suo libro. Un saluto a tutti e congratulazioni.

Luigi La Rosa ha detto...

Cara Elena grazie del commento. Sì, la scrittura di Sandra Petrignani è davvero coinvolgente, e anche io ho apprezzato molto quel libro dedicato alle case-museo di alcune grandissimi scrittrici europee dell'ultimo secolo. La magia dei luoghi che si fa parola, che diventa racconto. Niente di più grande. Le consiglio anche "Care Presenze", l'altro libro della Petrignani che ho amato molto: una specie di corollario, di vasta raccolta di storie legate al mistero ma pure all'introspezione, ai sentimenti, alle passioni che coinvolgono un gruppo di personaggi riuniti in una dimora di campagna. Davvero una trama magistrale, e un intreccio di vicende e di situazioni che lascia il lettore senza fiato dalla prima pagina all'ultima. Continui a seguire il dibattito, e spero di leggerla ancora. Grazie. Una buona giornata...

Anonimo ha detto...

Luigi caro, questa intervista è bellissima. La voce di Sandra Petrignani sussurra davvero all'orecchio. E anche quella di Roma, che si fa consistente come un personaggio, con le sue venosità, le sue arterie di flussi, e il fiume che scorre al centro, dritto al cuore.
Avevo già colto questo stupore di Sandra Petrignani nel racconto inserito in "Roma per le strade" (Dall'Africa all'Argentina: passeggiando per Roma)quella meravigliosa antologia in cui Massimo Maugeri - da geniale narratore qual è - ha riunito gli sguardi degli abitanti più pensosi di questa città: i suoi poeti, i suoi scrittori. Lì si notava subito lo stupore nel vivere Roma, vedendola affiorare dalla periferia, guizzare tra pietre e scandagli, angoli celebri e vicoli affogati di storia.Ed emergeva poi l'amore della Petrignani da abitante non solo dei luoghi ma delle suggestioni, delle resurrezioni del passato, del sogno che si fa consistente.
Gattosa, Roma, pensavo leggendo, e solitaria, e chiassosa. Ma anche, come dice bene Sandra Petrignani, invisibile al turista. Quando io ci abitai, quindici anni fa, preferivo rasentare i palazzi con le mani, imprimermene l'odore addosso, svicolare senza meta, lasciarmi assalire dal rarefarsi dei suoi tramonti. Preferivo fingere che ci avrei abitato per sempre.
Bravo Luigino, ad averci regalato questo battito d'anima, questo presagio di vita oltre, questa voce d'artista così calda.
Una serata romana, allora. E un arrivederci tra le sue rive.
Simona Lo Iacono

Luigi La Rosa ha detto...

Simona carissima, grazie davvero. Per le belle parole, per la poesia che esse trasmettono, per il fascino di Roma che così vivo torna nel tuo commento. Condivido ciò che tu scrivi in merito alle pagine di Sandra Petrignani, e condivido la tua ammirazione nei suoi confronti. E' stata davvero gentile a prestarsi a questa lunga intervista, insieme agli altri amici scrittori ai quali rivolgo il solito saluto affettuoso. Voglio che questo spazio pulsi di luce, di vita, di creatività. Voglio che raccolga voci contemporanee che sanno ancora interrogarsi sul senso ultimo della bellezza. Sandra Petrignani è una di queste, e una presenza. Grazie davvero del contributo e saluti cari a tutti i lettori che scriveranno...

Ang ha detto...

stupendo, ho cominciato a leggere, stupendo, ma il resto l'ho stampato e lo leggo stasera, ché la lettura serale è sempre la più bella.

Maria Di Lorenzo ha detto...

Ammiro molto Sandra Petrignani anche se non la conosco di persona. E amo da morire Trastevere, pur non avendoci vissuto mai. Puoi immaginare perciò la felicità che mi dà questo libro. Ed è doppia, se posso dirlo, leggendo il tuo articolo-capolavoro (non esagero, hai delle doti straordinarie di scrittore secondo me). Grazie, dunque...

Anonimo ha detto...

Caro Luigi, complimenti di cuore per la capacità che hai, davvero notevole, di cogliere i palpiti, i sussulti vitali dei libri e degli autori che presenti. Sono rimasto incantato a leggere questo servizio, mi è sembrato di ripercorrere con la mente le vie, i locali di Trastevere che ho visitato qualche anno fa. Amo immensamente quei luoghi, cullo ricordi piacevolissimi di Roma e di Trastevere in particolare, vi ho trascorso momenti indimenticabili, e oggi me li hai fatto rivivere.
Un abbraccio.
Salvo Zappulla

Anonimo ha detto...

PS.(Me li hai fatti)...chiedo scusa, ma di là ho la pentola che bolle.

Salvo Zappulla

Unknown ha detto...

Caro Luigi, già da tempo sapevo che nel tuo blog ti saresti occupato di Sandra Petrignani e di "E in mezzo il fiume" e mi ero ripromessa di leggerlo in tempo per poterne discutere con te e con gli amici che frequentano questo spazio, quest'isola di pensieri e scambio di opinioni.
Ma come spesso si fa, sommersi dal quotidiano che scorre e ci travolge, ho rimandato.
Come sempre però le tue parole, le tue descrizioni, le tue osservazioni così puntuali ma allo stesso tempo poetiche e evocative mi hanno fatto entrare dentro al libro e mi hanno cucito addosso una gran voglia di leggerlo.
Se c'è un quartiere, tra quelli che nella mia vita ho avuto la fortuna di vivere, per lungo o breve tempo, Trastevere è proprio quello che mi ha dato le emozioni più grandi.
Hai ragione quando dici che le cose hanno un'anima e ciò è maggiormente vero in certi luoghi.
L'anima del fiume, degli angoli, degli scorci che, quando provieni da vicoli tortuosi e angusti, ti si aprono al cuore e alla vista.
I rampicanti, le scalette, il tempo immobile e lontano dai rumori della capitale.
Ho ancora nelle orecchie gli echi dei miei passi sulle pietre sconnesse, nelle mattine di metà agosto. Il cuore di Trastevere ancora addormentato, le vie deserte. Negozi e trattorie in attesa.I netturbini che si lanciano battute in romanesco.
La precisa sensazione che lì è il tuo posto.
E tu sai quanto per me sia vero ciò che scrivo.
Un abbraccio

consuelo ha detto...

Se oltre al luogo dove sei nato e cresciuto, esiste una città alla quale senti di appartenere, è Roma. Almeno per me. ma non penso di peccare di presunzione affermando che per molti altri sia la stessa cosa. Ho iniziato da poco a leggere il libro di Sandra e non possiedo ancora elementi sufficienti per esprimere la mia opinione, posso solo dire di essere stata conquistata fin dalle prime battute, dalla verve del suo linguaggio, dal tono quasi colloquiale con cui rende partecipi delle sue personali visioni. Questo tevere dorato e sinuoso che attraversa e abbraccia la città, lambendola con le sue acque come una nutrice, i vicoli di trastevere dove si respira l'anima più autenticamente segreta di Roma, trasudano dalle pagine come dai muri, dal basolato che calpesti, dal profumo che si sprigiona dai baretti. Regalano suggestioni ma al tempo stesso restituiscono voce a quell'idea di bellezza che ti ha toccato quando ci sei stato e che è rimasta inespressa dentro te. Sandra è questa voce. E che dire poi di Luigi? Le sue interviste sono un attentato, nel senso che ti strappano letteralmente dalle mille incombenze quotidiane per inchiodarti, libro in mano, a leggere.
Ci risentiamo quando avrò finito.
Un saluto a tutti gli amici del faro

Maria Lucia Riccioli ha detto...

Luigi ha il dono speciale di creare fili e ponti tra le città e le persone. Non potrò mai dimenticare gli stage romani, durante i quali scivere e leggere si fa tutt'uno con la scoperta e la condivisione di luoghi e magiche, care presenze, per dirla con la Petrignani,che saluto cordialmente.
Trastevere ha un'anima particolare, un po' come la Ortigia di noi siracusani, e l'autrice ha il dono di saperla raccontare.
Grazie a Luigi per le suggestioni.

Luigi La Rosa ha detto...

Cara Ang, grazie di cuore, grazie davvero di aver addirittura stampato il testo e leggerlo con calma. Tutto questo mi emoziona moltissimo. Aspetto di rileggerti...

Luigi La Rosa ha detto...

Maria cara, grazie anche a te. Sempre così presente e così affettuosa. Come si fa a non amare Trastevere? E' la meraviglia di un villaggio antichissimo nel cuore di una capitale moderna. E tutto questo contribuisce alla sua magia. Grazie dei complimenti, spero che possa continuare a seguirmi sempre con la stessa passione. Un abbraccio...

Luigi La Rosa ha detto...

Caro Salvo, è proprio questo lo scopo di questo mio spazio. Far vivere le emozioni delle pagine più belle, più intense. Far vedere, far sentire i luoghi nei quali trasportiamo i nostri sogni letterari. E Trastevere è quinta, scenario, fondale, teatro dell'anima, spazio del cuore. E' tutto questo, insieme ai ricordi, alla memoria, alle testimonianze che si stratificano sommandosi in un tutto poetico e risonante. Continua a seguirmi, vedrai che il libro di Sandra ti conquisterà. Un abbraccio caro, a prestissimo...

Luigi La Rosa ha detto...

Mavie cara, conosco benissimo quella sensazione. Ed è quella che ho provato vent'anni fa, la prima volta che arrivai a Roma. L'idea di essere finalmente a casa. L'idea di una perfetta coincidenza tra il mio sentire e lo spazio che mi circondava. Sensazioni che di recente ho provato solo a Parigi, e che mi fanno scegliere anche questa città come seconda della mia vita. Ebbene, tutto questo l'ho rintracciato potentemente nell'ammirazione, nel calore, nell'affetto sincero del libro di Sandra Petrignani. Un libro bellissimo, che sto davvero consigliando a tutti. Continua a seguirmi, spero di rileggerti presto...

Luigi La Rosa ha detto...

Cara Consuelo, il tuo commento mi emoziona come pochi. Che attentato meraviglioso! Magari avessi davvero questo potere - magari lo avesse davvero la mia scrittura. Il mio modesto tentativo è solo quello di indicare delle emozioni. Far sì che la luce del mio faro tagli la notte buia degli abissi contemporanei suggerendo una cifra, un percorso, un'emozione. E' questo il mio impegno e la mia speranza, e mi tocca il fatto che voi rispondiate con tanto affetto. Tutto questo farà crescere il blog, rendendolo vivo, attivo, meravigliosamente pieno di spunti e di emozioni. Presto, nuovi bellissimi servizi. Intanto, leggi il libro di Sandra e poi, se ti va, ne riparliamo. Un abbraccio caro dalla capitale...

Luigi La Rosa ha detto...

Maria Lucia carissima, questa capacità di creare fili che sempre più mi viene riconosciuta è la mia passione. Mi rende vivo. Anche il blog nasce con questo spirito ben preciso, e realizza l'ambizione faticosa di mettere insieme sensibilità, incroci, punti di vista differenti. Stavolta, la passione per Roma e per Trastevere, oltre all'ammirazione per una scrittrice che amo, ha fatto il resto, aggiungendo quella nota d'incanto che tutti voi sottolineate. Essa vive solo grazie ai vostri contributi, alle vostre lettere, e rende meravigliosamente pulsante questo spazio. Grazie davvero, spero di leggerti ancora, e buona domenica...

Filippo da Milano ha detto...

Buongiorno a tutti. Dopo aver letto questo bel servizio mi sono incuriosito e ho comperato il libro della signora Petrignani. Ho sempre amato Roma, pur non vivendoci, e leggo tutto ciò che la riguarda, compresi saggi storici, testi vari e manuali. Sto scoprendo un libro bellissimo, che come dice La Rosa ti prende per mano e ti accompagna in un quartiere bellissimo e pieno di memorie. Volevo complimentarmi con la scrittrice, della quale andrò a leggere altri testi, magari il citato "La scrittrice abita qui". E grazie a chi gestisce questo blog per la sua qualità e la sua eleganza...

Anonimo ha detto...

abitando a trastevere da oltre trent'anni, ancora mi sorprendo a scoprirne angoli mai visti, scorci ancora ignoti, facciate, piazzette, nicchie di cui non conoscevo l'esistenza. il bel libro di sandra petrignani mi fornisce una messe di ulteriori informazioni su un quartiere unico al mondo che pare tendere a sottrarsi all'altrui curiosità per rimanere misterioso, elusivo, indifferente. visitato da cleopatra, san francesco d'assisi, goethe (per dirne alcuni), è ancora lì che si offre e si nega ai milioni di individui che vengono da ogni parte del mondo per esplorarlo. e il blog di luigi la rosa conferma una volta di più che l'eleganza è cosa rara. bravo, luigi! francesco

Luigi La Rosa ha detto...

Caro Francesco, tu che ci vivi, sai benissimo quale ricchezza offra Trastevere, quale luogo d'incanto sia, e cosa possa rappresentare per uno scrittore. Grazie di avere anche le tue parole, sei un amico caro e una presenza ormai abituale del nostro blog. Pian piano, come sempre, parte un dialogo che cresce, che matura di giorno in giorno, e questo grazie alla passione dei lettori, di quanti si affidano alla luce del nostro piccolo grande faro. Grazie davvero di aver scritto, spero di rileggerti presto. Intanto, un saluto caro e un abbraccio a tutti...

Luigi La Rosa ha detto...

Filippo caro, rispondo anche al suo bel contributo. Mi riempie di gioia leggere che queste pagine siano state utili nell'indirizzare la sua lettura. Le assicuro che non si pentirà. Il libro di Sandra Petrignani è davvero un gioiello di ispirazioni, informazioni, ricordi, testimonianze, aneddoti. E' un mondo variopinto, che si cristallizza in forma d'arte. Legga pure l'altro libro, quello sulle case delle scrittrici, ne resterà colpito, com'è accaduto a me. Grazie anche a lei delle bellissime cose che ha scritto sulla qualità del blog. Continui a seguirmi e a scrivere. Un abbraccio...

Anonimo ha detto...

Grazie Luigi dell'invito a questa lettura di "E in mezzo il fiume".Appassionante, dolcissima. Mi rivela le ragioni di quella fascinazione che da sempre Trastevere esercita anche su di me. Diciamo che l'ha resa intellegibile mentre avanzando tra le pagine mi pareva d'essere condotta oltre un apparente sipario urbano per approdare ad un dietro le quinte animato dai protagonisti, da rumori, abitudini, suoni, atmosfere e regole che dettano la vita del rione e ne creano l’incanto. Per non dire di quel senso di appartenenza, di quel "vivere al centro, senza l'arroganza del centro" (pag. 27). Mi piace molto il modo in cui la Petrignani, come del resto anche ne La scrittrice abita qui, ti aggancia al testo con estrema semplicità e poi non ti molla più. In un sapiente crescendo, stimola l'interesse con la sua personale miscela di reportage e narrazione, di affabulazione e suggestione. La riflessione va al tema dell'identità di un luogo, oggi di grande attualità. Mentre le città si omologano sempre più da un capo all'altro della Terra e si discute tanto di quei luoghi-non luoghi in cui da turisti rischiamo di dimenticare dove ci troviamo,"E in mezzo il fiume" racconta di un posto unico con un amore che trasborda da ogni riga e non può che contagiare. Descrive ciò che sfugge all’analisi di qualsiasi simposio urbanistico-architettonico : il tessuto umano e l'anima di un contesto abitativo. Abbracci. Lucia Russo

Luigi La Rosa ha detto...

Lucia cara, grazie. Mancava ancora la tua voce attenta, acuta, profonda al corollario dei lettori del libro di Sandra. In effetti, l'arte ha e deve avere il potere di ri-nominare le cose, strappandole dal qualunquismo, dal vuoto, dalla mancanza di senso. Ogni libro aggiunge senso al reale, performandolo. E questo in particolare, recupera tale senso dai luoghi, che la penna dell'autrice attraversa con un incanto costante, e con una passione che si trasmette al lettore, incatenandolo al racconto. Dovrebbero essere così i veri libri: agganciarci e non abbandonarci più fino alla fine, lasciandoci poi la voglia di rileggerli. Succederà anche a te, com'è accaduto a me con "E in mezzo il fiume". Ti succederà di rileggerlo, e ogni nuova lettura sarà un'esperienza originale, che suggerirà nuovi stimoli e nuove direzioni dello sguardo. Grazie ancora di aver scritto, torna prestissimo. Sono certo che nascerà un meraviglioso dibattito. Un abbraccio caro da questo autunno romano velatamente grigio ma poetico...

Elena ha detto...

Un saluto ai lettori del blog e all'autore. Ho letto il libro di Sandra Petrignani e l'ho trovato particolarmente evocativo. Trovo bello anche il pezzo, perché ti fa sentire dentro i luoghi delle pagine. Grazie a tutti e un saluto affettuoso alla scrittrice...

Luigi La Rosa ha detto...

Grazie cara Elena, grazie del suo gentile commento. Spero di ritrovarla ancora. Un saluto da Roma...

Martina ha detto...

Salve, ho scoperto per puro caso l'esistenza di questo blog e devo complimentarmi molto con i curatori. Oggi è sempre più raro trovare pezzi culturali così ampi e ben scritti. Mi occupo di scrittura giornalistica e non solo, e queste pagine mi hanno letteralmente catturata. Leggerò con piacere il libro di Sandra Petrignani, e anche gli altri suggeriti nelle varie interviste...

Maria Rita Pennisi ha detto...

Caro Luigi,
come al solito riesci a coinvolgerci nel tuo blog, che ha qualcosa di speciale e questo qualcosa di speciale è la tua capacità di invitare scrittori, che hanno dentro un mondo ricchissimo. Il libro descrive non solo Trastevere, ma specialmente il cuore di chi scrive e sa trasformare in poesia e incanto tutto ciò su cui posa lo sguardo. Tu lo sai che io amo Roma particolarmente e amo molto Trastevere,anche perché tanti ricordi piacevoli mi legano a questo quartiere così caratteristico, in cui ancor oggi mi sembra di toccare il cuore di Roma, il suo palpito e il suo mistero.
Complimenti a Sandra e complimenti a te.
A presto
Maria Rita Pennisi

Luigi La Rosa ha detto...

Maria Rita cara, sono felice che queste interviste comunichino tutta la passione che sta dietro i libri. E' un impegno importante, questo del blog, che mi ruba anche tempo e spazio, ma mi ci dedico con un piacere immenso, perché significa tendere un filo, allungare una proposta all'altro, creare una disponibilità alla lettura. Abbiamo bisogno di spazi che facilitino tutto questo. So quanto ami Roma, e so che questo libro ti commuoverà in particolar modo. Presto, usciranno nuovi interessanti servizi, che ti chiedo di seguire con la stessa passione di sempre. Siete tutti davvero molto affettuosi, e se questo luogo del pensiero vive è grazie a tutti voi e al vostro affetto. Un saluto caro, continua a seguirmi, un abbraccio pure a Orazio

Luigi La Rosa ha detto...

Martina cara, sono felice che abbia scoperto VERSO IL FARO. Continui a seguirci, troverà tanti spunti utili e appassionati. Anche il libro di Sandra la colpirà molto, soprattutto se ama Roma. Spero di rileggerla ancora, e presto. Un saluto affettuoso...

Giuliano ha detto...

Bel pezzo, complimenti. Io ho letto "Care presenze" e mi ha colpito soprattutto l'atmosfera di paura che si respirava tra le pagine. L'ho apprezzato parecchio e l'ho pure regalato. Ora leggerò pure questo libro su Roma e su Trastevere. Saluti a tutti...

carlApe ha detto...

Carissimo Luigi,
mi mancano tanto le serate e gli incontri tra voi e questo tuo spazio - pari a un raffinato caffè letterario – mi fa sentire di nuovo la stessa scintilla di interesse e trasporto per le passioni comuni.
Non penso ti emozionerai nel leggerlo, ma anch’io mi trovo a stampare le tue pagine, non tanto per il piacere serale ma perché costretta dagli impegni di lavoro e famiglia, per riuscire a leggerle in metropolitana…
Condivido appieno il parere della scrittrice sullo sciamanesimo dell’idea creativa, che sto ancora approfondendo con la donna-lupo della Estès e lo spirito delle Fiabe.
Pochi giorni fa è capitato anche a me di rincontrare una conoscenza di anni addietro e, confrontandoci, abbiamo avviato quello scambio’ che ‘aiuta a capire qualcosa di sé o di una situazione’. E’ interessante che l’autrice ami molto l’India, perché questo mi fa pensare a un libro di un autore di origini indiane,Deepak Chopra nel suo ‘Le coincidenze per realizzare il proprio destino’, dove parla di fare da “catalizzatore” tra idee e persone (è soprattutto medico e ottimo autore di libri sul benessere psico-fisico ).
In fondo la smania di leggere nasce anche per conoscere e ampliare il nostro orizzonte e la nostra coscienza, e lo spirito del ricercatore si imbatte spesso in piccoli incontri preziosi per la sua anima… (mi sento apparentata alle indomabili cercatrici di fossili di ‘Strane creature’…).
Un caro saluto a te, Luigi, e a tutti i comuni amici che leggo con piacere nel tuo Faro… e un grazie a Sandra Petrignani per le sue opere che andrò immediatamente a scoprire, data la curiosità vivamente solleticata!

Chez Edmea ha detto...

Bellissimo post. E' stato un piacere leggerlo.

Luigi La Rosa ha detto...

Carla cara, grazie delle belle parole. E' proprio come dici tu, mi piace l'idea di un "salotto" (parola peraltro orrenda) inteso come scambio del bello, dell'idea emotiva, della passione condivisa. Vedo che anche tu stai leggendo e scrivendo tanto, brava, anche se ci manchi. I ragazzi mi chiedono continuamente quando torni tra noi. Buona lettura, un bacio alla bimba, ci sentiamo presto e grazie di aver scritto. Sei sempre tanto cara e affettuosa...

Luigi La Rosa ha detto...

Cara Edmea, grazie del gentile messaggio. Per me è stato un piacere leggere il suo contributo. Continui a seguirmi, un abbraccio...

Luigi La Rosa ha detto...

Giuliano caro, pardon, avevo scordato la sua riposta. Condivido la sua passione per "Care presenze", è un libro magnetico, avvolgente, che non finisce mai, perché lo si ricorda anche anni dopo averlo letto e fatto tuo. Credo sia una delle cose più belle che abbia scritto Sandra Petrignani. A lei, un saluto affettuoso e grazie di aver preso parte alle voci del mio Faro...

Mariella ha detto...

Questo blog è molto ben fatto e il testo è scritto benissimo. Mi piacerebbe sapere se chi l'ha scritto ha pure pubblicato dei libri. Sto leggendo quello della signora Petrignani, che trovo splendido. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più pure su Luigi La Rosa. Grazie.

Luigi La Rosa ha detto...

Salve, cara Mariella, grazie del bellissimo commento. Sono felice che stia apprezzando il libro di Sandra Petrignani, davvero un gran bel lavoro, che ci offre Trastevere in una dimensione sognante, luminosa, piena di tradizioni e di culture. In merito ai miei libri, ne ho curati diversi, ma quelli a cui tengo di più sono i quattro editi da Rizzoli nella collana "Pillole". Le consiglio l'ultimo in ordine d'uscita, "L'alfabeto dell'amore", edito un paio d'anni fa. Una sorta di vasto corollario sui temi dell'amore e della passione, passando dai greci ai contemporanei. Spero possa piacere. Ma soprattutto, spero di rileggere un suo intervento magari dopo avermi letto e dopo aver finito il libro di Sandra Petrignani. Un caro abbraccio...

maria rita pennisi ha detto...

Caro Luigi, come stai?
Sentiamoci.
Un affettuoso saluto a tutti gli amici del faro.
Maria Rita Pennisi

Luigi La Rosa ha detto...

Maria Rita cara, sto bene grazie. Certo, aspetto di sentirti. Un bacione...

Maria Rita Pennisi ha detto...

Cari amici di Verso il faro,
vi auguro un sereno natale fatto di amore, calore e tante luci e un felice anno nuovo, che porti pace e comprensione tra tutti. Saluto, anche a nome di Orazio, con particolare affetto Luigi, Lia e Luciano, Piera e Antonio, Francesco, Tea, Angelo e Luciana, Cecilia, Claudio e Claudia e tutti quelli che seguono la luce del nostro faro.

Maria Rita Pennisi

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