domenica 21 febbraio 2010

A proposito dei classici... Il diavolo in corpo, romanzo di una passione amorosa devastante e indimenticabile

"Saranno in molti a biasimarmi. Che posso farci? E' colpa mia se pochi mesi prima della dichiarazione di guerra avevo soltanto dodici anni? Forse le emozioni scatenate da quell'evento straordinario appartengono a un genere che l'infanzia non sperimenta mai. Ma, poiché è difficile invecchiarsi in maniera efficace, in barba alle apparenze, proprio in quell'età acerba mi capitò d'impegnarmi in un'avventura che metterebbe in imbarazzo persino un adulto."
Pochi attacchi possiedono la forza dirompente e caustica con cui si apre Il diavolo in corpo del poco più che diciottenne Raymond Radiguet. Pochi sipari aprono su una prospettiva di sì promettente intensità. Lo scrittore dichiara sin dalle prime battute un'età che diviene il fulcro stesso della narrazione, e preannuncia un argomento esistenziale che c'incatenerà letteralmente alla pagina. E' da subito fuoco: da subito la scrittura si fa solenne e devastante, prima ancora che il filo del racconto prenda a dipanare la sua pulsante materia: "Abitavamo a F..., sulle rive della Marna. I miei genitori erano assai contrari alle compagnie promiscue. Di conseguenza, la sensualità, nata con noi e subito attiva, anche se in modo cieco, invece di perderci, trasse guadagno dall'isolamento."
Lo scrittore parte dall'origine assoluta della storia e dell'emotività, la condizione di isolamento e solitudine dalla quale la vicenda sembra trarre corpo. In tale dimensione - creativa e infelice per eccellenza - è fin troppo facile cedere al fascino dell'incanto e alla magia seduttiva del sesso. La scoperta ha un viso, un sorriso, e si manifesta come un'apparizione sul predellino di un treno, sulla scorta di tante eroine di tolstojana memoria.
"Quell'imprudente mi affascinò. La semplicità estrema del suo abito e del suo cappello confermavano la scarsa considerazione che nutriva verso il parere degli estranei. Teneva per mano un ragazzino dell'età apparente di undici anni. E quel fanciullo, pallido, dai capelli d'albino e dai gesti che tradivano la malattia, era suo fratello."
Marthe è già una donna, e il suo uomo è al fronte, come tanti suoi coetanei. Jacques non tornerà tanto presto, e la moglie può pertanto aprire il suo cuore all'irruenza del giovanissimo nuovo amico. Ne nascerà una passione carnale, sbalorditiva, devastante, che condurrà il protagonista del libro all'esplorazione contraddittoria e favolosa degli impervi confini della sessualità adolescente. Non ci sono parole adatte all'amore che germoglia dalle carni, e dalle pagine del romanzo l'ammissione è toccante: "Quelle parole d'amore erano di una puerilità sublime. In barba a tutte le mie future passioni, mai più avrei provato l'adorabile emozione di vedere una ragazza diciannovenne mentre piange perché si ritiene troppo vecchia". Come la scoperta del corpo e delle sue dinamiche oscure: "Il sapore del primo bacio mi aveva deluso come il frutto assaggiato per la prima volta. Non nella novità ma nell'abitudine scopriamo i piaceri più intensi. Qualche minuto dopo, non solo mi ero abituato alla bocca di Marthe, ma addirittura non potevo più farne a meno".
La relazione procede, cresce, divampa, di pari passo a una guerra assurda, che miete vite innocenti ma che consente a Marthe e al suo amante di coltivare e nascondere il loro rapporto. Luci e ombre li circondano, ritagliandoli dentro un alone di perfetto splendore e vivido realismo: l'attrazione scolpisce i giorni, motiva gli appuntamenti, tesse la filigrana delirante delle notti, nella malinconia vagamente silvana e autobiografica del fiume e della sua lenta musica. La scrittura chiosa, come un contrappunto, l'evoluzione interiore della coppia, la sua drammatica presa di coscienza, e la corsa verso il vertiginoso finale. Il romanzo, che a suo tempo fece scandalo, ebbe poi una clamorosa fortuna, diventando anche un film portato sullo schermo da Claude Autant-Lara, con Gérard Philipe (1947).


Raymond Radiguet, il caso
di un talento letterario precoce
che ha lasciato il segno

Primo di sette figli, nasce il 18 giugno 1903, a Saint-Maur, sulle rive della Marna, presso Parigi, dal disegnatore satirico Maurice Radiguet. Frequenta con successo il liceo Charlemagne, ma la guerra del 1914-1918 interrompe bruscamente le lezioni, costringendolo a continuare gli studi per conto proprio. Passeggiate, gite in barca, sogni e letture interminabili nella biblioteca paterna segnano quei primi anni: è l'apprendistato che farà del giovane Raymond uno scrittore.

I moralisti del XVII secolo, Madame de La Fayette, Stendhal, Rimbaud e Proust sono i suoi modelli in questi frenetici periodi di ricerca letteraria. Stagione segnata dall'incontro con Louise - una donna più grande di lui, che lo aiuterà a scoprire la propria individualità, e che molto probabilmente farà da modello alla futura figura narrativa di Marthe. E' con lei e coi suoi amati libri che lo scrittore trascorre i freddi pomeriggi francesi d'inizio secolo, mentre la guerra romba in cielo come una sciagura e si fanno sempre più frequenti gli scontri e le incomprensioni con la famiglia.

Presto Raymond confessa al padre la volontà di trasferirsi a Parigi, per assecondare la vocazione di diventare giornalista. La capitale significa gli artisti, le avanguardie, la pittura, i salotti che raccolgono gli intellettuali della rivista L'intransigeant di André Salmon, della quale diverrà apprezzato collaboratore. Intanto prende parte abbastanza assiduamente pure alle pagine di Sic. Ma l'evento che lo segnerà maggiormente è la conoscenza di Jean Cocteau, figura fondamentale per la sua formazione d'artista e per la sua maturazione di uomo.

Dapprima è semplice ammirazione, poi amicizia e condivisione intima. Cocteau rappresenta agli occhi del giovanissimo scrittore la fama, la letteratura, l'affermazione e in qualche misura la ribellione ai rigidi codici borghesi di provenienza. Cocteau lo affascina, lo seduce segretamente: per Raymond niente conta ormai più di scalare le vette del suo cuore, nel gelo del lungo inverno parigino. Ma il rapporto è controverso, a volte conflittuale, e il giovane tradisce l'amico con una fanciulla riemersa dalle nebbie tormentose di un precedente amore: Beatrice Hastings, una amante di Amedeo Modigliani, con cui fugge qualche tempo a Brancusi.

Altre coppie di celebri amanti tornano alla memoria, e il legame di Raymond e Jean Cocteau non è meno intenso e passionale di quelli di Rimbaud e Verlaine, di Proust e Alfred Agostinelli, Wilde e lord Bosie. E' la vita che il piccolo sognatore di provincia aveva sempre voluto, desiderato, nascostamente inseguito. Ma un malessere sottile s'insinua nelle giornate, accresciuto dai rapporti sempre più difficili che Radiguet intrattiene con la famiglia lontana. Parigi lo salva dal tedio disperante delle attese, e alle notti in compagnia di Picasso e di Tristan Tzara fanno seguito le discussioni accese sulla letteratura, sulla guerra, su un futuro che si profila profondamente cupo ma che non scoraggia davvero nessuno di questi grandi artisti. L'arte è anche un atto di fede nell'esistenza, un rituale di forza e di sopravvivenza.

Cocteau intuisce ben presto il talento di Raymond, lo spinge a lavorare duramente, lo incoraggia nelle cadute e nei fallimenti, e ne favorisce fortemente la pubblicazione. E' in questa atmosfera di creatività e di dolore che vede la luce l'unica raccolta poetica che l'autore de Il diavolo in corpo consegnerà all'ancora esile stuolo dei suoi lettori. Il titolo è certamente rappresentativo: Les Joues en feu. L'uscita richiama l'attenzione delle lettere francesi sul poeta in erba, che intanto sta già lavorando al suo capolavoro, Le diable au corps.

Il romanzo, dettato da cifre chiaramente autobiografiche, vedrà la luce nel 1921, esattamente l'anno dopo, seminando lo scandalo nella vita dell'autore e innescando una polemica che cambierà nell'intimo la coscienza della letteratura novecentesca. Il libro appare per i tipi dell'editore Grasset, ed è lanciato con un battage pubblicitario nuovo e strabiliante. Il successo è enorme, ma la critica non allineata: la giovane età, il rapporto con Cocteau, la vita dissoluta e qualche volta simile a una posa: sono tanti i fattori che influenzano negativamente il giudizio di buona parte dei letterati parigini, tra i quali Gide e Aragon, contrari all'ammirazione incondizionata del nuovo prodigio.

Sul finire del 1922 una nuova importante figura entra nella vita dello scrittore, quella di Bronya Perlmutter (che successivamente andrà sposa a René Clair). I due vivono tra le sale sontuose dell'Hotel Foyot: l'irruenza ancora infantile di Raymond e la sua impazienza vengono stemperate dal calore della rinnovata condizione esistenziale. Ora che è un autore di successo molte delle contraddizioni passate sembrano improvvisamente spegnersi, nel tentativo di dare la svolta definitiva a una vita piena di idee e di progetti. La scrittura è ancora al centro delle sue giornate, e prima che il sole di giugno torni a scaldare i viali della città, Radiguet consegna alle stampe un secondo romanzo: Le bal du Comte D'Orgel.

Fa in tempo a rivederne le bozze che viene colpito da un violento attacco di febbre tifoidea. Le sue condizioni peggiornano rapidamente. Ricoverato nella clinica di Rue Piccinni, Raymond Radiguet si spegne a soli vent'anni d'età. Dietro di lui, la cometa di una fama longeva, duratura, che lo fa appartenere al regno degli angeli, delle ombre e delle Muse. La stessa luce che riverberano le sue pagine indimenticabili e crepitanti.

Luigi La Rosa


(L'edizione dalla quale sono tratte le citazioni è quella Feltrinelli, curata da Marica Larocchi.

In ordine di apparizione dall'alto in basso, le immagini sono invece proprietà dei seguenti siti:

http://www.thefileroom.org/images/image26.gif,

http://www.lafeltrinelli.it/static/images-1/m/623/2894623.jpg,

http://www.huma3.com/repository/reviews/MODIGLIANI-Mujer%20sentada%20con%20vestido%20azul.jpg,

http://arstuavitamea.files.wordpress.com/2006/12/radiguet-diable.jpg)





13 commenti:

Anonimo ha detto...

Che personaggio affascinante,grazie Luigi per avermelo fatto conoscere!
il post è splendido!

Alessio

Luigi La Rosa ha detto...

Grazie, caro Alessio. Sì, Radiguet è uno di quei personaggi e di quegli scrittori che non si dimenticano. E' come una sorta di cometa, che brilla per spegnersi prestissimo. Conoscere la sua storia aggiunge emozione al romanzo, di per sé bellissimo. Grazie del contributo, buona lettura...

alessandro savona ha detto...

Complimenti per la profondità e immediatezza delle tue parole, carissimo Luigi. Il diavolo in corpo è un libro indimenticabile e amaro, uno di quei rari casi letterari in cui il magistrale artificio dell'autore si offre al lettore con una semplicità meravigliosa e intensa.

Luigi La Rosa ha detto...

Caro Alessandro, condivido pienamente le tue parole. L'amarezza pervade le pagine, come una sorta di sottofondo percettibile e tenue, ma presente. E' un romanzo fantastico, e la semplicità di cui parli tu - che sappiamo quanto in arte è faticosa e necessaria - fu quello che fece fraintendere il libro. Un grande libro. Sono felice di aver aperto questa mia rubrica parlando di quest'opera. Grazie anche per i complimenti personali. Io ho solo il merito di indicare un percorso. Il resto lo facciamo tutti insieme. Un caro saluto, e buona scrittura pure a te, caro Alessandro...

Anonimo ha detto...

Luigino mio,
quanta bellezza in questa vita breve, apparsa forse solo per lasciare un libro. E quanta anticipazione nella scrittura, in quel mordere attimi e corpi come se nella brace dei sensi si dimenasse anche una fine, una scadenza intuita e forse solo rimandata dalle pagine.
Luigino mio, questo tuo faro splende già come le tue lezioni di scrittura. Spande una scia che guida, un segnale che vampeggia nel buio.
In bocca al lupo, Luigino mio, seguirò questo tuo diario di bordo come il più affezionato dei marinai.
Un bacio al mio capitano
la tua Simo

Anonimo ha detto...

Caro Luigi, che il faro ci guidi tutti verso i traguardi personali e professionali che più ci sono cari.
Un augurio grandissimo per questo blog. Dire che lo freqeunterò è dire poco: sarà casa mia, se mi ospiterai.
Come ti dicevo su facebook,Il diavolo in corpo, è un libro che ho letto in giovane età, credo che avessi poco meno dell'età di Marthe.
Un libro che ho amato e che mi ha segnato. Un altro di quei libri che prendono spunto da avvenimenti esteriori per concetrarsi sulla psicologia dei personaggi e sull'analisi di sentimenti ed emozioni. E i francesi in questo sono maestri.
Un libro da un lato cinico, ma per molti versi tenero. Irriverente anche nei confronti di temi sacri come la guerra.
Grazie di avermelo riportato alla memoria.
Un saluto per Alessio, Alessandro e Simona (tre persone dolcissime)che, a quanto vedo, sono già intervenute.
E un abbraccio affettuoso a te, mio caro Luigi
Mavie

mavie parisi ha detto...

Mi dispiace di essere intervenuta come anonima, credo adesso di avere capito come si fa :-)

Luigi La Rosa ha detto...

Cara Simona, che meravigliose le tue parole. Grazie, caro marinaio di bordo, benvenuta. Ci saranno tempeste e lunghi tramonti, ma non mancheranno mai la forza e il coraggio di affacciarci alla pagina. Il faro è al suo esordio, ma ha già tanti amici cari che lo stanno accompagnando nel suo timoroso ingresso nel mondo e nella vita. Radiguet è uno di quegli esempi alti, accecanti per la bellezza e per il fuoco della loro parabola, folgoranti come stelle, come astri luminosi. Ho lasciato che mi guidasse la sua magia, che mi catturasse il suo mistero. E con le mie povere parole ho dato forza a un'intuizione letteraria. Grazie, carissima Simo, delle cose stupende che scrivi. Nel tuo commento sento tutto il calore della sua splendida persona, e sono certo che contribuiremo tutti quanti a dar vita a questo spazio, facendolo volare. O meglio: navigare. E' un altro piccolo spazio che rimane aperto ai sogni e alle accensioni. Uno spazio che li rende ancora liberi. Spero di leggerti spesso. Un bacio grande...

Luigi La Rosa ha detto...

Cara Mavie, mi commuovi. Benvenuta nel blog, sarà sicuramente casa tua, e sarai ospite ogni volta che lo vorrai. Sono felice di aver riportato alla tua memoria un percorso letterario amato: era proprio questo lo scopo del blog, suggerire delle traiettorie dello sguardo, riaccendere nella memoria del lettore odierno suggestioni lontane, ricordi depositati sul fondo dell'esperienza. Siamo sempre più vittime di un contemporaneo non sempre attento alle verità e alle profondità della scrittura - come difenderci dall'invadenza del nulla? Riscoprendo opere grandi, opere indimenticabili, che rammentano giorni vissuti ed emozioni provate. Libri che ci hanno fatto capire il senso del vivere. Che ci hanno fatto comprendere meglio noi stessi. Libri belli, unici, a volte perduti. Che tuttavia vogliamo recuperare, risistemare nella biblioteca delle nostre preferenze letterarie e creative. Grazie ancora, cara Mavie, mi piace il fatto di ritrovarvi anche tra voi amici e scrittori. Auguro al tuo romanzo grandissimo successo: ce ne occuperemo certamente, come ci occuperemo anche del libro di Simona e dei nostri amici narratori. Grazie del contributo e grazie per tutto. Ti abbraccio, e aspetto di leggerti ancora...

Anonimo ha detto...

Per adesso solo un caro saluto e un grande in bocca al lupo, caro Luigi. Verrò a trovarti spesso per condividere con te e gli altri amici questo bellissimo spazio dedicato alla cultura.
Un abbraccio.
Salvo Zappulla

Luigi La Rosa ha detto...

Caro Salvo, grazie di esserci. Benvenuto. Questo spazio ti accoglie a braccia aperte, grazie dei complimenti, sarà un piacere condividere tutti insieme le riflessioni che la letteratura ci offrirà e gli spunti che ci faranno crescere. A presto, un caro saluto a te

orazio caruso ha detto...

Caro Luigi
inizi il tuo blog con il "libro" giusto. Il diavolo in corpo è stato il mio libro di culto della mia giovinezza. C'era un eroico erotismo. Per anni le protagoniste dei miei racconti si sono chiamate Marta.
L'ho presato ad ogni nuovo/a amico/a fin quando il romanzo non è più tornato. Ora eccolo di nuovo qui.
Un abbraccio
Orazio Caruso

Luigi La Rosa ha detto...

Caro Orazio, che bello sentire che questo luogo virtuale (la mia piccola risonante casa sul mondo) è diventato anche una sorta di biblioteca del recupero, del ritorno, del passato dei sentimenti. E' questa la funzione delle rubriche sui classici: questo tornare indietro, questo miracoloso affondare, restituendo emozioni e sentimenti ormai lontani ma non cancellabili - dalla mente, dalla memoria, dal cuore. "Il diavolo in corpo" è uno di quei libri che entrano dentro, come una scaglia infuocata. Che segnano la carne. Che fanno sanguinare il lettore. Quel sangue che si muterà in cicatrice è fondamentale per la nostra crescita. Ce lo porteremo dentro per sempre. Come l'affetto che ci lega agli amici e ai compagni di letture - chissà dove sarà finita quella tua copia? E che ne sarà stato dell'amico/a tra le cui mani l'hai vista sparire e navigare? L'opera ha compiuto il suo viaggio e la sua metamorfosi. Anche senza ritorno al mittente. E' altro da te e al tempo stesso ti apparterrà come qualcosa di magico. Sarebbe bello se, miracolosamente, la persona in questione ti venisse a cercare proprio qui. In ricordo del tempo andato. In ricordo di quei giorni e di quelle pagine. Aspetto di leggerti spesso, caro Orazio, perché conosco la tua competenza e il tuo talento, e ogni tuo scritto renderà migliore questo spazio e la riflessione generale sui libri amati. Un abbraccio caro...

Posta un commento