mercoledì 13 luglio 2011

Quel fuoco sfavillante sotto la polvere...

Attraverso l'alchimia
delle passioni e
delle contraddizioni,
la ricerca di una donna sola, coraggiosa,
costretta a ripensare
al futuro e a rimettere
completamente in gioco
la sua vita e il ricordo
del proprio uomo...

Tenera, confusa, vera e irriverente,
la protagonista di "Scusate la polvere", il nuovo romanzo di Elvira Seminara, è una donna che si racconta con la struggente necessità di chi ha bisogno di capire. Una commedia nera e brillante, acuta e piena di humor, cattiva e sublime insieme, che conquista il lettore dalla prima pagina all'ultima, divertendolo, e lasciandogli in bocca
una commozione che ha l'impalpabile retrogusto della sorpresa
...

Ogni volta che mi trovo davanti a buona parte della letteratura siciliana vengo colpito da una duplice dolente impressione: quella calda e rassicurante di starci "dentro", e l'impressione ribelle, meticcia, trasgressivamente personale di volermene restar "fuori", appartato, discosto per collocazione anagrafica quanto per sensibilità e dimensioni dello sguardo. Di farne parte, insomma, e di trovarmi oltre. Altrove. In un territorio alieno, assai più vasto e consonante alle mie corde segrete e ai miei spasmi di fuggitivo.

Sono pochi gli scrittori - Sciascia e Bufalino, per citarne alcuni (pochissimi i contemporanei) - che davvero, completamente, mi fanno percepire la coesistenza incantata di quei mondi altri, che il narratore puro deve avere la forza di sentire, di contemplare, ai quali guarda e dei quali si fa cantore, senza per questo tradire l'animo mediterraneo e quel sentire isolano che da sempre caratterizza la complessità delle nostre radici sociali e cu
lturali.

Mi scopro distratto da orizzonti più densi e più complessi, che guardano a storie lontane, veri e propri edifici affabulatori a noi sconosciuti per tempo e
spazio, che mi rendono figlio di lingue e linguaggi non miei. La letteratura francese, ad esempio, quella tedesca, l'americana, l'anglosassone: tutti ambiti e giardini felici, che hanno forgiato e rafforzato la mia passione per la parola, nei quali ripescare ricordi e déjà vu.

Ma pure tra gli scrittori siciliani ci sono tuttavia fertili eccezioni. Scrittori che guardano al di là di regionalismi e di futili confini, che hanno un'attenzione profonda alla realtà, aderente alle cose, partecipe dello spirito del mondo. Uno di questi è Elvira Seminara, che già col precedente romanzo, L'indecenza, era riuscita a fondere magnificamente le atmosfere torbide e gotiche della dimensione siciliana alle sfere del dissidio interiore, della crepa psichica, della ferita esistenziale, regalandoci un affresco famigliare di notevole complessità e spessore. Dimensione che tornava pure nelle storie de I racconti del parrucchiere, sorta di moderno canzoniere dell'attimo, racconti del malessere e della ricerca (o della perdita di sé) all'interno della dimensione metropolitana - contemporaneità filtrata alla luce del mistero e della comprensione letteraria.

In questi giorni, l'autrice torna in libreria col nuovo bellissimo Scusate la polvere (Nottetempo), che co
nsiglio a tutti per l'ampiezza della visione, la ricchezza di spunti e prospettive, e la brillantezza del racconto, che si snoda dal principio alla fine con una freschezza e un'ispirazione di tratto davvero invidiabili. Un libro che guarda ai grandi modelli anglosassoni, che slaccia l'avventura narrativa da qualunque presupposto di localismo e provincialismo, per indagare un dramma tutto umano che si carica a ogni rigo di diverse componenti emozionali: rancore, paura, sofferenza, rimpianto, stupore, tenerezza. Sfumature che Elvira Seminara racconta col piglio di un'attenta osservatrice - una scrupolosa ritrattista del vero.

Voglio proprio partire da dove tutto ha inizio: dal pomeriggio di luglio in cui mi ritrovo questo libro tra le mani e incomincio a sfogliarlo, in una delle sempre più lunghe e frequenti passeggiate romane pomeridiane. Uscire nel crepuscolo con in mano un libro da leggere - poche altre città offrono un piacere tanto intenso. Sarà la dimensione dolce della luce, e la morbidezza del cielo dietro i tetti della capitale. Sarà l'ansia di divorare storie, sempre sul punto di strapparti al caos del giorno e precipitarti tra le nebulose dell'inganno letterario. Fatto sta che la storia di Scusate la polvere mi rapisce letteralmente, con quella tenacia di seduzione che hanno i libri autentici, quando diventano padroni del tuo tempo, dei tuoi impegni, della tua volontà. Della tua vita.

Elvira Seminara è uno dei pochi autori che conciliano i miei gusti letterari "esteri" con la buona scrittu
ra siciliana - per la modernità delle invenzioni, per l'originalità delle intuizioni, per la forza di uno stile sempre innovativo e mai uguale a se stesso. O forse, soprattutto, per la verità delle storie che il teatro della parola mette in scena. E il teatro della vita - perché teatrali sono le situazioni, le contraddizioni, gli strazi degli amabili personaggi del libro. Teatro è il titolo - irriverente, provocatorio, geniale e giocoso quanto l'epigrafe che Dorothy Parker - la celebre scrittrice e giornalista americana, che dissipò la sua esistenza tra le luci della ribalta culturale e gli abissi del proprio tormento individuale - volle sui marmi della propria tomba. Teatro sono gli inganni dei quali è vittima Coscienza - dalla più esilarante declinazione del nome che il circolo delle amiche fervidamente le attribuisce -, e un assoluto coup de théatre è il toccante finale che chiude il cerchio della vicenda, e con esso delle attese del lettore.

Dalla Parigi raffinata di rue de Rivoli - città eterea e spumeggiante, talmente bella da sembrare avvolta in una perenne nebbia di tulle - alla Sicilia dell'imprevisto e della tragedia. Una telefonata, un annuncio di morte, la perdita del marito e un lutto dolorosissimo da elaborare. Perché questo misterioso marito - narrato in absentia, e quasi ombra di teatrale suggestione pure lui - non era affatto solo. In macchina, a precipitare nel fosso al suo fianco, ecco la presenza improvvisa di una donna. Un'altra. La rivale. Coscienza deve accettare l'intollerabile scoperta del tradimento, cercando di tirarsi fuori dalla disperazione e abbozzando una prima mappa di sopravvivenza.

Da qualche tempo Coscienza vive scrivendo tesi per studenti fuori corso, come l'avvenente Jacopo, con la sua aria low-cost, strapazzata e vaga. Si circonda di amiche stravaganti, disposte a dividere con lei gli amari morsi della vita. Mia, esperta di catering creativo, e vera e propria artista del gusto. E Alice, ex interior designer e sorta di alter ego della protagonista, tutte quante impegnate nel faticoso traghettamento verso l'emancipazione e il superamento delle proprie solitudini. La trama tesse insieme le giornate di questi credibilissimi personaggi, conferendo alla struttura della storia i toni di una partitura musicale: i bassi del dolore vengono armonizzati dai fiati della speranza e della rivincita, e quando i violini dell'amore mancato e della nostalgia sembrano stridere impazziti, c'è sempre un a solo che consente di voltare pagina, di ricominciare l'avventura laddove la morte pareva averla violentemente cassata.

Briosa, mozartiana, acuta e a tratti commovente, la trama del romanzo di Elvira Seminara ci restituisce una vera e propria commedia degli equivoci, in grado di cucire gli opposti in un unico disegno raffinato e spiritoso, umoristico, intelligentissimo e pieno di invenzioni. Le più interessanti sono proprio quelle del linguaggio: azzerato, reinventato, forgiato su un continuo senso ludico della sfida e della sorpresa, uno strumento flessibile, che si piega alle esigenze del racconto con profonda umiltà, brillando laddove le trovate vengono fuori come insospettabili accensioni, epifanie del sorriso, tocchi salutari all'opacità del vivere e del pensare.

Partiamo dal titolo: scegliere Dorothy Parker è già indice di una precisa poetica di trasgressione e originalità. Com'è giunta a tale scelta?
Scusate la polvere è l'epigrafe che Dorothy Parker ha voluto sulla sua tomba, l'ultimo scherzo sulle sue ceneri. Volevo una storia così, che facesse strage dei luoghi comuni, della retorica libresca e sentimentale che ci sommerge.

L'irresistibile storia di Coscienza nasce bizzarramente da un lutto. Ma attraverso l'invenzione continua della scrittura e l'uso delle metafore che arricchiscono e rendono vivo il tono del racconto, lei riesce a fare della sua vicenda qualcosa di più stratificato e più complesso. Scusando il bisticcio di parole - la storia di una presa di coscienza, di un riposizionamento nel mondo, di un nuovo sguardo sulla realtà dei sentimenti e del vissuto. Qual era l'idea di fondo che l'accompagnava mentre scriveva?
La parola "coscienza" è fra le più pronunciate in Italia. Facciamo continui appelli alla coscienza, cerchiamo di risollevarla o risvegliarla tra coscienza sporca e coscienza pulita, coscienza etica o civile! Mi piaceva l'idea di battezzare con questo nome impossibile una donna ironica e stravagante, cinica per innocenza, magica per necessità. E poi è bello seguire le sorti del suo nome, c'è chi la chiama Cosce, chi Scienza, chi Enzima, chi Zen o molto più prosaicamente Enza. In fondo, da Cosce a Zen c'è tutto l'arco di possibilità di una stessa donna, no? Beh, sì, in coscienza mi sono divertita molto a raccontarla. Nello spirito ebbro e irriverente di Dorothy Parker, of course.

Nel romanzo si avverte una certa urgenza delle passioni, che diventa anche l'urgenza della protagonista di far luce sul rapporto col fantasma del marito. Il ritmo è fluido, ininterrotto, musicale. Quali sono stati, pertanto, i tempi della redazione dell'opera?
L'ho scritta in un flusso di Coscienza, appunto. Un mese. I fantasmi, inclusi quelli letterari - ormai evocati non mi lasciavano tregua. Non ho mai riso tanto quanto durante la scrittura. In fondo, è una storia di spirito ma anche di spiriti. E forse per questo coliticamente scorretta.

La grande freschezza del romanzo sta anche nella capacità di raccontare un dolore attraverso l'eleganza, il brio, la luce calda di un sorriso. Questo "mix" felice e vincente è a mio parere il grande segreto dello stile di Scusate la polvere. Quanto è stato difficile - se lo è stato - raggingere tale particolare equilibrio espressivo?
La difficoltà tecnica era nel dosaggio, nella partitura delle note più diverse. Volevo una storia malincomica - scritto così: con la "m". Insieme struggente e umoristica. In punta di penna, senza forzare ma senza ghirigori. Come danzare sull'orlo guardando il cielo e insieme il fosso.

Sia nel precedente romanzo, L'indecenza, che in questo, il tema della crisi sentimentale e matrimoniale è al centro dell'obiettivo narrativo. Nell'altro libro la vicenda assumeva toni foschi, da romanzo gotico, per certi versi. Qui, invece, il tono è quello di una raffinata commedia, in grado di divertire e di commuovere il lettore. Due soluzioni diverse, che presuppongono la capacità da parte di chi scrive di assumere posizioni e intonazioni differenti. Quanto crede che per uno scrittore sia importante variare sguardi e punti di vista sulla propria materia narrativa?
Per crescere, nello stile come nella vita, devi contraddirti, dubitare, persino perderti. Quanto ai temi, penso che il sistema modulare della coppia si presti perfettamente a ospitare una scrittura della crisi. Non solo dal punto di vista tematico, ma anche tecnico, perché ogni crisi di coppia è un congegno narrativo perfetto: c'è dentro infatti il gioco delle identità, l'indagine, il conflitto, la nostalgia, l'ambivalenza, l'odio. Insomma, tutta la materia della vita. Una bolla esistenziale che esplode.

C'è qualcosa in cui Coscienza le somiglia? E qualcosa, di contro, per la quale è completamente diversa da lei?
Io penso che c'è un barlume di Coscienza in ogni donna. L'idea delle tesi bislacche in effetti è un pò autobiografica. Che avete capito, mica nel senso che anch'io come Enza le facevo in nero! Ma quando insegnavo a contratto nella facoltà di Lettere e assegna
vo le tesi, mi piaceva trovare tagli nuovi, non sempre bene accolti. E anch'io come lei ho il dolico-colon. Tutto qui. Giusto a fugare ogni dubbio, ho da qualche parte un diploma di laurea, non odio i bambini (ho due figlie meravigliose). E ho una distinta coscienza ecologica!

La protagonista del romanzo è una donna amabile, in grado di inventarsi continuamente, di mettersi in discussione, di affrontare il dolore senza retorica e atti eclatanti, ma mordendo i giorni, così come vengono, andando loro inc
ontro e cercando di fronteggiarli con destrezza e ironia. Qual è il suo personale rapporto di scrittrice e di donna con questo sentimento?
Visto che l'ironia, come la polvere, si può infilare dappertutto, cerco di praticarla più
possibile. E poi dovremmo smetterla di combatterla (la polvere) come un nemico. La polvere è amabile perché copre ugualmente ogni cosa, povera e ricca, e annulla le differenze, insomma è anche democratica e trasversale.

I suoi libri nascono da progetti preparatori accurati, lungamente premeditati, oppure sono frutto di quella che i più chiamano la cosiddetta "ispirazione"?

Progetti sì, ma non troppo precisi, e comunque facili da rinnegare.

Lei ama definirsi una "canta-scorie". Potrebbe chiarire maggiormente questo concetto?
Mi piace l'idea di recuperare gli scarti abbandonati fra le cose e i pensieri, certe parole in disuso perché fuori moda, certi sguardi spaiati che nessuno raccoglie, frammenti di idee, cocci. Riconvertire e ricliclare è il mio sistema di vita. Fabbrico anche gioielli e borse con cose rotte e perdute.

Toccante, il finale del romanzo, e il colpo di scena che in esso viene messo in asso. Quali sono state le reazioni dei lettori? Quante sono le donne che si sono ritrovate nei sentimenti, nei drammi, nelle difficoltà interiori di Coscienza?
Tantissime, ed è la sorpresa più magica di quest'avventura pericolosa e trasgressiva. Ricevo lettere di donne che mi dicono grazie per questi sorrisi ritrovati e contagiosi.

Ciò che mi colpisce nella sua scrittura è questa capacità di evocare luoghi e situazioni che vanno ben al di là della tradizionale letteratura siciliana. Il suo stile mi fa pensare piuttosto alla letteratura inglese, anglosassone, europea in genere. Ci sono maestri e punti di riferimento importanti nella sua formazione di scrittrice?

Beh sì, io amo Fay Weldon, Jonathan Coe, Iris Murdoch, Margaret Atwood, Alan Bennett.

Quanto influisce il suo mestiere di giornalista sullo sguardo letterario? Vivere in stretto rapporto con la cronaca l'ha resa una narratrice differente?
Sicuramente, prima ancora della sintesi e dell'efficacia, la cronaca ti insegna a osservare il mondo.

Un tema centrale nel romanzo è quello dell'amicizia tra donne. Non crede che la letteratura abbia ancora, per dirla con Virginia Woolf, l'inderogabile dovere di raccontare questa meravigliosa sfera dell'essere?
Certo, questo non è affatto un romanzo su un lutto, ma sull'amicizia femminile, la sorellanza.

In cosa si sente "siciliana" e in cosa, invece, lontana dalle dimensioni della nostra cultura?
Penso di avere già risposto dichiarando le mie passioni. Sono una siciliana transfuga, meticcia, migrante.

Un consiglio per un giovane o una giovane che sognano di raccontare storie?
Smettere di sognare e osservare gli altri, ascoltare il mondo.

Luigi La Rosa



In ordine di apparizione le fotografie utilizzate in questa pagina sono di:

1) Francesco Ruggeri.

2) Valerio D'Urso.


3-4) Marta Di Grado.


Si ringraziano gli autori per la gentile concessione...